8° capitolo

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PARTE II

IL PAESE DEI SANTI

Nel deserto del Colorado

Nella parte centrale del grande continente americano si stende un brullo e squallido deserto che, per anni e anni, ha costituito una barriera contro l'avanza mento della civiltà. Dalla Sierra Nevada al Nebraska e dal fiume Yellowstone al nord, al Colorado al sud, regnano, in tutta la zona, la desolazione e il silenzio. Né la natura si presenta sotto un aspetto uniforme, in quell'impervia regione. Ci sono montagne altissime incappucciate di neve e valli profonde e tenebrose. Ci sono fiumi impetuosi che balzano attraverso gli abissi dei canions e, ancora, sconfinate pianure, bianche di neve nell'inverno e grige di arida sabbia nell'estate. Dovunque, però, prevale la caratteristica comune di una terra miserabile, nuda, inospitale. Non ci sono abitanti in quel paese della disperazione. Accade talvolta che un'orda di indiani lo attraversi per raggiungere altre zone di caccia, ma anche i piú ardimentosi si rallegrano quando possono perder di vista quelle orrende pianure e ritrovarsi nelle loro praterie. Il lupo delle praterie si aggira tra i radi cespugli, il nibbio solca l'aria col suo volo minaccioso e l'orso bruno esplora i profondi crepacci in cerca di cibo. Quelli sono gli unici abitanti del deserto. In tutto il mondo, non esiste panorama piú squallido di quello che si osserva dalle pendici settentrionali della Sierra Blanca. A perdita d'occhio, si estende un'arida pianura la cui uniformità è rotta soltanto da qualche raro cespuglio nano. All'estremo limite dell'orizzonte si eleva una lunga catena di picchi montani la cui neve ammanta le cime frastagliate. In quella immensità non vi è traccia di vita, né nulla che abbia attinenza alla vita. Non vi sono uccelli nel cielo color dell'acciaio, nulla si muove sulla terra grigia e brulla... e soprattutto, regna dovunque il silenzio. Per quanto si tenda l'orecchio, non un suono rompe la quiete del deserto. Il silenzio è assoluto e opprimente.
Si è detto che in quell'immensa pianura non c'è nulla che abbia attinenza alla vita, ma forse non è esatto. Guardando in giú dalla Sierra Blanca, si vede una pista seguata attraverso il deserto, una pista tortuosa che si perde in distanza. Quella pista reca le tracce di ruote nonché le orme di molti avventurieri. Qua e là, sono sparpagliati degli oggetti bianchi che luccicano al sole e spiccano sul cupo colore della sabbia. Sono ossa: alcune di grandi dimensioni, altre piú piccole e delicate. Le prime sono appartenute a bovini, le altre a esseri umani. Per millecinquecento miglia si può seguire quella macabra pista da carovane, segnata dai resti dei caduti.
Un viaggiatore solitario era intento a osservare quel panorama, il 4 di maggio del 1847. Tale era l'aspetto di quell'uomo che egli avrebbe potuto essere il genio stesso o il demone della regione. A chi l'avesse osservato, sarebbe riuscito difficile stabilire se era piú vicino ai quaranta o ai sessanta. Aveva il viso scarno ed emaciato, e la pelle scura sembrava una pergamena tesa sulle ossa prominenti. Le sue lunghe chiome brune e la barba erano striate di bianco; egli aveva gli occhi infossati che ardevano di un luccichio anormale, mentre la mano in cui stringeva il fucile era poco meno scarna di quella di uno scheletro. Mentre se ne stava là, ritto, si appoggiava al fucile per reggersi in equilibrio, e tuttavia la sua figura imponente denotava una costituzione vigorosa. D'altronde, il viso emaciato, le membra scarne e i vestiti che parevano cadergli di dosso tradivano i motivi per cui egli aveva quell'aspetto precocemente senile, depresso.
Quell'uomo stava morendo... stava morendo di fame e di sete.
Aveva disceso faticosamente il burrone per poi arrampicarsi su una piccola altura, nella vana speranza di scorgere qualcosa che denotasse la presenza dell'acqua. Ora, la grande pianura desertica si stendeva sotto i suoi occhi. delimitata da una remots catena di montagne selvagge, senza che, da alcuna parte, si scorgesse la presenza di una pianta o di un albero. Nulla in quell'ampio panorama gli offriva un bagliore di speranza. Verso nord, verso est e verso ovest, egli scrutò con occhi disperati e interrogativi, poi si rese conto che il suo vagabondaggio era giunto al termine e che là, su quella montagnetta sabbiosa, doveva morire. - Perché non qui, invece che in un letto di piume fra vent'anni? - mormorò il viandante, mentre si sedeva all'ombra di un macigno. Prima di sedersi, aveva deposto al suolo l'inutile fucile e anche un grosso fagotto avvolto in uno scialle grigio, che trasportava a tracolla sulla spalla sinistra. Pareva un po' troppo pesante per le sue forze; infatti, mentre lo scaricava, il fagotto toccò terra con una certa violenza. Subito ne scaturi un piccolo gemito, poi tra le falde dello scialle apparve un visino spaventato, un visino dagli occhi luminosi, seguito da due minuscoli pugni lentigginosi.
- Mi hai fatto bibi! - piagnucolò una vocetta infantile, in tono di rimprovero. - Davvero? - esclamò l'uomo in modo contrito. - Non l'ho proprio fatto apposta. Mentre parlava, sciolse i nodi dello scialle grigio e liberò una graziosa bimbetta sui cinque anni. Le sue scarpine eleganti e la veste rosa col grembiulino bianco denotavano le cure di una madre. La bimba era pallida e un po' patita in viso, ma le gambette e le braccia rotonde dimostravano che aveva sofferto assai meno del suo compagno di avventure. - Ti è passato? - domandò l'uomo con ansia, poiché la piccina si stropicciava ancora i riccioli dorati sulla nuca. - Ci vuole un bacino per far passare la bibi - disse lei in tono molto serio, mostrandogli la parte ammaccata. - La mia mamma faceva sempre cosi. Dov'è la mia mamma? - Se n'è andata, la tua mamma. Credo che la vedrai tra poco.. - Se n'è andata! - esclamò la bimba. - Perché non mi ha salutato? Mi salutava sempre quando andava a prendere il tè dalla zia, e adesso sono tre giorni che se n'è andata. Sai, ho tanta sete. Non c'è un po' d'acqua? E non c'è niente da mangiare? - No, tesoro, bisognerà che tu abbia ancora un pochino di pazienza, poi starai bene. Appoggiati qui con la testina contro di me, e ti sentirai meglio. Non è facile parlare, con la lingua secca e ruvida come il corame, ma è meglio che ti dica come stanno le cose. Che cos'hai, lí? - Guarda che bello! - esclamò la piccina con entusiasmo, mostrandogli due frammenti di mica luccicante. Quando torno a casa, li do al mio fratellino Bob. - Fra poco vedrai delle cose molto piú belle - dichiarò l'uomo fiducioso. - Abbi pazienza. Ma che cosa stavo dicendo?... Ti ricordi quando siamo partiti dal fiume? - Oh, sí. - Be', credevamo di trovare un altro fiume di lí a poco. Ma c'è stato uno sbaglio... non so come... forse la carta geografica... e il fiume non l'abbiamo trovato. L'acqua è sparita. Sono riuscito a raccoglierne qualche goccia per te, e... - E tu non ti sei potuto lavare - l'interruppe la bambina con molta serietà, fissando la faccia sudicia dell'uomo. - Già... e non ho potuto bere. Nessuno ha potuto bere... e il signor Bender è stato il primo ad andarsene, poi Pete l'indiano e la signora McGregor, poi ancora Johnny Hones e infine, tesoro, la tua mamma... - Allora la mia mamma è morta - piagnucolò la bimba nascondendosi il viso nel grembiulino e rompendo in singhiozzi. - Sí, sono morti tutti all'infuori di te e di me. Speravo ancora di poter trovare un po' d'acqua da questa parte. Ti ho caricata in spalla e mi sono rimesso in viaggio. Non siamo stati fortunati, e ormai non c'è piú nessuna speranza. - Allora, moriamo anche noi? - chiese la bimba smettendo di singhiozzare, e alzando il visino rigato di lacrime. - Credo proprio di sí. - Perché non me lo hai detto prima? - riprese lei ridendo. - M'avevi fatto paura. Allora, se moriamo, ritroveremo la mamma.
- Certo, che la ritroverai, tesoro.

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