𝘼𝙢𝙚𝙩𝙞𝙨𝙩𝙖

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"Non potete fare sul serio!" esclamai non appena scesi dal posto del passeggero della macchina di Jin, osservando con cipiglio l'insegna del locale poco distante dal punto in cui ci eravamo fermati "Era questa la vostra idea di divertimento per il...

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"Non potete fare sul serio!" esclamai non appena scesi dal posto del passeggero della macchina di Jin, osservando con cipiglio l'insegna del locale poco distante dal punto in cui ci eravamo fermati "Era questa la vostra idea di divertimento per il mio compleanno? Davvero?".
Ricevetti una vigorosa pacca sulla spalla da parte di Yoongi che, nel frattempo, insieme a tutti gli altri, aveva lasciato le chiavi della sua auto al parcheggiatore e mi si era affiancato: "Rilassati, Nam, abbiamo pensato che una serata diversa dal solito avrebbe fatto al caso tuo!" lo sentii sghignazzare sotto i miei muscoli contratti dal nervoso "E poi, l'hai detto anche tu oggi in facoltà, no? I festeggiamenti per i venticinque anni sono una tradizione per la tua famiglia, vanno celebrati al meglio".
"E avete avuto la brillante idea di portarmi in un bordello?!" mi voltai verso di lui, incontrando i suoi occhi, e riducendo la mia voce ad un sussurro strozzato. "Oh, andiamo, non essere così sorpreso!" continuò "È da quando eravamo ragazzini che ci siamo ripromessi di farci almeno un salto nella nostra vita, non fare tanto il drammatico: vedrai, se sarà come dicono in giro, sarà un'esperienza indimenticabile".
"Yoongi, per la miseria, la gente mi potrebbe riconoscere, lo capisci?! Potrebbero parlare, la notizia arriverebbe per forza di cose alle orecchie di mio padre e sarei finito!" quasi urlai col cuore in gola "Sono ad un passo dal coronare il mio sogno di diventare il successore di mio padre presso la ditta di famiglia, non posso permettermi di fare passi falsi, è assolutamente inconcepibile!".
"Il tuo sogno o quello di tuo padre?" mi istigò con fare malizioso lui. Il respiro si fece pesante e sentii la rabbia crescere nel petto. Se non fossi stato educato fin da bambino a non rispondere con la violenza alle provocazioni, quello sarebbe stato il momento perfetto per tirargli un pugno sul naso.
"Se continuate a comportarvi in modo così immaturo, la gente che passa di qui avrà sicuramente qualcosa di cui parlare!" intervenne Jin ridacchiando, nel tentativo di calmare gli animi "Namjoon, ascolta, non sei obbligato ad andare a letto con una ragazza qua dentro se non te la senti, ma se la tua unica incertezza è quella dell'opinione che i presenti potrebbero farsi su di te, te l'assicuro, non hai nulla di cui temere".
"Che cosa intendi?" domandai, ormai curioso per aver visto lanciare il sasso e ritrarre la mano all'istante.
"Hai presente oggi in Università, quando Taehyung ha accennato al prezzo che abbiamo dovuto pagare per la serata?" sospirò, passandosi una mano tra i capelli pettinati alla perfezione. Mi limitai ad annuire, aggrottando le sopracciglia scure come per invitarlo a proseguire.
"Diciamo che buona parte del conto comprendeva la riservatezza da parte del personale che si sarebbe preso cura di noi questa sera," fece spallucce "se ne sono occupati personalmente Jimin, Taehyung e Jungkook che, in quanto a pararsi il culo, se ne intedono".
Spostai lo sguardo su di loro, interrogandoli silenziosamente: "In poche parole, se dovesse anche solo per caso trapelare la notizia che ci trovavamo qui dentro, saremo autorizzati a ricorrere ad azioni legali immediate:" si affrettò a spiegare Jimin "non solo potremmo dire di non essere mai stati presenti, ma ci sarebbe anche una più che buona possibilità di incassare una bella cifra di danni morali per calunnie".
Ci fu qualche secondo di silenzio che sfociò in uno sbuffo sollevato da parte mia: "Solo da questo, si capisce che sarete dei futuri avvocati degni di nota" commentai. "Lo prendiamo come un complimento" sorrise entusiasta Jungkook, sistemandosi con fare superbo la cravatta ma, allo stesso tempo, ridacchiando sotto i baffi.
"Andiamo, Joon!" Hoseok mi afferrò le mani, stringendole nelle sue "Se l'intrattenimento non sarà di tuo gradimento potremmo sempre andarcene da qualche altra parte: che ti costa provare?". Gli sorrisi, annuendo; "Ho solo una domanda da farvi:" parlai "perché avete scelto proprio questo posto?".
"Innanzitutto perché, come ti abbiamo già detto, erano anni che sognavamo di vedere il più famoso locale per single di Seoul," iniziò a elencare Taehyung sulle dita di una mano "e poi anche perché negli ultimi mesi sembravi decisamente giù di corda: d'altro canto, quale modo migliore ci potrebbe essere per festeggiare un evento tanto importante come i tuoi venticinque anni se non con alcool a volontà e belle donne?".
Per quanto mi costasse ammetterlo, ero stato proprio io in primis a promettermi di accantonare per qualche ora i miei problemi familiari, a ripetermi che mi sarei goduto ogni istante di quella breve libertà prima del matrimonio che, per forza di cose, avrei comunque dovuto annunciare.
"D'accordo, d'accordo:" alzai gli occhi al cielo mentre un piccolo sorriso si faceva strada sulle mie labbra "da dove si entra?".
Delle prolungate urla di vittoria riempirono il viale presso cui ci eravamo fermati a parlare finché un paio di mani, che identificai come quelle di Jimin, si poggiarono sulle mie scapole, spingendomi lungo la strada marmorizzata che conduceva al locale distante giusto qualche metro di camminata: costeggiammo il perimetro dell'enorme costruzione fino a ritrovarci presso l'entrata già gremita di persone. La fila si snodava per metri e metri tra le transenne dorate, ma bastò che Yoongi scambiasse qualche parola col buttafuori per permetterci di superarla senza problemi: probabilmente, tutti coloro che usufruivano del servizio privato del locale avevano una sorta di precedenza rispetto a chi entrava senza esserne a conoscenza. Dopotutto, solo una fetta scelta dell'élite della borghesia sapeva cosa effettivamente succedesse al di là dei quello che si pensava fosse un semplice bar notturno.
Un uomo vestito con uno smoking estremamente elegante ci raggiunse presso l'ingresso e, senza proferire parola, ci fece cenno di seguirlo non appena consultò un palmare di ultima generazione con la prenotazione fatta da Yoongi: venimmo accompagnati all'interno del locale, dove la musica era già stata alzata al massimo per permettere ai clienti di ballare al centro della pista mentre la minoranza dei presenti continuava a conversare a fatica tra di loro nella comodità dei divani in pelle che probabilmente aveva prenotato con mesi d'anticipo.
Passando tra la folla venni più e più volte urtato da persone troppo occupate a lasciarsi trasportare dal ritmo della musica per prestarmi attenzione o anche solo per scusarsi con me, ma cercai di non darvi troppo peso considerando che meno avessi dato nell'occhio, meno possibilità avrei avuto d'essere riconosciuto. Camminai a testa basta per un lasso di tempo che mi parse infinito finché non mi ritrovai insieme agli altri presso il lato opposto dell'ingresso, punto in cui venimmo fermati. Una tenda rossa ricopriva l'intero lato dell'enorme sala e nulla dava l'idea che ci potessero essere qualcosa aldilà di essa: l'uomo, dopo essere sparito per qualche minuto d'orologio, ci porse quelle che sembravano sette maschere dall'aspetto inquietante. Ognuna di esse, l'una diversa dalle altre, aveva delle forme geometriche confuse stampate sulla superficie e due nastri attaccati nei pressi degli zigomi cosicché potessero essere intrecciati nel retro nella nuca, evitando così che scivolasse via dal viso.
