2.

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Maya's POV.

Era un giorno come gli altri; io e Samuel eravamo andati a mangiarci un bel panino al Mc Donald's e abbiamo passato il pomeriggio a passeggiare per il parco.
Abbiamo dato da mangiare alle papere e non essendo ancora abbastanza sazi ci siamo presi il gelato; io alla stracciatella e cocco e lui alla nocciola. Lo abbiamo consumato seduti su una panchina dalla quale si potevano vedere i bambini e i cani correre da una parte all'altra.
Era solo Gennaio, ma sembrava fossimo in primavera. Alcune piante iniziavano a fiorire e alcune erano ancora spoglie. C'era tanta gente nonostante fosse un giorno in settimana.

Ero uscita dalla doccia da poco ed indossavo ancora il mio accappatoio e il turbante in testa.
Stavo cantando allo specchio mentre mi spalmavo la crema quando il telefono di casa ha iniziato a suonare. Sarà la solita pubblicità di aziende di energia elettrica, servizi immobiliari... insomma una di quelle rotture di palle.
Non fece tempo a finire di suonare che subito iniziò nuovamente a squillare.
"Rispondo altrimenti qua non la smettono più" iniziavo pure a parlare da sola, stavo dando di matto.

Così mi ritrovo a scendere le scale facendo attenzione a non inciampare e prendo scocciata la cornetta del telefono pronta a insultare nei peggio modi i poveri lavoratori del call center, i quali in fondo non hanno nessuna colpa.
"Pronto? Senta non ho bisogno di nessun servizio da voi offerto, ok? Smettetela di chiamare ed è inutile che lei insista" rispondo spedita come un treno.
Dall'altra parte non sento nessun call center iniziare a ripetere quella solita frase, così controllo che la chiamata non sia stata chiusa.
"Parlo con la signorina Marchetti?" Chiede un uomo con voce ferma e pacata.
"Ehm, sì sono io"
"La chiamo per informarla che il corpo di suo padre è stato rinvenuto in un campo da un..." il telefono di casa mi cade dalle mani e finisce sul pavimento.

Fin da piccola ho imparato ad arrangiarmi. Quando mio padre era in viaggio per lavoro stavo dalla nonna, ma molte cose lei non le poteva fare così mi ritrovavo a compiere azioni che solitamente a sette anni non si fanno.
Sono cresciuta in fretta e il tempo è passato.
Quando fui abbastanza grande mia nonna si trasferì in Liguria dove aveva da sempre sognato di vivere una volta in pensione.
Ho iniziato così a rimanere a casa per conto mio a 11 anni. Ho imparato a cucinare e ho passato le notti in casa da sola.
Le prime volte era difficile e avevo paura; passavo notti insonni e poi mi addormentavo durante il giorno. Poi pian piano mi sono abituata a questa routine.

Sotto questo punto di vista mi sentivo abbastanza trascurata anche se sapevo che mio padre in qualche modo mi controllava e mi teneva sempre al sicuro.
Poi ho iniziato a capire che aver acquisito così presto indipendenza avrebbe reso tutto un po' più semplice.
Insomma non sarei stata dipendente da nessuno e in questo modo avrei sofferto di meno in una ipotetica divisione.
Ho sempre pensato così, almeno fino ad oggi, a questo preciso istante. Tutte le mie convinzioni si sono sgretolate fino a diventare il nulla.
Ho passato i primi trenta minuti in piedi a fissare un punto indefinito davanti a me con il cervello totalmente spento. Il tempo sembrava essersi fermato in quel preciso istante facendo amplificare tutto.
Poi caddi per terra piangendo silenziosamente. Erano lacrime di dolore. Il mio puzzle già incompleto si stava disgregando sempre di più.
L'unica persona, insieme a nonna, che era rimasta, che non ha smesso di lottare, che non mi ha lasciato in un orfanotrofio facendomi passare da una casa famiglia ad un'altra mi aveva lasciato.
Il telefono ricomincia a squillare e con estrema lentezza, rimanendo seduta, schiaccio il verde.
"Immagino il dolore che lei prova in questo momento, ma avremmo bisogno che lei ci raggiunga per il riconoscimento del corpo. Le inoltro l'indirizzo via email. Mi dispiace per la sua perdita"
Un conato di vomito mi costringe a correre di sopra e a rimettere tutta la cena nel bagno.
È strano come in soli 10 minuti la tua vita possa cambiare.

Nel silenzio che avvolge la casa mi vesto e indosso le scarpe. Mi reco in stazione a piedi, guardandomi continuamente intorno.
"Avviso ai signori passeggeri il treno in direzione Trieste arriverà tra cinque minuti".
Le quattro ore più lente della mia vita trascorrono con una me del tutto spaesata che guarda dal finestrino il treno inoltrarsi per la campagna.

*****

Spingo il maniglione del vecchio edificio in mattoni che si erge davanti a me ed entro.
Un uomo in divisa mi scorta fin fuori l'obitorio e mi lascia lì. Prendo un bel respiro come se dovessi rimanere senza ossigeno per un po' ed entro.
Una donna con il camice, seduta al computer, si volta non appena sente il rumore della porta richiudersi.
Senza chiedermi niente si avvicina ad un lenzuolo bianco e io faccio lo stesso, ma molto più lentamente. Non sono pronta.
Per prendere tempo mi guardo intorno anche se non c'è molto da vedere. Solo pareti bianche macchiate da segni formatisi con il tempo.

Faccio un segno di assenso alla dottoressa e tutto succede a rallentatore.
Il lenzuolo viene alzato dandomi piena visione del viso di mio padre inerme. Gli occhi chiusi, il viso pallido e freddo.
"È lui" sussurro a bassa voce.
"Com'è-è success-so?" Chiedo balbettando.
"Gli hanno sparato, ma il colpo non è stato mortale; è morto dissanguato"
"Chi-i gli ha spa-arato?"
"La polizia sta indagando, ma non hanno ancora trovato nulla".

Alcuni pensano che i soldi facciano la felicità. Beh in parte è vero in quanto si vive una vita più agiata e ci si possono permettere cose che probabilmente una famiglia con reddito minore non può avere.
Ma come in ogni cosa c'è la seconda faccia della medaglia. I soldi ti immischiano in affari puliti e non è e la gente è capace di uccidere per il denaro.
Il denaro vale più di una vita umana? Le persone diventano subdole e ti rovinano la vita per un conto in banca con più zeri.
L'ho imparato sulla mia stessa pelle e ora mi porto dentro, e non solo, cicatrici indelebili. Questa si aggiunge alle altre.
Mio padre, quando ero piccola, mi diceva sempre "la vita ti mette a dura prova, ti mette in ginocchio per vedere se sei in grado di rialzarti. Ciò ti permette di crearti un'ossatura sempre più infrangibile".
La mia ossatura si era fatta talmente spessa rendendomi incapace di esternare le mie emozioni. Si ammucchiavano tutte dentro il petto e prima o poi sarei esplosa. Ed ora mi sento oppressa come se stessi per scoppiare.

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A voi le considerazioni... cosa ne pensate di quello che ho scritto verso la fine, a proposito del denaro? 

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