9 (pt.2) - Bambole rotte

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Guardandoci le spalle e sostenendoci a vicenda non ci vuole molto prima che io e Grace riusciamo a raggiungere il viale alberato dove ho lasciato l'auto con all'interno Bonnie e Liam, ore fa

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Guardandoci le spalle e sostenendoci a vicenda non ci vuole molto prima che io e Grace riusciamo a raggiungere il viale alberato dove ho lasciato l'auto con all'interno Bonnie e Liam, ore fa.

Nelle prime luci dell'alba, intente a delineare con precisione i contorni di case abbandonate, cancellate rugginose e insegne pubblicitarie oramai inutili, non è difficile individuare in lontananza il suv grigio metallizzato. Quando ormai mancano non più di una decina di metri al traguardo, fermo la mia corsa appostandomi dietro al tronco lanoso di una palma moribonda e lo indico alla mia amica con un cenno della testa. «Siamo arrivate» sussurro trepidante, sentendo il cuore più leggero nel petto nel constatare che sembra tutto a posto, almeno a prima vista.

Grace è al mio fianco che ansima per la corsa, poggiata contro lo stesso albero che sta sostenendo me. Entrambe abbiamo gli occhi puntati sull'auto, come in attesa che succeda qualcosa. È impossibile che vada tutto liscio, del resto: l'imprevisto è d'obbligo in questi casi.

«Prepara le chiavi» mi suggerisce d'un tratto la mia alleata, stringendo una mano, fredda come il marmo, attorno al mio polso.

Al suo tocco dei brividi mi corrono veloci lungo tutta la schiena, ma li ignoro. Annuisco e cerco la chiave nella tasca destra dei jeans. Per fortuna, nonostante la notte movimentata appena trascorsa, è ancora al suo posto. Gliela mostro e dico: «Forse è meglio se vado prima io. Liam si spaventerebbe se vedesse una sconosciuta con me. E Bonnie, il mio cane, potrebbe attaccarti.»

Alla luce del sole che sta sorgendo alle mie spalle, noto una scintilla di puro terrore farsi largo negli occhi scuri di Grace. Non ci vuole un genio per capire che è dovuta al pensiero di doversi separare da me, ora che siamo così vicine alla salvezza. Tuttavia, l'attimo dopo la mia amica trae un lungo respiro, si morde il labbro inferiore, pensierosa, e infine si dichiara d'accordo. «Okay, come vuoi. Però sbrigati» replica, stringendo con forza la mano attorno all'impugnatura della sua pistola.

Annuisco con un singolo cenno del capo e le indico l'arma che impugna. «Quella mettila via. Ora non è più necessaria.» Non sto ad aspettare la sua risposta, mi incammino con prudenza verso il suv, verso mio fratello.

Una volta raggiunta l'auto, mi ci appoggio contro. Il petto mi duole per via della tensione, come se avessi una morsa a comprimerlo, eppure non vi do peso. Al contrario, poggio la fronte sul vetro del sedile posteriore e sbircio all'interno mentre con mani tremanti tento di infilare la chiave nella serratura.

Bonnie si accorge subito della mia presenza all'esterno dell'auto e tira la bocca in un ringhio minaccioso, pronta a difendere il suo padroncino da ogni minaccia. Quando però riesco finalmente ad aprire la portiera e a infilarmi nell'abitacolo, il cane capisce che non si tratta di uno sconosciuto ostile, ma di me, della sua Lizzy, e prende a scodinzolare e uggiolare. Supera Liam e mi raggiunge, prendendo a leccarmi la faccia.

Mi sfugge un sorriso e le concedo qualche carezza per calmarla e farle capire quanto anche io sia felice di vederla. Presto, tuttavia, ogni mia attenzione si concentra su mio fratello. Mi tolgo lo zaino dalle spalle, che pur non essendo pesante è molto ingombrante, e lo raggiungo; dunque mi sistemo in una piccola porzione di sedile e gli scuoto con dolcezza un braccio. «Liam?» La mia voce è appena un sussurro. «Cucciolo, apri gli occhi. Sono tornata.»

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