Le indossammo velocemente e solo in quel momento l'uomo scostò leggermente la tenda per rivelare una porta nascosta su cui spiccava un cartello di divieto d'entrata ai non addetti. Non appena venne aperta da un paio di giri di chiave, fu come scoprire un nuovo mondo: una sala ad occhio ben piu grande rispetto a quella principale si estendeva davanti ai nostri occhi tra moquette rossa e carta da parati dorata, grandi lampadari di cristallo pendevano dal soffitto emanando una luce estremamente fioca nonostante la loro dimensione e rendendo così l'ambiente talmente intimo da farmi deglutire in preda allo sgomento. La musica che riempiva l'abitacolo risultava lenta e sensuale alle mie orecchie e solo più tardi mi resi conto essere suonata dal vivo da una piccola orchestra composta da archi e strumenti a fiato su un piccolo palco rialzato posto sul lato nord. Incredibilmente, la musica proposta dall'altra parte del locale non sembrava interferire con l'atmosfera di quella sala: pensai che le pareti dovessero essere insonorizzate per creare un luogo in cui le onde sonore di uno stile come l'hip-hop non sovrastassero quelle di una musica tanto dolce come quella classica.
Tuttavia, non furono quelli gli aspetti che mi sorpresero maggiormente: ero abituato al lusso, avevo sempre vissuto a stretto contatto con gli alti tenori di vita della mia famiglia, ma mai in vita mia avevo visto un locale gremito di uomini indossare maschere l'una diversa dall'altra mentre conversavano o tentavano anche solo di approcciarsi all'enorme numero di ragazze presenti nella sala, anch'esse coperte in viso da una maschera unica nel loro genere.
"Benvenuti al Jewel Mess!" la voce dell'uomo che ci aveva accompagnato fino al tavolo prenotato mi fece tornare coi piedi per terra mentre ci indicava gentilmente con un braccio teso di accomodarci "Gradite qualcosa da bere con cui iniziare al meglio la vostra esperienza?".
"Whiskey," parlò all'istante Yoongi prendendo posto sul divanetto di pelle bianca "whiskey invecchiato per tutti: a questo giro offro io".
L'uomo annuì e, dopo averci congedati con un inchino, sparì tra la folla con la nostra ordinazione.
"Quindi," sospirai nel sedermi a mia volta "cosa prevede la serata?".
"Non avere fretta, tutto ti sarà spiegato a breve Nam:" ridacchiò Yoongi accavallando le gambe e togliendosi il cappotto "nel frattempo, dimmi, di che contrattempo parlavi al telefono?".
"Oh, ecco-" esitai un istante nel vedere con la coda dell'occhio una delle ragazze passarci accanto con fare malizioso "il padre di Liu non ha potuto partecipare alla cena che i miei genitori avevano preparato a causa della cancellazione del suo volo da Pechino, quindi ho pensato che non avrebbe fatto male a nessuno se avessi sfruttato un abito nuovo di zecca per uscire con i miei amici".
"E hai pensato benissimo," applaudì Taehyung senza neppure cercare di nascondere la sua eccitazione "anche se non credo che ti servirà a molto non appena si entrerà nel vivo della serata".
Venne fulminato all'istante dallo sguardo severo di Seokjin che si attivò subito per non darmi la possibilità di chiedere chiarimenti su una frase tanto ambigua: "Siamo contenti tu sia riuscito a farcela," disse "non sarebbe stato lo stesso senza il festeggiato".
"Non ci saremmo proprio venuti in realtà se non ci fossi stato tu" ammise Jungkook, facendo spallucce "quindi grazie per essere qui".
"Lo dici perché eri il primo a voler venire qui, non è vero?" lo punzecchiai con una battuta alla quale tutti risero divertiti. Risi anche io, finalmente sentendomi un po' più sollevato dalla serata all'insegna dell'ansia che mi avrebbe aspettato se solo tutto fosse andato come i miei avevano progettato. Era bello essere lì con loro, con coloro che avevo sempre considerato come la mia unica, reale famiglia: dopotutto, ogni momento, che fosse piacevole o meno, lo avevo condiviso con loro, non certo con mia madre o, men che meno, con mio padre.
"Signori, ecco a voi il vostro whiskey:" annunciò la voce dell'uomo tornato dal bar "dunque, posso sapere chi è il fortunato che si sottoporrà alla pesca di stasera?".
Nel momento in cui mi porse il drink ghiacciato i nostri sguardi entrarono in contatto e non mi risparmiai dall'aggrottare le sopracciglia in totale confusione. "Oh, perdonatemi, è la vostra prima volta, dico bene?" domandò in imbarazzo dopo aver consultato velocemente il palmare "Nessun problema, volete che vi spieghi come funziona?".
"Come funziona cosa esattamente?" chiesi all'istante, poggiando il bicchiere sul tavolo davanti a me. Una spiacevole sensazione si fece strada nelle mie viscere, aumentando d'intensità non appena sentii i ragazzi accanto a me sghignazzare in segno di complicità.
"La pesca, signore!" ripeté cortese, puntando un dito verso un'incisione sul muro "Il nostro locale esclusivo possiede questo motto fin dal primo giorno di apertura al pubblico e proponiamo un intrattenimento unico nel suo genere".
'Lasciati guidare dalle nostre pietre preziose, rilassati, e abbandonati al vero piacere: non sarai mai più lo stesso.' era la frase che recitavano le parole impresse tra le linee dorate della carta da parati.
"Si tratta semplicemente di attingere da questo vaso pieno di chiavi per sceglierne una e, ad ognuna di essere, corrisponde una delle nostre bellissime ragazze:" continuò lui, mostrandoci un piccolo contenitore di vetro pieno per metà da altrettanto minuscole chiavi, agganciato alla sua cintura "a mezzanotte in punto, tutti coloro in possesso di una chiave sono invitati a cercare tra la folla colei che porta al collo il lucchetto accoppiato alla chiave pescata. Ogni singolo lucchetto corrisponde ad un pietra preziosa e, se lo si riesce a trovare, il fortunato avrà la possibilità di passare la notte con lei come meglio crede".
Dire che ero confuso sarebbe stato un eufemismo. Tuttavia, prima che potessi chiedere ulteriori spiegazioni, i ragazzi accanto a me puntarono un dito nella mia direzione recitando in coro che il prescelto per quella sera fossi io.
Cercai di oppormi scuotendo la testa e facendo cenno di no con le dita delle mani ma l'uomo che ci aveva serviti si era già congratulato con me per poi costringermi con insistenza a prendere il vasetto tra le mani. Senza che neppure me ne accorgessi, avevo già pescato alla cieca una piccola chiave argentata e dai delicati intarsi floreali su tutta la lunghezza del manico.
La informo che mancano dieci minuti a mezzanotte signore:" mi avvisò allora il cameriere finalmente soddisfatto "le consiglio di affrettarsi a finire il suo drink".
E così com'era arrivato, se ne andò, lasciandomi più confuso di prima.
"In questo caso, visto che il tempo sembra stringere, direi di fare un brindisi veloce:" Hoseok si alzò in piedi, portando in alto il suo bicchiere di whiskey ghiacciato "a Namjoon e ai suoi venticinque anni, sperando che questa sia una serata che non dimenticherà facilmente!". A quelle parole, anche gli altri copiarono i suoi movimenti, facendo tintinnare i bordi dei propri bicchieri gli uni con gli altri: "A Namjoon, il migliore amico che si possa desiderare!" cantarono in coro mentre io continuavo a chiedermi in cosa diavolo mi stessi invischiando.
All'improvviso però, ricordai cosa mi ero promesso.
Non pensare.
Agisci e basta.
E in un secondo, mi ritrovai anch'io a far scontrare il mio bicchiere coi loro, trangugiandone poi il contenuto in un solo sorso. La gola iniziò a bruciarmi pressoché all'istante, tanto che non riuscii a trattenermi dallo storcere il naso: nonostante quello, tuttavia, ebbi la forza, o per meglio dire la sconsideratezza, di ordinare un altro giro a mie spese. E un altro ancora.
Ero sempre stato un ragazzo che non si privava dell'ebrezza di avere dell'alcool in corpo, soprattutto se si trattava di un bicchiere di buon vino rosso, ma non mi ero mai spinto oltre l'essere leggermente brillo. I tre bicchieri consecutivi di whiskey tuttavia non si rivelarono essere leggeri come il vino che ero solito sorseggiare lentamente per assaporare ogni più piccola sfumatura, bensì furono un mix che mi fecero diventare molto meno disinibito e più amichevole del solito, il che, pensai, mi avrebbe aiutato a prendere coraggio e buttarmi così a capofitto in una situazione diversa dall'ordinario.
Ripetevo a me stesso che era l'occasione giusta per dimenticare che in poco tempo sarei stato promesso sposo ad una donna che, forse, non amavo come da anni ormai mi convincevo di fare.
"Signori, è mezzanotte in punto:" la voce proveniente da un altoparlante mi fece saltare sul posto "che la ricerca della vostra pietra preziosa abbia inizio!".
I ragazzi, non appena sentite quelle parole, non esitarono un momento: si misero a spingermi verso le scalinate tra le risate acute e l'eccitazione dell'alcool che scorreva loro nelle vene. In men che non si dica mi ritrovai a percorrere, completamente solo, la lunga scalinata che mi avrebbe portato al centro della pista e con unica compagnia la chiave con cui giocherellavo nervosamente con le dita.
Il whiskey che mi circolava in corpo era tanto, ma non abbastanza per mettermi a chiedere in giro come funzionasse quella sorta di pesca. Dovetti prendermi un istante per osservare attentamente gli altri uomini e capire così cosa dovessi fare. Tra la folla, le ragazze si riconoscevano molto più che facilmente: anch'esse portavano delle maschere simili alle nostre, ma i loro abiti erano decisamente meno coprenti, probabilmente anche molto meno eleganti rispetto ai nostri completi costosi, ma allo stesso altrettanto incantevoli. Era difficile spostare lo sguardo dalle scollature profonde che lasciavano intravedere il seno nudo sotto tessuti brillanti che scintillavano sotto le luci fioche, dalle loro lunghe gambe snellite da tacchi alti almeno dieci centimetri e dai capelli sciolti che accarezzavano le loro schiene perlate.
Era impossibile non provare attrazione verso di loro. Per me, perlomeno.
Accanto a me scorsi un uomo avvicinarsi ad una di loro per poi, nel momento in cui le si posizionò a qualche millimetro dal viso, fare scivolare la sua chiave all'interno dell'apertura presente sul lucchetto al collo della ragazza dalla pelle leggermente ambrata; con un leggero colpo di polso, girò verso destra la chiave e il lucchetto sì aprì magicamente, facendo sorridere maliziosamente lei. La donna lo prese poi per mano e lo portò via con lei, sparendo nella confusione della folla.
Avrei dovuto farlo anche io? Con ogni ragazza presente finché non avessi trovato il lucchetto compatibile con la mia chiave?
Deglutii profondamente, trovando il coraggio di fare il primo passo solamente grazie all'alcool che, oltre alla lucidità, mi annebbiava persino i pensieri.
Mi diressi verso una ragazza dai bellissimi capelli biondi, vestita solo da un abitino opalescente, notando che aveva appena mandato via uno degli invitati la cui chiave non entrava nella serratura del lucchetto pendente dal suo collo: quando le fui a pochi centimetri, lei mi salutò con un sorriso smagliante, rivelando dei denti bianchi come la neve.
"Posso-?" le chiesi sforzandomi di guardarla negli occhi attraverso le fessure sulla maschera.
"Ma certo," rispose lei, sporgendosi in avanti e mostrandomi deliberatamente il seno "fai pure". Copiai gli esatti gesti compiuti dall'uomo che avevo osservato mentre percepivo gli occhi della ragazza passare in rassegna il mio fisico, ma la chiave non aveva nessuna intenzione di farsi strada all'interno della piccola fessura dentellata nonostante ci riprovassi più e più volte.
"Oh, è un vero peccato caro!" esclamò lei col broncio "Sembri davvero carino, mi sarebbe piaciuto passare una notte con te". Sgranai gli occhi ad una tale affermazione senza peli sulla lingua: le rivolsi un sorriso imbarazzato e, dopo essermi inchinato per congedarla, mi diressi verso la prossima ragazza.
E poi, dopo quella ancora. E quella dopo ancora.
Passai una buona mezz'ora ad approcciarmi a una decina di ragazze con cui ripetevo le stesse identiche procedure, ma senza successo. Avevo ormai perso le speranze quando scorsi un altro paio di ragazze l'una accanto all'altra: mi dissi mentalmente che avrei fatto gli ultimi due tentativi e che poi mi sarei arreso. Iniziavo ad essere stanco di girare a vuoto tra persone che non facevano altro che spintonarsi a vicenda nella speranza di accaparrarsi una ragazza.
Guardai le dirette interessate, studiandone i caratteri distintivi con quanta più attenzione potessi: una di loro portava un abito da un accesso color verde abbinato a capelli a caschetto scuri come la pece, mentre, poco distante da lei, la ragazza con i lunghi capelli ramati attirò subito la mia attenzione per il delizioso contrasto che il colore della sua chioma creava con il viola brillante del suo abitino scintillante.
Le sue braccia tatuate si alzavano di tanto in tanto per permettere alle dita con tanto di manicure di giocherellare spensieratamente con la catenina che le adornava il collo, rivelando ulteriori disegni neri sparsi persino sulla sua candida schiena nuda.
Inspirai profondamente e mi incamminai verso di lei con passo costante finché non le fui a qualche spanna di distanza.
"Mi piace il tuo completo," furono le prime parole che mi rivolse non appena si accorse della mia presenza nel suo campo visivo "fa risaltare la tua pelle".
"O-Oh, grazie:" balbettai, preso alla sprovvista "anche il tuo vestito non è male".
Per un attimo, ebbi come l'impressione che stesse alzando un sopracciglio dietro la maschera che le copriva il viso, quasi come se fosse rimasta offesa da una risposta tanto vaga.
"Voglio dire-" esitai, diventando paonazzo "Ti dona il viola, c-come colore, cioè-"; "Insomma? Vuoi provare?" mi domandò con fare ammiccante senza neppure lasciarmi finire, puntando un dito tra le sue clavicole, laddove un lucchetto si poggiava dolcemente sulla sua pelle.
"C-Certo" abbassai lo sguardo verso il punto in cui stava indicando e senza riuscire a trattenermi dall'osservare le linee dei seni tra cui spiccavano altri ennesimo tatuaggi. Allungai le dita per afferrare il lucchetto in una mano, tirandola con gentilezza più vicina a me: riuscivo a sentire il suo respiro solleticarmi le guance che ormai ribollivano per l'imbarazzo, il calore che emanava il suo corpo trasferirsi sulle mie mani ghiacciate dall'ansia, il leggero profumo riempirmi il naso con una vivace nota floreale che rispecchiava perfettamente la sensualità del suo fisico.
Tenendo stretta la chiave nella mano opposta, riuscii finalmente ad allinearla con la fessura del ciondolo e questa scivolò senza problemi al suo interno; mi bastò un lieve movimento del polso per ritrovarmi il suo lucchetto nel palmo della mano.
Rimasi per secondi che mi parsero ore a pensare a cosa dovessi fare a quel punto, ma quando trovai il coraggio di sollevare lo sguardo e guardarla negli occhi, fu lei a dare una risposta ai miei dubbi: mi confiscò la chiave dalla mani destra per poi intrecciare le sue dita con le mie e, senza pronunciare parola, iniziare a camminare elegantemente verso lo stesso punto in cui precedentemente avevo visto la ragazza dall'abito opalescente dirigersi in compagnia dell'uomo che era riuscito ad aprire il suo lucchetto.
Quando fummo sufficentemente distanti dalla folla opprimente, la ragazza dai capelli ramati mi condusse davanti ad una porta alla cui guardia c'erano due uomini grandi e grossi che, pensai, fossero delle sorte di guardie del corpo, con tanto di auricolari inseriti nelle orecchie e teaser elettrico tra le mani giunte davanti al loro bacino. A lei bastò un cenno del capo per farsi riconoscere dai due, i quali, senza un istante di esitazione, sbloccarono la porta a riconoscimento palmare e ci permisero così di proseguire: un lungo corridoio dalla stessa moquette color rosso vivo si estendeva per metri e metri sotto i nostri piedi presentava decine di porte poste su entrambi i lati, tutte contrassegnate da meravigliosi mosaici di pietre preziose costruiti su di esse.
Diamante, Smeraldo, Rubino, Giada, Topazio, Lapislazzulo furono soltanto alcuni dei nomi che ricordai essere abbinati a gemme di quel tipo, finché la ragazza non si fermò davanti ad una porta completamente dipinta di bianco con una rappresentazione di una pietra preziosa simile all'Ametista incastonata tra le venature del legno pregiato: questa venne aperta dalla stessa chiave che mi aveva precedentemente rubato di mano e, dopo averla spinta leggermente verso l'interno della stanza con l'aiuto del gomito, entrò con me al seguito.
Le luci della camera si accesero automaticamente non appena mettemmo piede al suo interno, rivelandone al centro la presenza di un letto matrimoniale adornato da un baldacchino da cui pendevano intrecci di stole di seta e gemme preziose dello stesso colore dell'abito della mia accompagnatrice, mentre, sui comodini, erano presenti contenitori ghiacciati per tenere al fresco l'innumerevole numero di bottiglie di un costoso champagne francese. Enormi piante posizionate ai quattro angoli della stanza parevano rendere l'ambiente più vivo in assenza di finestre, un lampadario sospeso che emanava la stessa luce soffusa della sala principale faceva da padrone e, infine, un ricco banchetto composto perlopiù da fragole e una cascata di cioccolato abitava su un tavolo posto ai piedi del letto.
La misteriosa ragazza a quel punto ritrasse la mano che ancora stringeva delicatamente la mia e portò le dita sulla sua maschera, sciogliendone il fiocco dietro la nuca: un viso dalla delicata forma ovale su cui spiccavano dei grandi occhi marroni dallo sguardo intenso accentuato dal trucco e una bocca carnosa dello stesso colore di una rossa rossa appena sbocciata mi si presentaro dinnanzi, facendo pompare il mio cuore più velocemente. Si sistemò i capelli davanti alle spalle, toccandoli con una lentezza straziante che la rese ancora più sensuale di quanto fosse, mentre si disfava della maschera gettandola distrattamente sul pavimento; successivamente, prese un bottiglia ghiacciata di champagne e, con una destrezza innata, la stappò facendo attenzione a non farle fare il botto, esattamente come il galateo recitava. Versò il contenuto in due calici e, poi, me ne porse uno con sguardo ammiccante.
Non mi tirai indietro. Forse un po' più di coraggio mi avrebbe aiutato a parlarle.
Riempimmo i nostri bicchieri di cristallo un altro paio di volte, studiandoci a vicenda in silenzio mentre sorseggiavamo il nostro drink ghiacciato: lei nella più totale scioltezza dell'essersi rivelata a me, mentre io tramite il foro sulla bocca della maschera ancora legata al mio viso.
"Sono a tua più completa disposizione ora che mi hai trovata," sembrò recitare a memoria ma donando alla frase un'intonazione talmente seducente che mi fece venire i brividi "quindi fammi sapere cosa preferisci che io faccia per farti stare bene".
Le sue parole mi spiazzarono talmente tanto da farmi strozzare con le bollicine del vino: mai nella mia vita avevo sentito una donna pronunciare parole di quel tipo con una tale scioltezza.
Liu, ad esempio, era sempre stata molto rigida e impostata sul sesso e, nei momenti in cui lo facevamo, si rivelava essere svogliata, quasi passiva. Con lei, ormai, eravamo già entrati da anni nella routine della relazione, ancora prima di essere effettivamente sposati.
La ragazza di fronte a me, invece, sembrava essere totalmente a suo agio con un perfetto sconosciuto all'interno della sua stanza. La vidi poggiare il calice sul tavolo dietro di me, azione che mi permise di seguirne i movimenti che fece nel girarmi attorno con fare malizioso, fino a che tornò di fronte a me, col viso leggermente rialzato verso l'alto per guardarmi negli occhi.
"Posso domandarti cosa ci facciamo qui dentro?" le chiesi dopo essermi schiarito la gola e aver poggiato a mia volta il bicchiere vuoto accanto al suo, nonostante l'ambiente dicesse ben più di quanto le parole avrebbero fatto. La vidi inclinare il viso verso destra mentre, per l'ennesima volta, mi studiava attentamente: "Fammi indovinare," le labbra le si stirarono in un sorriso rassicurante "è la tua prima volta qui, non è vero?".
"C-Come fai a saperlo?" balbettai, sapendo di essere stato colto in flagrante "Non mi hai neppure visto in viso".
"Non ho bisogno di conoscere i tuoi lineamenti, mi basta osservare i tuoi movimenti per capire che non sei un cliente abituale," rispose accorciando le distanze tra di noi con una sola falcata "ma se vuoi, posso liberarti dall'impiccio di questa fastidiosa maschera".
Non ebbi neppure il tempo di processare ciò che aveva appena detto che sentii le sue braccia toniche poggiarsi sulle mie spalle e, con le dita, andare a sciogliere il nodo ben stretto dietro la mia nuca. La maschera cadde nel minuscolo spazio che ancora esisteva tra di noi, rivelandole i miei connotati: deglutii con forza non appena mi resi conto che le punte dei nostri nasi si sfioravano appena e che lei non aveva la minima intenzione di allontanarsi. Pensai che la mia improvvisa eccitazione fosse colpa dell'alcool che ancora ribolliva nel mio stomaco, ma dentro di me sapevo benissimo che era lei la causa di tutto: la situazione peggiorò nel momento in cui si passò lentamente la punta della lingua sull'angolo esterno della bocca, causando una mia reazione involontaria che sfociò nel mordermi il labbro inferiore.
