𝐈𝐈

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| 𝗜𝗟 𝗥𝗜𝗖𝗢𝗥𝗗𝗢 𝗗𝗘𝗟 𝗠𝗔𝗥𝗘 |

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| 𝗜𝗟 𝗥𝗜𝗖𝗢𝗥𝗗𝗢 𝗗𝗘𝗟 𝗠𝗔𝗥𝗘 |

























𝑰𝒍 𝒎𝒂𝒓𝒆 𝒔𝒐𝒓𝒓𝒊𝒅𝒆 𝒅𝒂 𝒍𝒐𝒏𝒕𝒂𝒏𝒐. 𝑫𝒆𝒏𝒕𝒊 𝒅𝒊 𝒔𝒑𝒖𝒎𝒂, 𝑳𝒂𝒃𝒃𝒓𝒂 𝒅𝒊 𝒄𝒊𝒆𝒍𝒐.



















Il sole fuori abbaglia tutti i mobili del mio salotto. Fuori c'è il cinguettio degli uccelli che stona nelle mie orecchie, le rose sono nel giardino a goderselo questo sole pallido. Ed io, nei miei pensieri, la chiamo.

"Leonardo." La domestica mi chiama, io m'alzo e scalzo le faccio l'incontro.
Segue con lo sguardo prima il telefono e poi i miei occhi.

Riserbo un odio profondo nella tecnologia, nel progresso che allontana l'intelletto.
Nella società di oggi in cui tutti sono impegnati ad utilizzare il telefono, connessi in una realtà impegnativa, illusoria, io preferisco far l'intellettuale.

"Guardi dove sono i suoi genitori." Afferma, mostrandomi il suo apparecchio tecnologico.
La mia curiosità si rimpicciolisce nel vedere la foto di due sconosciuti. La loro carnagione è più olivastra, segno che la melanina si sta facendo viva nella loro pelle. La compagna di mio padre sembra più felice, gli occhi verdi emanano questo tipo di sensazione: ridicolo! Poco m'importa!
Mio padre, al contrario, sembra non subire di nessuna forma di cambiamento. Non si è mosso nulla nel suo volto rugoso e pieno di pregiudizi.

Appaio come un vecchio della scorsa generazione agli occhi di Esmeralda, ma credo che la rivoluzione sia proprio in quelle menti bigotte, sappiamo da dove non iniziare.

"Mi hai seriamente fatto scomodare per questo?" Chiedo, maleducato e arrogante. Lo riconosco.
Bisogna riconoscere i propri limiti. E la modestia non ha mai fatto parte dei miei numerosi difetti.
Esmeralda abbassa lo sguardo e procede nella direzione più vantaggiosa per arrivare in cucina.

Ritorno nei miei vecchi e monotoni passi. Con la testa bassa verso i miei piedi, penso.

Cogito che quasi vicino ai trent'anni, mi appresto ancora a ricordare della mia infanzia, della mia educazione. La mancanza dei miei familiari in questo enorme palazzo si risente sulla mia pelle in procinto dell'invecchiamento.
Questa pagina della mia vita ha il sapore dell'uomo o come direbbe Marziale: hominem pagina nostra sapit, la nostra pagina ha il sapore dell'uomo perché, anche in questo caso, "sapore di uomo" significa far sì che essa sia specchio reale dei costumi umani e nella mia vita c'è un costume altolocato, mondano, a spasso con la cultura.

Nei miei anni più fanciulleschi, dove l'educazione vinse il primo premio, il mio premuroso padre mi insegnò bene che l'unica cosa da conservare in una vita fatta di sprechi consumistici è la libertà. Fin dalla più giovane e innocente ebrezza, bisogna riconoscere la libertà e trattarla come tale, come si fa con una donna: baciarle le mani e farla cadere ai tuoi piedi.
E l'arte! Quella doveva esser ben conservata. "L'unica amante fedele che potrai mai avere!" Mi confessò. Poiché l'arte rimarrà sempre immortale negli occhi di chi osa, nelle menti degli eletti.

E mio padre parlava per esperienza. Sapeva con condizione di causa il significato di amante. Mia madre, quella figura materna e femminile che mi ostino a definire tale, ci abbandonò per un provincialotto, un uomo onesto e modesto che davanti alla nostra cultura poco aveva a che fare. A mia madre piaceva, dicono le testate giornalistiche sul nostro conto.

Mi colpii, però, la facilità con cui abbandonò i suoi doveri, il coraggio mancato di qualsiasi donna irrequieta.
Mi incoraggiò, dunque, questa sua scelta a voler intraprendere la sua stessa strada senza mai tralasciare, però, i valori della bellezza e del piacere insegnatomi da mio padre.

Avere amanti, mio caro, aiuta a stimolare l'istinto, la libido, la personalità.
La carnalità che un rapporto occasionale confessa è all'estrema goduria, è l'estrema espressione dei sensi.

Procedendo con il discorso da me tenuto, mia madre aveva ormai poco a che vedere con la mia amata Firenze. Scappò, così amo definire, a Roma. 
Roma come città poco mi affascina, maggiormente di questi tempi.
Posso affermarlo con scarsa fermezza, poiché pochi topi ho visto deturpare la bellezza del Colosseo, ma assecondando le voci secondarie, Roma come città brulica di vermi grondanti di sangue, estirpato da politici senza fegato.

Non amo le persone senza il rigor di logica, preferisco far l'intellettuale.

Mi rifugio nuovamente nella mia solitudine che più mi appaga.
Il soffitto celeste del palazzo a me lasciato mi ricorda il mare tanto amato da mio padre. Il mare aveva sempre suscitato in lui sensazione controversie, illuminazioni degne di ascolto, sentimenti degni di esser abbracciati.
Mi feci tante domande, al tempo, e preferii buttare a mare le risposte per poter ancora sentire le parole affascinanti di una figura che da lì a poco avrebbe disprezzato lo stesso sangue che condividiamo.

Voglio sentir l'odore del mare, ora.
Voglio porter scappare dal mio corpo e affacciarmi ad una esperienza carnale, la chiamo ancora. Ginevra, Ginevra.
Voglio poter raccontarvi di più.

Certi ricordi fan proprio male all'esistenza.
Ma è vero anche che certi ricordi bastano a profumare un'intera vita e
tutto allora è grande, anche per il mio arrogante cuore.
















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Eccomiiii
Questa storia mi ha fin troppo gasando.
Ecco a voi il secondo capitolo, ovviamente è un capitolo di passaggio però si inizia a capire le preferenze del personaggio e anche un po' dei genitori.
Ditemi, vi è piaciuto il capitolo.

𝐈𝐋 𝐅𝐔𝐎𝐂𝐎  | f. coleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora