Capitolo 1: IL TRAGITTO

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Dalla mia abitazione in centro a Los Angeles, a quella di Pablo in periferia, c'erano circa venti minuti d'auto.

Durante il tragitto mi misi a riflettere sul mio passato...

Da piccolo ero un bambino silenzioso, mi è sempre piaciuto ritirarmi nella mia interiorità ed analizzare in ogni minimo dettaglio i gesti e le azioni altrui, per capirne il significato e le conseguenze.

Perché se ogni azione che compiamo fosse priva di un significato e di una motivazione di fondo, molto probabilmente saremmo ancora delle scimmie.

Non avevo molti amici, i soli ed unici amici che avevo erano le mie ambigue personalità, potevo tramutarmi in qualsiasi momento abbia preferito, in una persona Egoista o Altruista, Ipocrita o Franca e Trasparente, Emotiva o Razionale, oppure Tranquilla o Malata di adrenalina.

A volte mi sedevo con loro a tavola e ci giocavo a poker fino alle 4 del mattino, ma non finiva bene perché Egoista litigava con Altruista, Razionale con Emotiva e via dicendo, fino a quando ogni volta Tranquilla veniva presa a pugni da Malata di adrenalina.

Ecco perché Pablo era mio amico, sebbene non andassimo d'accordo praticamente su niente, lui era malato di adrenalina come me, mi correggo, come una delle mie tante personalità.

Arrivai a casa sua, mi accomodai e lo salutai con una pacca sulla spalla, non aveva un bell'aspetto, stranamente era solo un po' ubriaco.

Mi disse:

"Ciao Byron..." con occhi lucidi e tristi, poi continuò:

"A malincuore devo darti una brutta notizia, ho bisogno di abbandonare i nostri affari per un po' di tempo";

"Che succede fratello? Raccontami" gli risposi con tono comprensivo.

Scoppiò in lacrime, forse per colpa dell'alcol che aveva in corpo, mi sembrava di parlare con l'ubriacone di un villaggio irlandese, ma successivamente capii il motivo di così tanta sciagura.

La conversazione non fu tanto lunga ed intensa, mi disse solamente che non poteva più aiutarmi con gli affari momentaneamente, perché suo padre era appena morto e doveva trasferirsi in Australia per un po' di tempo per stare vicino alla madre, rimasta vedova, temeva una sua caduta in depressione.

Sì, lui aveva origini australiane, ma viveva negli Stati Uniti, in un paesino ad un paio di isolati dalla mia abitazione.

Ovviamente non me la presi e nemmeno mi arrabbiai, gli dissi che ero davvero affranto per questo suo dramma familiare e che non doveva preoccuparsi, perché mi sarei occupato io di gestire tutto il nostro business, dopotutto, se cè una cosa per la quale gli affari meritano di essere trascurati, quella cosa è la famiglia, indiscutibilmente.

Così mi chiese di passare un'ultima serata in compagnia, a far festa e a divertirci, prima del volo che lo attendeva l'indomani mattina, ovviamente accettai.

Decidemmo di andare al "Sound", un Nightclub pieno di belle ragazze e con dell'ottima musica, l'ideale per passare una serata elettrizzante.

Ci recammo al bancone per ordinare due cocktail, io ero ancora completamente sobrio, Pablo erà già un po' alticcio.

Nell'attesa di ricevere il drink, mentre stavo osservando i suoi gesti ed i suoi sguardi, mai come in quel momento mi resi conto che eravamo tanto diversi quanto uguali come due gocce d'acqua.

Vedete, era identico a me, possedeva anche lui tutte quante le mie personalità, per questo era molto imprevedibile, l'unica personalità di cui non beneficiava era quella razionale. dai, nessuno è in grado di essere razionale e di ragionare al pieno delle proprie capacità quando è fatto!

L'unica differenza tra me e lui, anche se abissale, era che lui aveva bisogno di una droga diversa per trasformarsi nella persona che avrebbe voluto comandare in quel momento.

Quella sera per esempio era sbruffone e disinibito, ma allo stesso tempo anche altruista ed amico di tutti, l'alcol lo faceva diventare così.

Mentre stavo ritirando il mio coca-jack, venni colpito da una spallata sulla schiena che me ne fece rovesciare metà sul bancone, feci un breve sospiro e mi girai, indovinate? Era Ross.

Ross era il nostro compagno di serate e a tutti gli effetti il nostro bodyguard, era un ragazzo di origini russe alto circa due metri con la stazza da lottatore di wrestling, era rimasto orfano in età adolescenziale, e si era trasferito negli Stati Uniti con lo zio per fuggire dalla povertà del suo paese natale.

La sua natura era violenta, ma non ci avrebbe mai toccato nemmeno con un dito, diceva che noi eravamo la sua famiglia.

Era l'emotività in persona, non possedeva la facoltà di controllare i propri impulsi e di ragionare, se per lui qualcuno ci stava guardando minimamente male, quel qualcuno veniva preso a mazzate.

"Fanculo" gridò con tono arrogante contro il barista;

"Che vuoi?" rispose quest'ultimo;

"Ti avevo chiesto un vodka-redbull liscio e mi hai dato una vodka-soda con ghiaccio, che razza di servizio è questo!" continuò Ross sbraitando;

"Mi dispiace, ma non sono tenuto a fartene un altro, a meno che tu non lo paga.."rispose il barista;

"Stronzo!" replicò Ross lanciandogli il cocktail in faccia.

Così intervenne un collega in difesa del povero barista colpito, che ebbe la brillante idea di dire a Ross: "Senti amico, credo che dovresti darti una calmata, stai facendo un sacco di casino!".

Finita la frase io e Pablo ci guardammo, sapevamo già cosa stava per accadere, scene già viste e riviste, nessuno può dire a Ross di calmarsi quando è agitato Nessuno! Perde completamente le staffe e va su tutte le furie.

Fu cosi che saltò il bancone e iniziò a prendere a pugni sia il barista che il collega che era incorso in sua difesa, purtroppo, quando ce ne rendemmo conto e provammo a tranquillizzarlo per evitare inutili risse, era già troppo tardi, perché arrivo la polizia che se lo porto via con sé.

Tra me e me, mi chiesi se fosse stato giusto essere emotivi ed impulsivi come Ross, perché anch'io a tratti lo ero, lo ero quelle poche volte in cui seguivo i miei istinti e sceglievo di compiere quelle azioni che sentivo di fare da dentro, anziché scegliere la via più ragionata.

Solitamente ero razionale e non mi facevo condizionare troppo dalle mie emozioni, tranne rare volte insomma, ero emotivo quel poco che mi consentiva di non essere una marionetta dei miei impulsi, in modo da fare la scelta migliore per me, e non per forza sempre quella più giusta, dettata da comuni stereotipi e finte regole sociali.

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