3-L'Impossibile

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Mi sveglio con la voce della mamma nelle orecchie; ci metto qualche secondo a ricordare gli avvenimenti di ieri sera e le loro imminenti conseguenze. Mi alzo faticosamente per poi scoprire che Oliver è più a letto. Mi dirigo nello spazio-famiglia con un brutto presentimento, ma la scena che mi si presenta davanti agli occhi è incredibile: la mamma, serena e ordinata come al solito, sorride un po' forzatamente a Oliver, che mangia una farinella. -Buongiorno Laetitia, vieni a fare colazione, così ti spiego cosa sta succedendo- mi dice sorridendo. Non so se essere sollevata o spaventata; in ogni caso la curiosità ha la meglio. Mi siedo e prendo un dolce, aspettando che inizi a spiegare. -Oliver è figlio di tuo papà. Circa sette anni fa tuo padre e io passavamo un momento difficile. Lui ha avuto una storia con una ragazza del livello θ, ma non ha mai saputo che lei fosse rimasta incinta, perché si lasciarono due periodi dopo in loro primo incontro, quando io e tuo padre risolvemmo le nostre divergenze-. Si ferma per osservare la mia reazione. Io pendo dalle sue labbra, così riprende:-La ragazza è morta tre giorni fa, e sua madre, la nonna di Oliver, ha rintracciato tuo padre per affidargli il bambino. Ora Oliver vivrà con noi-. Riesco a stento a trattenere un grido di giubilo: Oliver resterà! Non so perché io sia così felice, in fondo lo conosco solo da poche ore, ma trovo bello che questo piccolo non debba affrontare un'infanzia in una "Casa del Bambino". Sorrido a Oliver, e lui mi rivolge il sorriso più sincero dell'universo. -Può dormire con me?-. Non voglio lasciarlo solo, in fondo ha sette anni, ha appena perso la sua mamma ed è in un ambiente completamente nuovo e sconosciuto. -Se non ti da fastidio, per il momento sì. Ho già chiesto all'amministrazione una cabina in più, ma ci vorrà del tempo-. Oggi deve essere la mia giornata fortunata. Mi dimentico del codice di comportamento e abbraccio la mamma. Lei all'inizio è sorpresa, ma ricambia. Oliver ci guarda, incerto sul da farsi. Gli faccio cenno di venire. Lo prendo in braccio e lui appoggia timidamente le braccia sulle spalle della mamma. Lei si irrigidisce, ma gli accarezza la testolina. -Ok, ok, su, tutti a prepararsi, andiamo a comprare il necessario per Oliver-. Corriamo nella mia cabina e dopo pochi minuti stiamo percorrendo i corridoi del livello α. Dopo tre ore Oliver ha un guardaroba più che dignitoso. Come tutti i Giorni della Liberazione ci dirigiamo nell'Aula Comune per lasciare la nostra offerta per i feriti di guerra: nella stanza sono state posizionate delle colonnine che fungono da pos: si inserisce la quantità di crediti da donare, il cognome del nucleo famigliare e si scannerizza la retina; in questo modo possiamo aiutare gli eroi rimasti feriti nei combattimenti all'esterno del Bunker. Infine torniamo nella nostra sezione privata, e solo allora mi arrischio a chiedere: -Dov'è papà?-. La mamma si rabbuia e dice a denti stretti: -Dai suoi genitori. Abbiamo deciso che è meglio che ognuno di noi stia senza vedere l'altro per qualche periodo-. Annuisco. Forse è meglio così, mi sembra logico che la mamma si senta tradita e che non voglia rivederlo. Spero tanto che papà risolva, anche se deve riconquistare la fiducia della mamma da zero. Non condivido le sue scelte, ciò che ha fatto non è giustificabile, ma papà è un uomo abbastanza saggio da capire che ha sbagliato, e sa assumersi le sue responsabilità. La mamma è una donna razionale, e ama papà, e questo mi fa sperare che tutto si sistemi. Non ritornerà come prima, ma se tutto andrà per il meglio forse potremmo essere addirittura più felici di prima, in fondo c'è un bambino in più in famiglia. Spero davvero che mamma riesca ad accettare la presenza di Oliver. Nonostante faccia finta di essere perfettamente serena, non riesco a credere che non sia sconvolta dalle recenti scoperte. Oliver è troppo piccolo per capire cosa sta succedendo, e io non lo conosco abbastanza da sapere se è forte a sufficienza per affrontare tutto questo, ma farò tutto il possibile per aiutarlo, non deve pagare per gli errori di papà. Io... io non so più cosa pensare. Non mi sono mai accorta delle tensioni tra i miei genitori, il mito che mi ero creata sulla perfezione di mio padre è stato sfatato; la mamma invece si comporta in maniera estremamente razionale, quasi non sembra umana. La mia ammirazione per lei, già alta, è salita alle stelle. Sono poche quelle che nella sua condizione si sarebbero comportate in questo modo. La mia riflessione viene interrotta da Oliver: -Ho fame, posso aiutare a preparare il pranzo?- -No, non voglio che tu ti faccia del male- dice la mamma. -A casa aiutavo sempre la mia mamma- -Ok, allora mi aiuterai a lavare queste verdure. Laetitia, prendi la pasta di amido-. Dopo mezz'ora il pranzo è pronto. La mamma si complimenta con Oliver e gli fa raccontare qualcosa della sua vita nel livello θ; anche la mamma viene da lì, anche se ormai non ha più niente della povera pescatrice in cerca di fortuna. Scopro che la quotidianità è completamente diversa: i bambini sono istruiti, ma con meno frequenza; i pescatori guadagnano poco, a malapena quello che gli serve per sfamare le loro famiglie. Più ci penso, più mi sembra assurdo e ingiusto; noi nel livello α abbiamo molto più del necessario, mentre coloro che ci procurano il cibo vivono nella miseria più nera. Forse Oliver, involontariamente, sta esasperando la situazione.

Nel pomeriggio la mamma viene chiamata per organizzare l'ennesima cerimonia, quindi io e Oliver rimaniamo soli. -Hai voglia di fare un gioco?- -Sì!- mi risponde entusiasta. Giochiamo a "Il Capitano del Bunker". È un gioco molto diffuso tra i bambini del livello α: un bambino impersona "il Capitano", gli altri sono i suoi cittadini. Il "Capitano" deve comandare in maniera equilibrata e altruista, non deve imporre pene ingiuste o leggi che favoriscano qualcuno. I "cittadini" devono obbedire al "Capitano", e se trasgrediscono le leggi imposte, sono soggetti a una punizione, come grattare la schiena al "Capitano", oppure riordinare ciò che gli altri hanno lasciato fuori posto, e tanto altro ancora. 

-Hey, io ti avevo detto di fare dieci salti e poi una capriola, non una capriola e dieci salti!- -Mi scusi, Capitano Oliver, ma sai, sono un po' vecchia, non ho più una buona memoria...--Per questa volta ti perdono, data la tua anzianità- dice lui ridendo sotto i baffi:-Come è magnanimo, mio Capitano!- -Lo so, altrimenti non sarei io il Capitano!-

Giochiamo tutto il pomeriggio, e quando la mamma torna, siamo sfiniti. 

Quando mi addormento, quella sera, l'ultima immagine che vedo è il sorriso della mamma, affettuoso e aperto, come raramente l'avevo visto.

Sono passati due periodi da quando Oliver si è trasferito da noi: la mamma lo tratta come un figlio, nonostante non sia il suo figlio biologico, e lei abbia molto da fare. Ormai non mi stupisco più: è davvero perfetta in ogni suo aspetto, e io vorrei essere come lei. La solita storia. Stupida autostima.

Papà è venuto a vedere me e Oliver, ma la mamma era a lavorare e non ha potuto parlarle. Il piccolo terremoto, Oliver, sta molto meglio; sembra che stia superando la morte della madre e si stia adattando alla vita qui. Si stupisce ancora di alcune cose che io davo per scontate, e mi fa riflettere, il che è un bene, soprattutto adesso che lo Smistamento si avvicina. A proposito, ho deciso di non lasciare il livello α: dovrei abbandonare Oliver, e non me la sento proprio. Mi sono legata moltissimo a lui, non potrei più immaginare di vivere senza il mio piccolo terremoto. So di dover migliorare per poter ottenere un posto qui, ma quel bambino è uno stimolo sufficiente per combattere con tutte le mie forze: fallire non è un'opzione.

Oggi è il Giorno della Fratellanza: i cadetti dell'esercito sfileranno, e tutti devono andare a vederli.

Mi vesto, poi aiuto Oliver, che ricambia dandomi un bacio sulla guancia. -Grazie Tisha-. Sì, il soprannome è rimasto, ma non mi dispiace. Laetitia è un nome veramente troppo lungo e complicato per una persona ordinaria come me. In pubblico ovviamente non mi può chiamare così, sarebbe maleducato, a tratti scandaloso. I nomignoli non sono visti di buon occhio, e spesso io e i miei amici veniamo rimproverati per questo. Usciamo dalla nostra sezione privata; la mamma non ci può accompagnare, deve assistere il Capitano Murray. Quando arriviamo nella Stanza Comune noto subito che le sedute sono state rimosse: tutte le persone sono in piedi, accalcate e acclamanti. Strano, molto strano. Solitamente i Capitani promuovono l'ordine e  la pulizia, non amano le folle e gli assembramenti. Prendo per mano Oliver per non perderlo nella folla e cerco di arrivare alle prime file. Raggiungiamo finalmente un punto con una buona visuale; la mamma sarà contenta di vederci impegnati a sostenere gli eroi dell'esercito. Stiamo aspettando da mezz'ora, e ancora i militari non si vedono. Strano. Inizio ad avere un brutto presentimento e un po' d'ansia, ma finalmente i Capitani e il loro seguito entrano. Il Capitano Beckensmith, dal livello β, apre la bocca per parlare, ma non fa in tempo a emettere un suono: si sente uno sparo, che lo raggiunge alla testa. Poi si scatena il panico: si sentono degli altri spari, e la folla, disorientata, cerca di raggiungere una via di uscita. Stringo la mano di Oliver e corriamo via dal pericolo. Inizio a scorgere l'uscita quando un uomo spinge Oliver, che cade a terra. Mi fermo, cerco di raggiungerlo, ma la gente mi trascina verso l'uscita. Lui grida, lo vedo dimentarsi,  spingo e strattono, cercando disperatamente di riprenderlo, ma sembra che più io cerchi di raggiungerlo, più io mi allontani. Adesso sento solo le sue urla, sempre più flebili. Poi non lo sento più. Un uomo mi prende per il braccio e mi strattona, portandomi fuori da quell'inferno. Cerco di opporre resistenza, nonostante mi manche l'aria e faccia fatica a respirare. Ho solo un pensiero fisso: Oliver. L'uomo, stanco di trascinarmi, mi prende in braccio, mi porta in un corridoio, mi posa a terra e mi chiede: - Tutto bene? -. Io cerco di spiegare cosa è successo là dentro, ma l'unica parola sensata che mi esce dalla bocca è :-Oliver-.
Poi il buio.

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