4-Il Gelo

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Bianco.

Silenzio.

Ahia.

Queste sono le prime cose che penso quando mi sveglio.

Cerco di guardarmi intorno, ma avverto un dolore che mi toglie il fiato, sul busto. Mi sfugge un lamento. Ci riprovo, ma stavolta più lentamente e delicatamente, e riesco a mettermi seduta. Sono nella mia cabina: vedo il mio ordinatore, il rifrangente, che riflette il lettino di Oliver, il letto di Oliver... Oliver! Improvvisamente mi ricordo cosa è successo, nella foga cerco di alzarmi, ma il dolore mi riporta alla realtà; respiro profondamente, poi provo con più cautela a rialzarmi. A piccoli passi mi dirigo verso lo spazio-famiglia. Lì trovo mamma: sembra improvvisamente invecchiata, ha il viso scavato, è dimagrita ed è curva sul tavolo. Quando mi vede, mi sorride tristemente, poi mi abbraccia delicatamente. Non l'ho mai vista così. Sento l'ansia farsi spazio dentro di me, soffocandomi, ma comunque mi aggrappo all'ultimo brandello di speranza che mi è rimasto e mormoro con le lacrime agli occhi: -Oliver?-. La mia voce non sembra nemmeno la mia. -Mi dispiace Laetitia, mi dispiace tanto...-. In quel momento penso di aver persino sentito il rumore assordante del mio cuore che si spezzava. Oliver è... Non riesco a finire la frase. Mi siedo e lascio che le lacrime scorrano sul mio viso. Non sono io a piangere, è io mio istinto. Per me Oliver mi sta aspettando nella cabina che abbiamo condiviso, pronto a saltarmi in braccio e a mostrarmi i suoi disegni su un vecchio modello di foglio elettronico. Lui è ancora in cucina, sta lavando le verdure mentre racconta del suo livello. Per me è ancora sulla porta, aspettando di entrare, titubante, come la prima volta che ci siamo incontrati. Ma non c'è più. Non è rimasto niente di tutto questo. Tutto inutile, andato. Più cerco di fissarmelo nella mente, più piango. Più piango, più fa male, sia fisicamente che psicologicamente. Se non lo avessi lasciato andare così facilmente, se avessi gattonato verso di lui, se gli avessi fatto scudo con il mio corpo, lui sarebbe ancora qui, con la sua risata, i suoi occhioni neri, i suoi soprannomi... Se solo non fossi così debole... lui potrebbe ancora correre per la cabina, saltare sul materasso, giocare a fare il "Capitano", chiedere il perché di ogni cosa, meravigliarsi di tutto.

All'improvviso fatico a respirare, ogni volta che l'aria passa mi fa formicolare la gola, facendomi tossire. La mamma appoggia la mano sulla mia spalla, ma non trova le parole per consolarmi. Non ce ne sono di adatte. Rimaniamo così, in silenzio, cercando di non annegare nel dolore.

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