6'L'intruso'

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Era mattina, io, avvolta dalle coperte e da i plaid aggiunti nella mattinata, mi giravo e rigiravo, era arrivata l'ora di svegliarmi.
«Ma cos'ho fatto di male per non meritarmi una benedetta dormita?» mi lamentai, sbuffando e continuando a dubitare di una presunta maledizione su di me.
Mi alzai, sbadigliando, e scalza, percossi il corridoio, ma mi fermai al sentire di un rumore.
Proprio davanti ad una stanza che non avevo mai notato, aveva la porta chiusa, ma io non esitai a spalancarla. -Se ci fosse stato un ladro, lì dentro, sarei già morta-.
Intravedevo dei vestiti che volavano fuori dall'armadio, ma le due ante coprivano la persona.
«CHI C'È LA? SONO ARMATA, ESCA SUBITO!» armata? Avevo una ciabatta soltanto e la chiamavo arma?
Sbucò una testolina biondina, che mi scrutò dalla testa ai piedi, era Christopher.
«Oh, ciao Armata, ti sei svegliata nell'FBI?» alzò le sopracciglia, in segno di finta convinzione.
«Hahaha, divertente, che ci fai qui- ah, giusto...» quasi dimenticavo che adesso sarebbe stata la sua camera.
Lui mi sorrise semplicemente, si alzò e afferrò tutti i vestiti cosparsi per la stanza.
«Bello il tuo pigiama, te l'ha dato l'FBI?» ridacchiò lui, con una stampella in bocca, mentre aveva le mani occupate con altri vestiti.
«Sei divertentissimo, guarda, adesso crepo dal ridere...» mi poggiai sulla soglia della porta, sul lato destro, con le braccia incrociate.
«Dovresti fare colazione...» mi consigliò, mentre posava di nuovo i suoi vestiti nell'armadio.
«Ti aspetto, dobbiamo parlare...»
«Di cosa?»
«Del guaio che hai fatto ieri sera.»
«No, del guaio che abbiamo fatto ieri sera.» mi corresse, puntandomi un dito contro, quanto lo odiavo.
«Se non ti muovi, ti spacco la faccia.» restai con la mia espressione seria, mentre uscivo dalla stanza.

Mi recai in cucina, dove avrei preparato le colazioni.
Mi preparai dei pancake, con sciroppo d'acero proveniente dall'azienda di mio padre e il signore Bang, mentre per Christopher preparai un po'di latte freddo, con i cereali scaduti che mi ritrovavo nel mobile.
«CHRISTOPHER, TI DO 10 SECONDI PER SCENDERE, ALTRIMENTI TI SPACCO LA FACCIA, E LO FACCIO SUL SERIO.» gridai, mentre battevo i piedi atterra, per farmi sentire.
«ASPETTA!»
«DIECI...»
«EHI!»
«NOVE...»
«MI STO INFILANDO I JEANS, ASPETTA.»
«OTTO...»
«EDDAI»
«SETTE...»
«STO METTENDO LA MAGLIA.»
«SEI...»
«LA FELPA.»
«CINQUE...»
«...» c'era silenzio, non urlò cosa stava per mettere.
«HO DETTO CINQUE!» esclamai, mi dovevo preoccupare?
«...»ancora silenzio.
Mi decisi a raggiungerlo di sopra, aprii la porta, trovandomi davanti Christopher con i jeans al posto della maglia, la maglia al posto dei jeans e la felpa legata alla vita.
«MI AIUTI?» implorò lui, parlando sotto lo strato sottile della maglia.
«Non posso, mi spiace...» ridacchiai e me ne andai a mangiare i miei pancakes.

Dopo un tot di minuti, da quella scala, scese Christopher esausto, e...ben vestito.
«Ce l'hai fatta, alla fine.» ridacchiai alla vista di lui che si aggobbava per la stanchezza.
«Tu avresti potuto darmi una mano... Comunque, dov'è la mia colazione?» guardò sul tavolo su cui stavo mangiando, mentre io lo guardavo con la coda degli occhi.
«Fattela se la sai fare.»
«Che bastarda che sei, davvero non me l'hai fatta?»
«È andata a male, Chris, vorrei che avessi una benedetta indigestione, ma se te la dessi, mia madre mi caccerebbe di casa.» feci una finto sorrisino, ricevendo solo occhiatacce da parte sua.
«C'è del latte?» si avvicinò al frigorifero, aprendo lo sportello.
«"Insomma! Questa casa non è un albergo!" direbbe mia madre, se ci fosse adesso, ma dato che non sono Rachel Abbey Johnson non li dirò. Comunque, sì, c'è del latte.» ridacchiai alla prima battuta, mentre Christopher aspettava una risposta veloce.
«Aspetta... Tua madre si chiama Rachel Abbey Johnson?! Credevo che Rachel fosse il suo unico nome!»
«A volte, non conosci i dettagli del dettaglio.»
«Cosa?»
«Non lo so.»
«Quindi tu ti chiami Harper Béa Ginger Jodie Valerie Johnson?» rise, mentre prendeva il latte dal frigo.
«Non c'è niente da ridere, e poi sono l'unica in famiglia che non ha un secondo nome.»
«Quindi tuo padre ha un secondo nome?»
«Mh-mh, si chiama Thomas Pharrell Johnson. Ma non è di questo che dobbiamo parlare.» conclusi io, mentre Christopher si sedeva s tavola con una ciotola di latte piena fino all'orlo.
«Sai che non era mia intenzione.» disse osservando la sua ciotola. Lo guardai infastidita, e in seguito spinsi la sua testa verso il basso in modo di farla finire nel latte.
La alzò subito e cercò di respirare.
«Ma sei matta?!» sbraitò, mentre asciugava il suo volto.
«Sai che non era mia intenzione.» lo copiai, fiera di me stessa.

𝐑𝐞𝐬𝐩𝐞𝐜𝐭//◟𝙱𝚊𝚗𝚐 𝙲𝚑𝚊𝚗◝Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora