Non scadrò, qui di seguito, nel banale o nel tedioso, dicendo di dove le seguenti vicende si svolgano; e per quanto la deontologia di uno scrittore che seppur non talentuoso, si voglia definire quantomeno decente, implichi che si debba sempre fornire al lettore una rosa alquanto brulicante di dettagli circa ciò che si narra, percorrerò la strada della violazione di tale regola, non citando qui di seguito, la località ove le nostre azioni si svolgono.
Era la sera, o quel lasso di tempo che anticipa la sera e che di inverno si annuncia, almeno qua dalle nostre parti, con una nebbiolina fastidiosamente molesta – irritazione di ogni patentato – di qualche tempo fa ed io, il vostro narratore e protagonista – e il fatto che io ricopra ambo le cariche non comporta, almeno secondo il mio giudizio, conflitto di interessi – mi stavo recando di una certa urgenza presso il pronto soccorso della mia e forse nostra, se pure tu sei di qua, città.
Dopo aver rapidamente consultato il mio medico curante, e dico rapidamente proprio perché il dotto non mi rispose al telefono, contattai tempestivamente una ambulanza, affinché si recasse presso la mia abitazione e mi conducesse presso la struttura ospedaliera più vicina, che, per mia fortuna, non dista molto da qui.
Come molti di voi ormai sapranno, perché le voci in una cittadina di provincia come la nostra corrono quantomeno veloci, in quei tempi la mia salute si sarebbe potuta definire in molti modi ma non di certo florida. Da un poco di tempo avevo cominciato a soffrire di nausee ripetute, capogiri, crisi istantanee di ansia ripetuta. Un pomeriggio, molto simile per episodio alla sera di cui ora mi trovo a parlarvi, ero corso presso l'ambulatorio del mio medico, convinto e persuaso che il cuore mi stesse per esplodere nel petto, come se uno stormo di uccelli irrequieti mi avesse nidificato nel petto e in quel momento, dopo un inverno quieto, avesse deciso di spiccare il volo strappandomi il petto, nel tentativo di liberarsi.
Purtroppo per me, in quella occasione, non avevo potuto fare altro che constatare che lo studio del mio curante fosse pieno, oserei dire gremito di avventori che come me, reputavano di necessitare dell'attenzione del mio medico. Inutile dire qua di seguito della mia delusione e del focolaio di rabbia bieca che si infiammò dentro di me. Meditai a lungo – forse tre, quattro minuti, ed il fatto che in quel lasso di tempo non sia morto mi avrebbe dovuto chiaramente condurre alla deduzione che non stessi realmente morendo; ma ahimè queste sono riflessioni postume – e alla fine scelsi la signora che per fisionomia mi sembrò l'esemplare più caritatevole e le chiesi se potessi entrare, giusto per qualche minutino, al posto suo. La mia rabbia si spense immediatamente nello scoprire che la signora fosse tutt'altro che gentile – anzi, piuttosto seccata – e la rabbia come dicevo, fu completamente oscurata dal dispiacere generato dalla consapevolezza che il mio intuito si fosse sbagliato.
Attesi, di sicuro meno di quanto avrei dovuto attendere se non avessi chiesto a quella signora la cortesia di cedermi il posto, e venni ricevuto dal mio medico curante il quale, non vedendomi da mesi – da quando non mi ero recato da lui per farmi prescrivere un medicamento per un herpes – mi strinse calorosamente la mano, invitandomi a chiudermi la porta dietro di me.
Dopo avergli accuratamente esposto i sintomi, con la meticolosità che la mia angoscia del momento mi consentiva, si intende, mi mise al corrente del fatto che, senza ombra di dubbio, non ero stato altro che preda di un attacco di panico. Quindi proseguì sottoponendomi ad un rapido esame, con prova della pressione, e mi congedò consigliandomi di rivolgermi ad uno specialista – il cui nome mi suggerì, ma che in questa sede, probabilmente per l'emozione di scrivere qualcosa che verrà letto da voi tutti, non rammento – prescrivendomi all'occasione, delle gocce di Ombixapina, del quale certamente avrete sentito parlare, essendo rinomato come il farmaco delle "rockstar". A tal punto occorre fare un inciso specificando che circa la fama di quel medicinale io ne sapessi quanto voi, fino a poco fa. Fu proprio la sera della quale vi stavo parlando che, arrivato al bancone del triage, parlando con l'infermiera di guardia, scoprii questo curioso aneddoto.
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I sette racconti
Short StoryRacconti brevi, frenetici, abbarbicati l'uno sull'altro e incastrati l'uno dentro l'altro, inesorabilmente uniti come allo stesso tempo separati. Crediti per la copertina: Placeit