六|06

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ーshowdown, 摊牌

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showdown, 摊牌

per ogni metro che le gomme percorrevano sull'asfalto l'ansia di Jeno aumentava. aveva cercato di sembrare calmo davanti ai due coinquilini, ma sapeva benissimo dove fosse diretta la macchina nera nonostante i finestrini oscurati, e questo lo spaventava:

l'immenso edificio con finestre di vetro.

"sì, è qui con noi."
"no, non c'è nessun altro."
"tra poco saremo lì."

giurò di sentir parlare di armi di varia natura. la situazione sembrava peggiore di quanto avesse immaginato, perciò decise di sfruttare la disattenzione degli uomini nella stessa automobile per inviare a Jaemin la posizione del luogo di lavoro di suo padre.

"in caso non tornassi" recitava il suo messaggio.

sfortunatamente qualcuno lo vide. un colpo alla testa. buio.

si svegliò quando qualcuno sfilò una benda dal suo viso, la testa ancora dolorante.

diede una rapida occhiata all'ambiente circostante, notando di essere legato alle gambe e ai polsi. si trovava davanti a un lungo tavolo dall'aria professionale in un ufficio alquanto ampio.

quanto tempo era passato?

l'uomo che lo sbendò poco prima fece entrare nella luminosa stanza lui. il completo nero gli dava un'aria professionale mentre si sedeva a capotavola fissando il castano negli occhi.

"ci incontriamo di nuovo" affermò con un sorrisetto superbo stampato sul volto, mentre congiungeva le sue mani davanti a sé.

"cosa vuoi da me, padre? non ti bastava avermi cacciato di casa?" rispose Jeno protendendosi verso l'uomo in questione con uno scatto violento, ma le resistenti manette in nylon non gli permisero di avvicinarsi.

"davvero pensavi ti avrei lasciato tranquillo dopo aver disonorato l'intera famiglia e il suo nome? ammetto di aver agito d'impulso all'inizio, ma ora non lascerò che tu vada in giro senza una punizione adeguata."

gesticolò all'uomo dietro a suo figlio di continuare con quello che avevano pianificato, tendendo il dito indice verso un punto indefinito dietro alla porta verniciata di nero. il castano si ritrovò davanti un piccolo tavolino con ruote con vari oggetti affilati sopra di esso.

"quale preferisci provare prima?" chiese avvicinandosi al figlio lentamente, muovendo i capelli ingrigiti finiti sugli occhi scuri.

"sei un fottuto psicopatico." farfugliò Jeno incredulo, riuscendo comunque a rivolgere uno sguardo intimidatorio all'uomo, per poi sputargli dritto in faccia.

suo padre non esitò a tirarlo per il collo della maglia e avvicinare il volto al suo.

"non permetterti mai più, disgraziato" sussurrò prima di lasciarlo andare, facendolo atterrare pesantemente sulla sedia di prima.

"che ne dici di questo coltello affilato? dovrei iniziare col tagliarti quella cazzo di lingua?"

si avvicinò di più.

"o dovrei marchiare il viso che piace tanto a quel tuo nuovo ragazzo?"

sentì il cuore sprofondare. il suo ragazzo? sarebbe almeno riuscito a rivederlo?

e tic tac, il tempo scorreva lento.

"vomitevole. sai quanta vergogna provavo ogni qual volta mi sentivo dire che giocavi alla coppia con un altro uomo? per dio, che schifo!"

Jeno era quel tipo di persona che piangeva quando la rabbia lo assaliva, non sopportava l'impotenza che aveva sui sentimenti: per questo piccole lacrime iniziarono a solcare le sue guance.

"adesso ti metti pure a piangere come una femminuccia? incredibile." si passò una mano tra i capelli grigi sghignazzando.

"chiudi la bocca."

"ora giochiamo al maschio alfa eh? diresti la stessa cosa se..." la fredda lama sfiorò la guancia del ragazzo, che ben presto iniziò a tinteggiarsi di rosso. "... ti puntassi questa addosso?" chiese prendendo dal carrello una pistola lucente. fece cenno all'uomo che lavorava per lui di andarsene, che urtò il carrellino inconsciamente facendolo spostare indietro. Jeno notò che anche il piano inferiore era ricoperto di oggetti affilati. "vorrei che questo fosse un momento intimo, capisci?"

fu in quel momento che una scintilla di speranza mise in allerta tutti i sensi del giovane: si udirono delle sirene in lontananza. avvalendosi del temporaneo disorientamento del padre, riuscì a raggiungere il piano sottostante del carrello e prese un piccolo coltellino svizzero, tagliando successivamente le manette di nylon e liberandosi. in poco tempo scappò dall'asfissiante ufficio, nonostante la sua fuga fu seguita da rumorosi spari.

notò il sangue che zampillava dalla sua gamba solo quando crollò sulle scale dell'edificio, sentendo vari passi avvicinarsi; era fottuto. chi non si aspettava di veder salire era il ragazzo a cui pensava fin dalla sua entrata nell'infernale macchina nera: Jaemin era davanti a lui, con il fiatone, che metteva le sue braccia sulle spalle e lo aiutava a scendere con gli occhi lucidi.

"come hai fatto ad entrare?"
"ho chiamato la polizia e sono corso qui, hanno buttato giù la porta e sono riuscito a passare tra gli agenti senza che mi vedessero per venirti a prendere"
"sai che stai rischiando la tua vita vero?"

ad ogni gradino i loro respiri si appesantivano fino a che non riuscirono a raggiungere l'esterno, cadendo sulla strada di cemento circondati da poliziotti urlanti. erano inginocchiati, uno davanti all'altro, quando il biondo prese tra le mani il volto dell'altro ragazzo e si lasciò sfuggire un "ti amo" tra i loro respiri affannati che si mescolavano. e quello fu il momento dove gli occhi di Jeno diventarono bianchi e lui cadde a peso morto sbattendo la testa sul terreno.

per Jaemin gli attimi successivi si susseguivano offuscati; il ragazzo messo di peso su una barella. una corsa contro il tempo verso l'ospedale. il sangue cremisi che impregnava di rosso il lenzuolo posato sopra alla ferita. una corsia affollata. grida di uomini vestiti di una divisa rosa diretti verso la sala operatoria. un signore che lo ferma dicendogli di non poter andare oltre. le lacrime sulle sue guance mischiate al dolore che incombeva su di lui, pronto a farlo suo.

dopo non poche ore, mentre Renjun era lì con lui a consolarlo, un infermiere lo approcciò dicendo che il proiettile non aveva colpito nessuna zona rischiosa e che si sarebbe ripreso nel giro di due settimane massimo. il biondo corse verso la camera assegnata a Jeno ed entrò senza fare troppi complimenti, avvicinandosi al ragazzo.

"anche io." sussurò il castano.

"anche tu cosa?" chiese Jaemin confuso.

"anche io ti amo."

e così, i due si unirono in un dolce bacio.

𝙧𝙤𝙤𝙢𝙢𝙖𝙩𝙚𝙨 ⤿ₙₒₘᵢₙDove le storie prendono vita. Scoprilo ora