One

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Conduci una vita ai margini non perché gli altri ti disprezzano, ma sei tu che non capisci te stesso. Sei strano, volutamente, e vuoi perderti in emozioni più forti della capacità che saresti disposto a sopportare. Così quella diga si rompe. Tutto diventa assordante nella tua testa: i pensieri, i desideri; amplificati all'ennesima potenza e solo la tua voce rimane silente, atona, incapace di uscire allo scoperto.

May le ha provate tutte, non sa che di notte ti dilegui per assumerti responsabilità che nessuno ti ha chiesto, perché ogni fibra del tuo essere ora è Spider-Man, che vorresti andartene ma non dal quartiere del Queens. Solo andare via, però non si può. Studi scienze, ami chimica, di tanto usi a tuo piacimento anche la filosofia e non hai capito ancora dove sta quel posto, nel mondo, che tutti hanno trovato tranne te. Sarà l'esuberanza o la pubertà ma sei stanco e usi ogni palazzo del quartiere, te ne appropri, come riscatto o dono per ciò che fai, per pensare. Ma questa sera non è come le altre. New York sembra essere uscita da un romanzo di Raymond Chandler, vedi tutto nero. Odi un piccolo pezzo di Ella Fitzgerald, puoi avvertire il ritmo di Armstrong riecheggiare in qualche lembo underground che la città offre.
Solo tu lo riconosci come se fossi ad Harlem.

Ma sei emotivamente provato e indossi le cuffie che hai acquistato dopo il lavoro part-time, quelle economiche e senza fili. Fai partire i The Cure, con quella canzone che ti spiazza sempre: Disintegration.

Oh, I miss the kiss of treachery
The shameless kiss of vanity
The soft and the black and the velvety
Up tight against the side of me

Ad un certo punto avverti un tonfo troppo assordante per non poter essere udito, non si tratta di uno schianto banale ma lo vedi, quasi come ogni sera, quell'uomo d'acciaio che ammiri da una vita. Sblocca la parte superiore dell'armatura e mostra il viso un po' emaciato, ma abbastanza in salute da poter addentare il solito Cheeseburger. Neanche stasera hai il coraggio di avvicinarti a Tony Stark, tu e la tua dannata inadeguatezza. Non riesci proprio, a farcela. Ma mentre lo osservi i suoi occhi finiscono nei tuoi, casualmente, per il rumore che hai causato inciampando nella canale. Provi a scappare, lui è più veloce. Avverti i propulsori partire, non puoi farcela e ti blocchi sgranando gli occhi.

Le auricolari finiscono a terra, lui ha ancora un pezzetto d'insalata sulle labbra che fa cadere prontamente. Il vostro sguardo è simile a un protocollo di sicurezza: le vostre iridi passano al vaglio di un'attenta analisi e fremono nell'attesa di essere riconosciute. Sei un po' un codardo, ancora non parli. Lui sembra aver capito e abbassa la mano, i propulsori si spengono.

"Chi sei? " ti chiede con urgenza, sembra quasi un imperativo. Ma tu sei solo quel ragazzino che lo osserva in silenzio da una vita: prima su dei magazines di scienze, poi in TV, altre volte sullo schermo a Times Square, altre ancora, qui, su questo palazzo.
"Chi sei?" ripete questa volta quasi digrigna i denti, avvicina la sua posizione alla tua.

Il tuo cervello, nell'immediato, sembra recepire il messaggio. Elabora le informazioni. "Peter Parker ," quasi lo sussurri, con insicurezza. Lui ti fissa; dopo una breve attesa si prepara a una risposta
"E che cosa ci fai qui, Parker? "Come puoi essere qui? A questa altezza? La frenesia causata dalla risposta che dovresti dare, e l'avercelo lì davanti, ti mette a disagio .

"Io... "tossici piano, vorresti temporeggiare "questo è uno dei miei posti preferiti, c'è una scala e ascolto la musica. Quando posso vengo qui." Una mezza verità che lui reputa, dal suo sguardo pungente, una mera bugia.

"Una scala che ti porta al ventesimo piano? Sul ciglio del nulla?" Chiede con sarcasmo.
"Ma davvero? Non avevi intenzione di buttarti nel vuoto vero? Perché stasera sono libero e odio essere loquace o salvare sempre il mondo. " Questa forma di sarcasmo, se vogliamo black humor, era fastidiosa. Ma lo avevi riconosciuto; si trattava esattamente dello stesso Stark visto in TV.

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