3 (pt. 1) - Presenze nel buio

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Sono sfinita

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Sono sfinita. Le gambe tremano per la spossatezza. Ogni ansito mi infiamma la gola. Gli spallacci dello zaino mi stanno segando le spalle. Ma sono quasi arrivata: ancora dieci minuti e sarò al sicuro e al caldo con Liam e Bonnie, a rimpinzarci di caramelle.

Lo stomaco mi brontola al solo pensare al pasto che mi attende. Non vedo l'ora di poterlo mettere a tacere e, per una volta, sentire silenzio assoluto dentro di me. Un silenzio appagante e rassicurante; un silenzio che mi parli di speranza.

Vorrei tanto che questi piacevoli pensieri mi dessero la forza necessaria per continuare a mettere un piede davanti all'altro, invece, ahimè, non sono sufficienti, nemmeno lontanamente. Decido perciò di prendermi una piccola pausa, fermandomi in un vicolo buio che dà sulla strada principale e concedendomi così cinque miseri minuti per riprendere fiato.

Sofferente, mi accosto al muro con la schiena e poggio a terra lo zaino. Mentre mi sforzo di rallentare il battito cardiaco, mi perdo a osservare la luna far capolino tra i tetti degli edifici che danno sul vicolo. In qualche modo, questa vista è in grado di infondere nel mio animo tormentato una piccola dose di serenità. Rimango meravigliata nel notare quante stelle si riescano ancora a scorgere nel cielo schiarito dai primi raggi di sole; sembrano punte di diamante incastonate nel firmamento. Se ciò non fosse dovuto a un'invasione di creature che hanno preso a sterminare la razza umana, sarei quasi contenta di poter assistere a una visione del genere.

D'un tratto, ancora persa nella contemplazione del cielo dove, poco a poco, sta facendo capolino l'alba, mi sento affiorare un sorriso amaro sulle labbra: sono proprio sciocca a smarrirmi in riflessioni del genere quando invece dovrei pensare soltanto a tornare a casa sana e salva. Non sono mai stata una persona particolarmente sensibile, possibile che lo sia diventata ora che il mondo è finito? Era necessaria la dipartita di milioni di persone, inclusi i miei genitori, per far sì che apprezzassi la bellezza di ciò che mi ha sempre circondato?

Forse la verità è che non si apprezza mai qualcosa tanto quanto dopo averla persa.

Scuoto la testa con disappunto, tornando una volta per tutte in me. Ormai il fiatone è passato, dunque è meglio se mi preparo a riprendere la strada per casa. Una volta là, avrò tutto il tempo necessario per riposarmi e perdermi in riflessioni filosofiche.

Raccolgo da terra lo zaino e per lo sforzo mi lascio sfuggire dalle labbra un lamento soffocato. Faccio per mettermelo a spalle, quando...

«Liz.»

Mi blocco, il fiato sospeso, gli occhi strabuzzati. Mi guardo attorno, terrorizzata. Chi ha appena pronunciato il mio nome? Me lo sono immaginato? È la stanchezza che mi gioca brutti scherzi?

«Liz, sei tu?»

No, direi che non si tratta affatto della stanchezza.

Il cervello in cortocircuito, non so cosa fare.

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