« Louis Tomlinson, che nome di merda », sbruffò Harry, indietreggiando fino ad accomodarsi nuovamente sulla brandina.
Malgrado sapesse quanto la storia dell'esecuzione avrebbe potuto recargli pressione col passare del tempo, i suoi pensieri tornarono ancora una volta sulle sospette spie che l'avevano spinto nel carcere di massima sicurezza.
Probabilmente, non era stato altro che approfondito il suo caso e localizzato tramite droni o pattuglie in incognita, ma le domande che si porgeva parevano non aver un fine. Seppure avesse voluto tentare di sdraiarsi e riposare gli occhi, quei dubbi l'avrebbero tenuto sveglio.
Non si preoccupò neanche del fatto che fosse in isolamento, o che avrebbe a breve mangiato poltiglia o ancora, che sarebbe stato costretto a conoscere gli altri criminali; non che quest'ultimo dettaglio potesse granché spaventarlo.Al di fuori della sua carriera, Harry si considerava abbastanza socievole. La sua introduzione nel mondo del crimine l'aveva cambiato radicalmente in fattore fisico, ma giammai in quello caratteriale. Si sentiva forse estraniato dal mondo con i ragionamenti poco umani che faceva, ritrovandosi addirittura a pensare ad uno sterminio quasi totale — questi ultimi, però, si placavano in fretta. Da quando aveva ammazzato il governatore la sua sete di vendetta venne quasi colmata ed il sangue che gli ribolliva nelle vene, si scongelava.
Quasi sorrideva quando ripensava a quel 25 dicembre, il giorno di Natale, nel momento in cui il proiettile centrò appieno il cranio del presidente. Aveva organizzato e premeditato sul suo omicidio, rammaricando tra i ricordi passati: fu questo a spingerlo nel miralo col cecchino. "A tutti noi", furono le uniche parole che disse in quel momento, prima di mettere in atto il piano di fuga.Ma il rumore della cella aprirsi risvegliò Styles dallo stato di trance in cui entrò, che lo fece borbottare qualcosa in sottovoce quando lo sguardo mirò le iridi della guardia.
« Ma posso stare da solo per un momento o devi continuare a venire nella mia cella, Louis? »
La guardia incarnò un sopracciglio verso l'alto, poggiandosi contro lo stipite della porta e rigirandosi le manette sull'indice. Alle parole del criminale quasi sbruffò, con represso stato di superiorità ed un'espressione assai disturbata.
« Sono passate circa due ore dall'ultima volta in cui abbiamo parlato, Harry. È pomeriggio, è ora di uscire fuori » affermò il liscio. Il criminale l'osservò dalla testa ai piedi per la prima volta, constatandone l'altezza e la corporatura, quale senz'altro non passò inosservata.
« Ma quanto sei alto? Come ti hanno fatto ad accettare nei corsi di polizia? » schernì il riccio, ancor comodamente sulla brandina.
« Vuoi uscire o continuare a stressarmi l'anima, Styles? Non pensare che il tuo essere criminale mi spaventi e non mi faccia rispondere alle tue battute del cazzo, che per quello che hai fatto al governatore dovresti essere morto settimane fa » parlò la guardia, ritrovandosi forse pentita della scelta delle parole.
Essere nuovi nell'ambito implicava sì il non avere abbastanza esperienza, ma se c'era una cosa che ricordava a dovere, era come agli insegnamenti gli dissero di tenere costante la guardia alzata e che, tanti criminali, non fossero mai davvero quello che sembravano. L'avere paura l'avrebbe portato ad un punto di non ritorno, probabilmente, ma in cuor suo non voleva affidare Styles in mani altrui.
Voleva sapere di più su quel ragazzo, su quel criminale così temuto dall'intero stato Americano, per poter essere poi definito, dopo l'esecuzione di Harry, la guardia senza terrore.Harry si bilanciò d'improvviso sulle sue gambe, facendo storcere il naso a Louis ed avvicinandosi pericolosamente alla guardia affidatagli, molto più bassa e minuta. Quasi gli rise in faccia, incastrando ambedue le iridi verdi in quelle azzurre. Minacciosi i loro petti si scontrarono e se non fosse stato per l'istinto di rimanere calmo che sovrastò Harry in quell'istante, probabilmente quel giorno avrebbe segnato la morte di Louis.
Gli puntò un dito contro la spalla, forse pressato ed esercitato in una pressione troppo violenta. La guardia rimase quasi perplessa dinanzi a quei gesti così sfacciati, ma comunque non evitò il suo sguardo, tenendolo fermo su quello di Harry: le labbra serrate e la mandibola tesa quando quest'ultimo cominciò ad esprimere differenti locuzioni.
Dapprima l'aveva però allontanato di poco, affinché - a sua scelta - l'atmosfera mutasse in un cerchio più cauto. Il riccio non replicò alle movenze che lo spinsero via, distanziandosi prima che cominciasse a sputare fuori l'odio che reprimeva.« Pensi che avere questa cazzo di divisa di merda addosso possa implicarti di esprimere commenti di merda, Louis? Tu lo sai che cazzo ha fatto il governatore anni addietro? E voi cittadini del cazzo che continuavate a votarlo, privandovi delle libertà e privando gli altri i propri diritti, come se non fosse mai bastata la merda che tentava di inculcarvi in testa. Vi ho fatto solo un favore » il tono spezzato e gli occhi quasi fuori dalle orbite non passarono inosservate, « ... e ora vattene, Louis, non voglio uscire e non voglio mangiare » concluse Harry.
Louis non rispose, acconsentendo ai suoi voleri; non poteva obbligarlo secondo le regole della prigione. Stranito e passo svelto, s'allontanò dalla cella, solo l'attimo dopo averla chiusa a chiave.
Si raggirava per i corridoi penitenziali, mentre nella sua mente riecheggiavano le parole di Harry e dei voleri di loro cittadini."Privando gli altri dei loro diritti", ma gli altri chi? A cosa si riferiva?
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When in the death row.
RomanceHarry Styles, giovane ventiseienne, possiede la più grossa taglia sulla propria testa. Il suo nome risulta tra i più famigerati criminali, mentre la sua fedina penale vacilla tra l'assalto al governatore e lo sterminio d'innocenti. Il suo destino è...