Prologo

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Quel giorno in Transilvania era calata l'oscurità. Volos, insieme ai suoi uomini, si era spinto fino a lì, sulle alture rocciose di quel sinistro paese. In groppa al suo destriero nero si arrestò. Doveva studiare la situazione e dalla sua posizione gli era possibile.

«Signore, come pensa di procedere?», gli chiese Stanislas, uno dei suoi comandanti in carica.

«Ho fatto credere al sovrano che ci siamo ritirati, che abbiamo optato per la resa, ma in realtà ho schierato la fanteria in diverse posizioni: alle sue spalle, precisamente. Mentre lui era intento a impalare dei poveri innocenti per spaventarci, noi gli abbiamo teso la trappola».

Stanislas sorrise soddisfatto. Era pronto ad agire, il suo stesso cavallo fremeva; come quello di Volos, che di tanto in tanto si muoveva sul posto come a volergli manifestare una qualche fretta, desideroso di lanciarsi in quel massacro.

«Buono, buono, mio fedelissimo amico. Tra poco sarà il momento», gli disse Volos. Fece poi un cenno a tutta la sua cavalleria, indicò loro di scendere giù dalla zona rocciosa sopra la quale si erano appartatati. Avrebbe dato il via alla fanteria di tenersi pronta: a breve sarebbe iniziato l'assedio.

Non voleva palesarsi, Vlad Tepes l'impalatore? E allora sarebbe stato lui, Volos, a far uscire il topo.

Per non far svelare la sua strategia al nemico, Volos fece perfino abbassare lo stendardo al suo alfiere.

Quindi si mossero, si allontanarono. «Dobbiamo fargli credere che ce ne siamo andati, che siamo solo dei signorotti viziati in cerca di terra. Attaccheremo questa notte, dobbiamo portare le catapulte». Volos non faceva affidamento sui cannoni, sapeva quanto potessero essere imprecisi, facevano più danni psicologici che altro. Lui aveva un'arma segreta e quella notte l'avrebbe svelata.

Si erano accampati molto più in là rispetto al castello di Vlad l'impalatore

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Si erano accampati molto più in là rispetto al castello di Vlad l'impalatore. Volos smontò da cavallo e mosse appena la testa di lato per sgranchirsi il collo. Quelle erano giornate pesanti e si sarebbe riposato prima dell'attacco.

«Dobbiamo essere vigili, quel posto puzza di morte: è maledetto ancora prima della battaglia. Ora, però, voglio che vi riposiate tutti. Dobbiamo essere prudenti. Dormite con un occhio aperto e uno chiuso, se proprio dovete», così disse loro.

Quando la tenebra raggiunse il suo picco più oscuro, Volos fece muovere i suoi uomini e con essi le catapulte. Erano pronti a mobilitarsi. Il suo piano era geniale: senza che Vlad lo sapesse, lo aveva praticamente circondato.

Finalmente, L'Alfiere, potette sventolare l'araldo della famiglia Dubois: una bandiera nera con un Uroboro dorato al centro.

«Caricate le catapulte!», ordinò Volos ai suoi uomini. Era certo di essere alla giusta distanza per non farsi sentire dal nemico. «Ora, lanciate!».

La prima pietra infuocata partì. Roteò rovente lungo tutto il percorso, fin quando non si andò a schiantare all'interno della roccaforte.

Le persone si mobilitarono per cercare di spegnere l'incendio, ma niente: quel fuoco non ne voleva sapere. Gli abitanti vennero assaliti dal panico, mentre Vlad dava l'ordine ai suoi soldati di tenersi pronti all'attacco. Quale uomo non si faceva intimidire da quella sfilza di cadaveri impalati? si domandò, sogghignando subito dopo. Se non fosse stato un suo nemico, uno che voleva espugnare il suo castello, lo avrebbe lodato e gli avrebbe chiesto di entrare a far parte della sua corte.

Volos - Quella luce che l'oscurità non ha voluto.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora