Capitolo 2: "In marcia"

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Il mio risveglio non fu dei migliori, spalancai le palpebre circa alle 5 del mattino, dentro di me mi convinsi che avevo dormito a sufficienza e che ero pronto affrontare la giornata.
Sfortunatamente il mio corpo non sembrava esserne convinto, ci misi infatti circa mezz'ora per trovare la forza o meglio la voglia di alzarmi dal comodo letto che avevo affittato.
Mi allungai ai piedi del letto, afferrai gli stivali e li indossai rapidamente.
Fatto ciò mi misi a cercare i miei abiti quotidiani.
-"Ma dove diavolo sono? Non li trovo da nessuna parte."
Mugugnai svogliatamente finché non mi resi conto che mi ero addormentato senza cambiarmi le vesti.
-"Ah. Beh ora tutto ha più senso."
Fiducioso afferrai il bastone che avevo adagiato sul comodino e mi catapultai fuori dalla stanza dirigendomi verso il bancone.
-"Feigar! Versami una bella pinta!"
Lui sorrise e mi spillò la birra che gli avevo chiesto, mentre me la servì mi guardò sollevando appena di poco il suo sopracciglio destro.
-"Certo che ce ne sono davvero pochi a fare colazione con una birra Eh?"
Mentre parlava io già stavo trangugiando la birra energicamente.
Ritenevo che per svegliarsi non ci fosse nulla di meglio.
Staccai il boccale dalle mie labbra solo quando fu vuoto e lo feci scivolare verso il locandiere per poi scoppiare a ridere.
-"Mi conosci, sai bene quanto una pinta riesca a rinvigorirmi!"
Risposi dopo essermi ricomposto.
-"Ma certo che lo so. Comunque, dimmi un po', come mai sei sveglio così di prima mattina? Capisco la pressione di essere al servizio della corona reale, ma mi sembra eccessiva come reazione."
In effetti ero quel tipo di persona che non si svegliava nemmeno a colpi di cannone, tuttavia un presagio oscuro mi vagò nella mente quella notte, una voce mi raggiunse nel sonno e dialogai con essa a lungo, sembrava che cercasse di convincermi.
Ma convincermi di cosa?
Purtroppo il giorno dopo non riuscì a ricordami nulla se non delle vaghe parole.
Non mi andava di far preoccupare Feigar riguardo alla mia missione e tanto meno di parlargli di quel sogno, dopo quella domanda mi alzai e gli diedi le spalle.
Una volta avviato verso l'uscita, alzai l'indice verso.
Qando finalmente ero ad un passo dalla porta, gli risposi guardandolo con la coda degli occhi.
-"Non essere sciocco Feigar, è ovvio che la giustizia non dorme mai."
Dissi sorridendogli poi abbassai il braccio che avevo alzato e spalancai la porta uscendo.
-"Hahah! Non è cambiato proprio di una virgola... Infatti non mi ha pagato di nuovo..."
Avevo tempo da perdere, visto che l'incontro era alle sette del mattino davanti al palazzo reale.
Dunque mi diressi verso la tomba di un mio caro amico mentre il sole ormai stava sorgendo dando un tocco roseo al cielo e violaceo alle nuvole.
Dopo una lunga camminata raggiunsi finalmente quell'enorme cripta situata al centro del cimitero di Camelot.
-"La tomba di Uther è sempre magnifica ogni volta che la vedo."
Borbottai tra me e me come ero solito fare, poi la osservai nuovamente più da vicin.
Mi stupirono le condizioni in cui era stata conservata, era formata da un piedistallo enorme nel quale era effettivamente scavata la tomba e da una statua raffigurante il re Uther Pendragon mentre eleva una spada al cielo con fare eroico.
I miei occhi furono attirati da tutte le pietre preziose e gli ornamenti che costellavano l'opera, soltanto dopo notai casualmente che la serratura sembrava forzata, ipotizzai subito che qualche cacciatore di tombe avesse cercato di entrare, ma scartai poco dopo quest'idea perché istintivamente spinsi verso l'interno cercando di aprire la porta di marmo che sigillava la tomba.
Rimasi interdetto dalla sorpresa nel vedere quest'ultima spalancarsi.
Finalmente mi decisi a varcare la soglia della tomba avvicinandomi verso la bara completamente dorata.
-"Se un razziatore di tombe fosse effettivamente riuscito ad aprire qui dentro avrebbe fatto sparire persino la bara considerandone il valore."
In quel momento però avevo bisogno di una conferma, un dubbio mi assillò la mente e non potei fare a meno di allungare la mano per scoperchiare la bara.
-"Ma che sto facendo? Non potrei mai profanato la tomba di re Uther."
Questo però fece ben altro che chiarire i miei dubbi.
Mi avviai verso la porta che una volta varcata mi chiusi alle spalle.
-"Scusa il disturbo Uther, vecchio mio, oggi è arrivato il giorno in cui salderò il debito con te.
Non preoccuparti per Arthur, finché sarà al mio fianco non gli accadrà nulla... Non voglio mentirti Uther, sta notte non ho riposato come speravo, una voce tormentava il mio sonno, nel profondo sono convinto si tratti della mia paura che si alimenta.
Il regno sembra incredibilmente tranquillo e ignaro di ciò che sta accadendo, sospetto che il re non gli abbia parlato della nostra missione.
Ora come ora però credo sia la decisione migliore.
Tuo figlio è un degno erede della stirpe Pendragon."
Restai a lungo a parlargli delle mie preoccupazioni e quando finalmente giunsi alla fine del mio stressante monologo mi sentivo sollevato e speranzoso com'ero sempre.
Giunta l'ora adatta mi diressi verso il castello, all'entrata ad accogliermi al posto delle guardie trovai Sho Brann che salutò sventolando la mano.
-"Eygon! Sei in anticipo. Beh meglio così!"
Mi rispose allegramente, quasi invidiavo la sua fanciullezza.
Un sorriso sincero mi si dipinse sul volto.
-"Non mi piace arrivare in ritardo."
Mi accostai al muro appoggiandomi al bastone con ambedue le mani per poi fissarlo negli occhi.
-"Dimmi una cosa Sho... Come hai scoperto che la magia risiedeva dentro di te?"
-"Eygon, questa è una domanda piuttosto sciocca. La magia è dentro ognuno di noi, ci scorre nel sangue, è una sensazione che ci svuota e ci riempie allo stesso tempo.
L'arte di noi maghi consiste nell'aprire dei passaggi alla nostra magia facendola fluire da fuori di noi.
Tu... potresti essere un grande mago un giorno..."
Le sue parole mi segnarono ed entusiasmarono allo stesso momento.
-"I-io un grande mago? Devo ammettere che non mi dispiacerebbe, ma immagino di avere ancora molta strada davanti a me..."
Risposi con una leggera titubanza.
-"Meglio... un lungo viaggio significa imbattersi in più difficoltà ed imbattersi in più difficoltà significa diventare più forti."
Il suo ottimismo trasparì anche in queste parole, mentre la mia curiosità venne alimentata ulteriormente, non riuscii a trattenermi dal chiedergli di più. -"Sei davvero solo il semplice e giovane mago di corte?"
Lui sorrise ed il suo palmo della mano si ricoprì di fiamme con le quali iniziò a creare forme confuse che presto si tramutano in illustrazioni di ciò che stava per narrarmi.
-"Ho visto il mondo mutare più e più volte, distruggersi e ricrearsi, cambiando in meglio e a volte in peggio, con il passare del tempo formulai l'ipotesi che questo era il ciclo del mondo e che io non avevo il diritto di interferire per bloccarlo o plasmarlo come meglio credevo.
Questa mia teoria però si andò a cancellare.
All'interno del mondo ci vivevo anche io.
Dunque anche io avevo il diritto di cambiarlo, di farlo mio.
Oggi combatto per un mondo migliore, per me, e per le persone che mi hanno segnato. Innumerevoli vite mi sono nate, cresciute e morte davanti.
Prima avevo paura della morte, ma ad oggi mi sono reso conto che solo grazie alla morte potrò rincontrare tutte quelle persone. Quindi cosa c'è di meglio che una morte da eroe per metter un punto al mio capitolo finale?"
Seguì attentamente ogni virgola di quella riflessione, mi trovai d'accordo con lui ma questoo in che modo poteva chiarire i miei dubbi?
Feci involontariamente una faccia confusa e l'unica cosa che riuscì a pronunciare fu:
-"Ma. Io ti avevo solo chiesto se eri il mago di corte o meno-"
Dissi imbarazzato portandomi la mano dietro la nuca.
Lui scoppiò in una grassa risata, in quel momento mi resi conto che avevo scambiato la fanciullezza con quella che in realtà era spensieratezza, viveva una vita senza preoccupazioni.
-"Sì, sono il mago di corte! Nessun re mi ha mai fatto divertire come Arthur!
Anche se devo dire che il suo braccio destro, Sir Tesar, mi fa gelare il sangue."
Scossi la testa ridendo realizzando che stava parlando della figura vestita di nero che era con noi, ieri, nella sala del trono.
-"Che tipo..."
Sussurrai sottovoce divertito.
Il nostro dialogo si interruppe quando entrambi indirizzammo lo sguardo verso il portone del castello, che si spalancò lentamente, dal quale fuoriuscirono Arthur affiancato da Sir Tesar e altri cavalieri di alto rango fra cui quelli convocati dal re, tra di loro spiccavano particolarmente una guerriera apparentemente proveniente da terre lontane: nonostante la sua carnagione fosse abbronzata, il suo kimono rosso, nascosto da un'armatura nera, ornata da fiocchi rossi ma soprattutto la sua affilata katana riposta nel fodero mi suggerivano origini orientali.
Pochi altri mi colpirono particolarmente eccetto un ragazzotto vestito in borghese dalla pelle liscia e molto pallida, occhi celesti e capelli bianchi come la neve, quelle vesti leggere mi fecero pensare ad un assassino di prima categoria, ma non potei accertarmene visto che la mia attenzione fu colta dal rosso della mia vecchia spedizione, che mi sopraggiunse alle spalle.
-"Fatti da parte."
Mi disse con voce roca prima di scostarmi per poi avvicinarsi a quello che probabilmente era il suo cavallo.
Mi bastò quello per comprendere quanto astio covasse dentro di sé, in qualche modo ero incuriosito da cosa potesse averlo generato, ma decisi che per il momento la mia attenzione dovesse convergere sulla missione.
Il mio flusso di pensieri venne interrotto quando il re iniziò a parlare con voce autoritaria.
-"Uomini! Grazie a tutti per essere qui, sono onorato di avervi tra le mie fila! Grazie a tutti coloro che hanno prestato servizio a Camelot anche se non era la loro patria e ovviamente grazie a tutti coloro che sono sempre stati qui a difenderla.
Oggi è il giorno in cui partirà la nostra crociata contro il flagello e contro il re dei Lich, se non ve la sentite, siete ancora in tempo per tirarvi indietro, poi non ci sarà più spazio per i ripensamenti."
In quel momento sentii dentro di me come se fossi stato io il destinatario di quelle parole, una morsa alla gola mi colse alla sprovvista.
Avevo paura ma ero troppo orgoglioso per ammetterlo e non potevo  permettermi di rinunciare.
Sollevai il pugno destro avvolto dalla manopola metallica (Ovvero il "guanto" dell'armatura) e in un impeto di entusiasmo tutti noi, o quasi, ci lanciammo in un urlo battagliero.
-"Prendete i cavalli! E marciamo su Camelot insieme come fosse l'ultima volta!"
Durante una breve baraonda, dovuta ai cavalieri che montavano sui loro cavalli, mi venne mostrato da Sho un cavallo maestoso: il suo pelo era liscio e limpido dal colorito marroncino, la sua criniera folta e fiera come quella di un leone e infine l'armatura argentata che indossava riusciva a trasmettere un senso di potenza a chiunque avesse avuto il privilegio di cavalcare tale bestia.
Quasi esitai nel salire in groppa ad un così pregiato esemplare.
-"Qual è il suo nome?"
Domandai a Sho mentre le carezzavo il muso.
Senza attendere la sua risposta mi accinsi a salire in sella e solo all'ora ottenni una risposta.
-"Lei è Charlotte! Uno dei 7 cavalli reali.
Trattala bene campione, è il cavallo preferito di Tesar."
In quel momento istintivamente girai gettai un'occhiata in cerca di Tesar.
Prima che potessi accorgermene il mio sguardo incrociò il suo, mi scrutava con fare inquisitorio. Distolsi rapidamente lo sguardo e tornai a guardare Sho Brann.
-"E come mai il Re lo avrebbe affidato a me?"
-"Chi lo sa, forse cerca di dimostrarti che si fida di te, dovresti provare a fare lo stesso."
Rispose voltandosi per dirigersi verso il suo cavallo.
Le sue parole colpirono il mio animo a tal punto da dimenticarmi del brivido che avevo provato poco fa, concentrandomi solo sul perché il Re potesse ritenermi degno di tale fiducia ma sopratutto di come avrei potuto dimostrargli che anche io avrei riposto in lui la mia fiducia.
In un battibaleno tutti erano in sella ai loro cavalli, il Re guidava la nostra marcia.
Varcato il portone principale percorremmo la strada del paese: ad attenderci c'era l'intero regno che mai mi era sembrato tanto vivo.
Chissà cosa stavano pensando, dopotutto il re non aveva accennato loro riguardo il nostro vero obbiettivo, tanto meno gli aveva parlato del Re Dei Lich.
Ci avvicinammo all'uscita del regno ma la mia concentrazione si focalizzò sul portone, una volta varcato non si tornava più indietro.
Feci un profondo respiro e accarezzai dolcemente Charlotte come se tentassi di rassicurarla quando in realtà quello preoccupato ero io.
Poco prima di oltrepassare quella cinta di mura fissai il vessillo, che portava il Re in persona, sopra di esso vi era raffigurato un grifone dorato su sfondo blu.
Per quanto fosse solo un semplice stendardo guardarlo mi infondeva sicurezza e mi trasmetteva speranza.
Così ebbe inizio il nostro lungo viaggio.

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