"Solitamente non faccio queste domande ai miei accompagnatori," incalzò pochi istanti più tardi, facendo scivolare le mani sulle mie spalle per poi fermarle sui miei pettorali "ma sembri aver bisogno di un minimo di confidenza per scioglierti: come ti chiami?".
"Namjoon" fui solo in grado di risponderle.
"Bene, Namjoon," soffiò sul mio collo "devi sapere che in questo posto tutto ciò che succede qua dentro rimane segreto: puoi chiedermi di essere tutto ciò che hai sempre sognato di possedere, posso diventare tutto ciò che non hai avuto la possibilità di sperimentare, posso fare avverare i tuoi sogni più segreti o, se preferisci, posso anche semplicemente prendere il controllo e... sorprenderti".
Potevo realmente approfittare di una ragazza in quel modo?
Ero talmente depravato da permettere ai miei istinti sessuali più nascosti di prevalere sul buonsenso?
"So cosa vuoi dire con quello sguardo e la risposta ai tuoi dubbi è no: il sesso non è altro che una delle poche cose, se non l'unica, che ci permette di lasciare alle spalle almeno per un po' la nostra vita quotidiana e noi pietre preziose siamo qui per questo, per permettervi di rilassarvi tramite il rimedio contro lo stress più antico del mondo;" la sua bocca scivolò sul mio orecchio, parlando con una voce tanto soave da farmi sciogliere i nodi di tensione che legavano i miei muscoli "non devi preoccuparti di nulla, dimmi solo che mi vuoi".
Com'era possibile che leggesse i miei pensieri solo guardandomi negli occhi? Doveva essersi trovata in quella situazione una miriade di volte per risultare così esperta nel mettere a proprio agio un ragazzo come me.
Il suo fascino, insieme all'alcool presente nel mio fisico, prevaleva ormai sul buonsenso, tanto che percepii l'eccitazione spingere con insistenza contro il cavallo dei pantaloni. Allungai le mani per posarle sui suoi fianchi e azzerare le distanze: il suo bacino si scontrò contro il mio, facendo nascere scosse di piacere che corsero lungo l'intera spina dorsale, e poi mi baciò con una passione che Liu non mi aveva mai dimostrato di possedere.
Mi sentii improvvisamente leggero, libero da ogni qualsiasi senso di colpa, quando una mano si fece strada sulla mia erezione ancora nascosta. Il suo tocco era talmente inebriante da farmi perdere ogni briciolo di dignità, facendomi finire addirittura per mugolare sordamente ogni qualvolta premeva il palmo sopra il rigonfiamento all'interno tessuto dei pantaloni: sapeva come muoversi, come provocare piacere ad un uomo senza aver conosciuto prima i suoi gusti. Mi sentivo quasi come dipendente da lei, come un fumatore ossessionato dalla nicotina delle sigarette.
Volevo di più.
"Merda," riuscii a sbiascicare sulle sue labbra "come riesci a farmi questo? Non mi conosci nemmeno-"; "Mi vuoi allora, sì o no?" mi interruppe, parlando sulla mia bocca ormai umida, prendendo tra i denti il mio labbro inferiore e tirandolo leggermente verso di lei mentre riapriva gli occhi per guardarmi risponderle.
"" fui solamente in grado di risponderle in un sussurro prima che lei poggiasse nuovamente le labbra sulle mie, baciandomi con foga. La sua lingua accarezzava la mia in lenti ma profondi movimenti circolari, facendomi finalmente dimenticare il ruolo di ragazzo per bene che per anni avevo dovuto sopportare.
"Posso almeno conoscere il tuo nome?" le domandai col respiro corto quando riuscii a riprendere fiato.
"Ametista," rispose posando un palmo della mano sul mio petto per spingermi delicatamente sul letto a due piazze prima di posizionarsi a cavalcioni su di me "Ametista andrà benissimo per stanotte".

ᴀᴍᴇᴛʜʏsᴛ ɢᴜʏ ♡ ᴋɪᴍ ɴᴀᴍᴊᴏᴏɴ + ʙᴛsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora