Quando ci ritrovammo tutti quanti seduti in salotto calò il silenzio, tutti si guardavano in torno attenti a non incrociare gli sguardi di nessuno.
Io invece cercavo di trattenermi dal non vomitare di nuovo. Non avendo abbastanza posti a sedere in salotto ero andata a prendere delle sedie, ma sul pavimento avevo trovato il cadavere di Yuki o meglio quella che ne rimaneva, se Yuki era mai esistita: il suo corpicino era completamente distrutto, con gli organi e le ossa in bella vista e il sangue era schizzato arrivando sulle pareti.
Mi piegai in avanti tenendomi lo stomaco e vomitai per la seconda volta in quella giornata.
Lucifero mi aveva allontanata da lì e ordinato alla sua spia di sbarazzarsi del "suo involucro".
Mi accorsi che era lui perché quando mi aveva afferrata stavo bene.
Trattenni le lacrime e feci dei respiri profondi ripetendomi che Yuki non era mai esistita, che non avrei dovuto provare niente, ma peggiorai solo la situazione.
Non volevo piangere, non davanti a loro, lo avrei fatto quando sarei stata da sola.
Mi feci forza con il pensiero che prima avremmo finito di parlare, prima sarei potuta andare a nascondermi da qualche parte a piangere.
Ma da quando eravamo seduti lì erano passati cinque minuti e nessuno aveva ancora detto una parola.
C'erano troppe cose da dire e nessuno sapeva da dove cominciare.
«Io ho fame!» la demone seduta sul bracciolo della poltrona su cui era seduto Lucifero ruppe il silenzio.
Aveva la testa bassa e si torturava le mani. «Non ho niente da darti e tu dovresti saperlo» poi spostai lo sguardo su Lucifero che stava accarezzando i capelli del demone per consolarla dato che non ero stata gentile con i miei modi.
Mi girai a guardare gli arcangeli e beccai Michele a scrutarmi, si torturava le dita.
«Allora? Chi vuole iniziare? Volete che lo faccia io?» li incalzai. Come avevo già detto, prima avremmo iniziato, prima avrei buttato fuori tutta la frustrazione che avevo in corpo che mi stava opprimendo e mi faceva mancare il respiro, ogni parola da pronunciare era uno sforzo non indifferente.
Michele tirò un sospiro. «Quando abbiamo ricevuto la tua preghiera...»
«La mia preghiera?»
Michele annuì. «Quella notte hai pregato, ricordi?»
«Credevo che le preghiere arrivassero direttamente alle orecchie di Dio, e quello che mi avete sempre insegnato»
«Non le tue» Michele ingoiò a vuoto, ricordava bene cosa era successo l'ultima volta che mi ero arrabbiata, quindi stava dosando le parole, per paura non per tatto, ma per paura «le tue arrivano a noi, o forse è stato solo un caso isolato, non credo tu lo abbia fatto più dopo quella volta quindi non possiamo saperlo» no, in effetti non mi era più capitato.
Michele si voltò a guardare gli altri Arcangeli in una richiesta di aiuto silenziosa.
A quel punto Uriel prese la parola «Quando ti abbiamo sentita, abbiamo pensato che lo avessi fatto senza accorgertene e volevamo approfittarne per portarti in Paradiso.»
Strinsi i pugni, avevano usato la parola sbagliata. «Approfittarne?»
Michele non osava guardarmi e Uriel continuò da dove lo avevo interrotto. «Volevamo tenerti al sicuro da... lui» l'ultima volta la pronunciò con disprezzo.
«E ci siete riusciti alla grande devo dire, avete il talento di fare danni e della poca fede, e siete Arcangeli per l'amor di Nostro Padre» la voce di Lucifero era un misto tra l'ironico e il disprezzo, si sentiva superiore a loro era evidente.
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Ibrida: l'Amante del Diavolo
Fantasy(Primo libro della trilogia di: Ibrida) Elena è ciò che viene comunemente chiamato ibrido, ma dietro al suo essere, in realtà c'è l'accurato disegno Dio. Cresciuta con impresse nella sua memoria le immagini dell'assassinio dei suoi genitori e dopo e...