Sorrido, sfilando ripetutamente un angolo della cover del mio telefono: meccanicamente, quasi senza accorgermene. Nel mentre fisso imperterrita un punto facile da tenere sott'occhio, non volendo fare scontrare le nostre pupille.
Le tue iridi sono di quel chiaro che t'inganna, che sono verdi ma lo nascondono mostrandosi scure, addirittura nere se le osservi da lontano.
Io godo della mia posizione almeno su questo, potendo dire di esserti stata abbastanza vicina da conoscere la vera natura del tuo intricato scrutarmi, confermando con sicurezza il tuo verde chiaro spruzzato a macchie sul poco castano presente nello sfondo di esso.
Nonostante tutte queste informazioni in realtà infime, non mi giro verso te. Quante potrebbero ripetere il concetto espresso da me qui sopra e nel mio cervello? Sei? No, di più.
E come loro, m'illudo d'essere qualcosa avendoti difronte. Avendoti. Ma non ti ho affato, da mesi ormai. Eppure tu mi hai eccome invece, mi possiedi, anche quando mi allontani torno. Correndo, strisciando, sempre con le lacrime agli occhi e il cuore crepato. Le parole ferme su per la gola, te le vomito addosso in sussurri infiniti sperando tu le possa comprendere. Sperando sempre in cose astratte, come la presenza di tue emozioni o pensieri che vadano a mio favore.
Mi sei davanti dopo tutto questo tempo e l'unica cosa che ti viene da fare è stare zitta, ma d'altronde sei sempre stata tranquilla come me. Entrambe preferiamo ascoltare perché parlare di noi non ci viene bene, ci fa strano e non conviene.
Qualche volta però, vien d'istinto: ti esprimi raccontandomi trascorsi tragici pre-cambiamento sfilando quella maglia, slacciando una scarpa, strappando i jeans partendo dal buco già presente sul ginocchio riducendoli piano piano a stracci. Ti metti a nudo. Non sai quanto mi piaccia vederti così. Vorrei quasi dire che mi rende felice.
Tu che la felicità l'hai lanciata nel petto proprio a me che l'ho persa insieme al tuo possesso.
Sempre aggressiva, con quella finta calma apatica addosso che basta una parola sbagliata per tramutarla in rabbia e poi mille scuse per un attimo di riconciliazione e un briccolo di dolcezza rimastoti dentro dalla vecchia te stessa.
Lo so che tossica come sei, rimani migliore di mille altre. Per questo ti imploro di tenermi. Ti prego di possedermi.
E ancora cala il silenzio tra noi, su sta panchina davanti alla stazione.
Ciò che voglio non lo posso dire per tante ragioni, magari un giorno lo farò di nuovo. Solo, non oggi.
Allora sto zitta, gioco il tuo gioco.
Sono destinata a perdere, perciò mi avvicino di scatto a baciarti tenendo le palpebre calate e le mani attorno alla giacca da uomo che ti porti dietro.
Perderò con te che non sei mia, che non stiamo più insieme ma ci lasceremo molte altre volte.
Perderò con la tua saliva sul labbro inferiore, conoscendo tutti i tuoi odori, tutti i tuoi sapori, tutto ciò che ti appartiene a partire dalla mente.
Finendo dall'inizio del tuo passato.
Tento solo di saperti descrivere, non pensare io creda in qualcosa. Non più.
Sarà la perdita, la delusione, il dolore più ingiustamente meritato di sempre. Ma finché dura ci giro intorno, allungando il filo di sto rapporto a cuori occasionalmente aperti il più che riesco. Non ho più molti scrupoli. Non ho più molto niente.
Perderò e spero di farlo tra amarezza e ironia, con la tristezza solo di sfondo come il marrone dei tuoi occhi.
Ostinandomi a crederti una bella persona solo perché lo sei.Instagram: ammattire