II

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Varcare la porta di casa significava per me una sola cosa: sofferenza. Era lì che più pensavo e più mi disperavo per le cose successe, non riuscendo a riprendermi; ma dopo l'incontro con Nicole, per la prima volta dopo quelle settimane di dolore, entro in casa col sorriso: quella ragazza mi aveva lasciato una sensazione così bella da non saper descrivere cosa provassi.
"Eccoti qui Leo." Dice la mamma con tono arrabbiato. "Mi ha chiamato la scuola, ha detto che sei scappato via nel bel mezzo della ricreazione... cosa ti prende?" Sorpreso rimango in silenzio qualche secondo e le guardo il viso: in questo periodo era diventato più cupo e preoccupato, ma io non me n'ero accorto, troppo preso dal mio dolore.
"Sono uscito dalla classe e camminando per il corridoio non sono riuscito a sopportare gli sguardi e i sussurri delle persone che mi indicavano come 'l'amico della ragazza che si è uccisa'. Sono scappato con le lacrime agli occhi..." dico fermandomi nella speranza che lei intervenga a dirmi qualcosa. Mi guarda e, al contrario di prima, mi dice dolcemente:
"So che per te è difficile sopportare tutto questo, ma fai in modo che il dolore non prenda sopravvento nel tuo cuore. Vuoi che tutto ciò che tu possiedi di bello venga ridotto al nulla?"
"No mamma, non voglio." Le rispondo con un briciolo di felicità e soddisfazione.

Passo il pomeriggio in camera a studiare: forse posso riuscire a tornare com'ero prima, a partire dallo studio. Mi accorgo di non aver perso l'abitudine e dedicarmi a qualcosa in cui sono bravo mi riempie di autostima e mi spinge a continuare.
Il mio studio viene interrotto dal pensiero di Nicole, dai suoi occhi e dalla discussione avuta la mattina: la mia voglia di conoscerla aumenta sempre di più, e mi prometto di raccogliere tutto il coraggio che ho per farlo. Tuttavia la sua immagine non si affievolisce e, più cerco di cacciarla indietro, più emerge: non riesco a spiegarmi il motivo, non ho provato nient'altro al di fuori dell'ammirazione; "sono sicuro che non ci sia nulla di poi così profondo, essendo una sconosciuta" penso nella mia mente, ma qualcosa nel suo modo di fare non mi ha lasciato indifferente. Mi addormento pensando ad oggi, con la luce della luna che entra dalla finestra.

Quando la mattina mi sveglio, mi sembra strano aver dormito l'intera notte e per di più senza incubi. Mi vesto, faccio colazione ed esco in largo anticipo; decido di arrivare a scuola a piedi, anziché prendere il pullman,magari camminare mi avrebbe schiarito le idee. Ma penso che forse non sia stata un'ottima idea: passo davanti a casa di Eva e dalla finestra vedo Carla prepararsi, con la sua solita vanità e svogliatezza. Un insieme di emozioni mi scoppiano dentro: rabbia, nostalgia e tristezza; quella ragazza così cattiva vive tranquillamente la sua vita, come nulla fosse, senza rendersi conto di rovinare quella degli altri. Vorrei gridarle contro tutto l'odio che provo, ma decido che passare oltre sia un primo passo per superare il tutto. Ma non subito ci riesco e mi butto giù facilmente; decido di continuare la giornata cercando di essere positivo e aspettando, dalla sera prima, che arrivi il momento giusto per parlare con Nicole.
In classe tutti cercano di guardarmi normalmente, ma capisco ciò che vorrebbero dire dai loro occhi e dalla verità che cercano di non far trapelare: 'il ragazzo che è scappato via piangendo', é questo quello che tutti loro pensano. Entro in classe e decido di sedermi accanto ad Aria piuttosto che sopportare il mio compagno di banco e le sue occhiate sospettose.
"Ehi, tutto apposto?" Le chiedo.
"Leo, sono io che dovrei chiederlo a te. Sei scappato dal nulla e non mi hai dato neanche una spiegazione, mi hai lasciata così..." mi risponde lei. Io cerco di interromperla per raccontarle cos'è successo, ma non me lo permette e continua a parlare, senza darmi spazio.
"Qui qualcuno che si preoccupa per te c'è e non puoi scomparire come nulla fosse e tornare normalmente. Hai sofferto, ma è momento di voltare pagina Leo, vuoi capirlo o no?"
Quelle parole le escono dalla bocca così spontaneamente che capisco che sono state tenute dentro per troppo tempo.
"Io cerco di voltare pagina e provare a vivere senza Eva, ma come posso se voi tutti mi guardate come se fossi strano? Come faccio se persino tu mi gridi contro queste parole? Forse avrò manifestato troppo la mia sofferenza, ma non posso obbligare il mio cuore a provare o no qualcosa. Come potrei mai farlo?" Questa volta decido di trattenere le lacrime e sembrare 'forte' o 'coraggioso', ma il tremolio del mio labbro tradisce l'immagine che cerco di costruire in quel momento. Dopo qualche secondo Aria inizia a parlare:
"Io non volevo che pensassi questo. Sono stata crudele a dirtelo, ma vederti così non sai quanto faccia stare male me. Non prometto di poterti capire, ma so di poter starti accanto sempre." E mi abbraccia, facendo scivolare una lacrima sulla mia felpa.
"Non far sì che il dolore sia la tua rovina." Mi dice appoggiata alla mia spalla. E la guardo, cercando di tenere impresse nella mie mente quelle parole.

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