Alla paterna ombra di un salice

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Vengo raggiunto dalla notizia che è ormai mattinata inoltrata, o forse sbaglio si trattava delle due del pomeriggio, no sono sicuro di confondere gli eventi – in fondo penso che ad ognuno di voi sia capitato, di venire colto alla sprovvista da notizie che cancellano in voi ogni senso della percezione temporale – e ora che finalmente mi lasciate, almeno voi, un po' di tempo per riflettere a fondo, sono sicuro che la novella mi fosse giunta nella mattina e che nella confusione io abbia scambiato tutto ciò, con l'orario – appunto le due di pomeriggio – in cui mia moglie, undici anni orsono, mi chiamò per dirmi di avere accettato di sposarmi.

Allora ero da poco uscito dalla facoltà di legge, avevo ventinove anni – so che normalmente uno studente diligente, come ci si aspetta che uno studente di giurisprudenza sia, si sarebbe dovuto laureare ben prima, me ne scuso, e forse un giorno vi racconterò i motivi di tal ritardo – la testa piena di sogni e le tasche vuote di soldi. Volevo cambiare il mondo e non sapevo ancora che ben presto il mondo avrebbe invece cambiato me, e così, decisi di iniziare il mio cursus honorum in uno studio legale della mia città di origine che ad oggi – dati aggiornati alla mano – non conta di più di ventimila anime. Lo so, so cosa vi starete chiedendo. Come sarà possibile che una persona come me, che come sapete oggi gode di buona fama proprio per la sua carriera giurisprudenziale, per essere stato il pubblico ministero che ha risolto con tanta fulgidezza il caso Morroni, vi starete chiedendo come sia stato possibile che abbia iniziato la sua vita professionale in una topaia come il mio paese; e dico ciò sperando che nessuno si scandalizzi se oso attribuire tale nome al paese che mi ha dato natali. Ma si sa, al giorno d'oggi lo sputo nel piatto dal quale ci si è cibati par essere divenuto disciplina nazionale e penso che uno sputo in più o uno in meno non farà di tanto la differenza.

A proposito di ciò, per attenuare l'astio che molti di voi cominceranno a provare nei miei confronti, vi racconterò un aneddoto riguardante proprio quanto da me sopra detto. Due anni fa, ritornato in paese per delle pratiche riguardanti la cessione di una casa, dopo la scomparsa di mia madre e prima che mio padre si stabilisse stabilmente da noi, incontrai un mio amico di infanzia per le vie del suddetto paese – il quale giuro e garantisco di non aver visto per almeno dieci anni. Scambiammo un paio di battute, lui mi porse le sue condoglianze per mia madre, io mi congratulai con lui per la nascita della sua terza bambina. Fu proprio nell'atto di congedarci che lui, ridendo, mi disse quanto segue: - Almeno tu ci sei riuscito, hai fatto proprio bene a scappare da questa topaia – e da lì non lo vidi più. Fui solo catturato, da lì a poco, forse sei o sette mesi, dalla notizia che Isabella, sua madre, che tra di noi era famosa per le sue crostate di ciliegie che ci scodellava quando eravamo solo dei lattanti, era passata a miglior vita.

Rimasi alcuni giorni con le dita ferme sulla tastiera del telefono, pronte a digitare il suo numero, ma alla fine non lo chiamai, forse le nebbie degli anni avevano depositato sulla mia coscienza una certa dose di indifferenza per coloro che distassero di pochi centimetri anche dalla mia zona di influenza e siccome non ricordo che lui sia mai stato tra quelli che mi abbia chiamato per congratularsi per il mio ingresso in magistratura – e ve lo assicuro, furono davvero tanti – preferii soprassedere. Per tutti coloro che sperano che questo sia l'inizio di una confessione nella quale il sottoscritto Andrea Bonomo, pubblico ministero, cominci a lasciarsi cadere dalle tasche confidenze sulla propria carriera o sul caso Morroni – essendo che la vista di due gemelle morte, con la giugulare recisa in una vasca da bagno, fu ciò che tenne il nostro paese con il fiato sospeso per almeno cinque anni, e sarebbe comprensibile se tale trepidante attesa venisse sfogata su queste pagine – dovrò dire qui di seguito, che tutto ciò non avverrà. Colgo quindi l'occasione di scusarmi con coloro che ingenuamente hanno comprato questo libro solo a tal proposito, invitando i signori a rivolgersi al mio editore il quale, pur odiandomi per questo, non potrà far altro che ascoltare le vostre richieste.

I sette raccontiWhere stories live. Discover now