IV

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                                     Carla
Mi alzo di botto, sudata e coi capelli attaccati al viso. Prendo il cellulare e guardo l'orario: 4:30. Non so cosa mi abbia fatto svegliare così di soprassalto, quale strano pensiero, ma sono consapevole di non potermi più addormentare. Mi siedo sul letto e cerco di pensare a un modo per calmarmi un po': ascoltare musica, adesso, mi avrebbe solo riempito la testa ancora di più, quindi apro la finestra e mi affaccio, sperando che il vento mi faccia risollevare; la luna, non del tutto piena, dà al cielo una strana luce. Quell'aria mi attira e decido di ritornare a fare ciò che non facevo da un po': correre. Apro l'armadio e prendo i vestiti che usavo un tempo per correre insieme ad Eva. Pensavo di non usarli più, dopo il suo suicidio, ma penso che magari sia la soluzione a questo grande peso che porto dentro. Mi guardo allo specchio: i lunghi capelli ricci, da sempre visti come la migliore parte di me, i miei occhi verdi, il mio corpo, sento tutto ciò come se mi fosse estraneo e non mi appartenesse. Distolgo subito lo sguardo dalla mia immagine riflessa allo specchio, indosso le scarpe e scendo cercando di fare meno rumore possibile.
Appena metto piede fuori, quell'aria notturna mi avvolge; inizio a correre, sempre più veloce. Sento il mio corpo e la mia mente isolarsi da ciò che mi circonda, ricordi mi scorrono nella mente e, in ognuno di questi, solo lei: Eva. I nostri segreti, i pettegolezzi, la spontaneità di entrambe quando stavamo insieme. Prima che tutto crollasse. Prima della sua morte. Prima che Leo mi vedesse come se fossi la sua assassina. Da sempre non ero piaciuta a questo ragazzo e non riuscivo a spiegarmi il motivo. La prima cosa che ricordo di aver notato in lui era lo sguardo: guardava tutto così profondamente e nulla sfuggiva a quei suoi occhi castani; ricordo anche la gentilezza del suo tono quando parlava non solo con Eva, ma con chiunque altro. Capivo però che con me si sforzava di usare quello stesso tono gentile, ma fallendo. Ora, dopo la morte di mia sorella, le cose sono peggiorate e non si fa problemi a rivelare l'odio che nutre nei miei confronti, come quella volta in autobus, quando cercavo semplicemente di aiutarlo a scoprire qualcosa in più sulla sua 'migliore amica'. Se solo potessi sapere il motivo per cui nutre tutto ciò nei miei confronti.
L'immagine che tutti e, soprattutto lui, si sono costruiti di me è così sbagliata. Ma come cambiarla ormai. La mia vera natura ormai ridotta ad una bugia, per colpa di Eva.
Da sempre tutti vedono me come la sorella svampita, crudele, vanitosa e falsa, una maschera che sono stata costretta ad indossare. Mi piaceva prima essere così, per quanto possa essere brutto e superficiale. La considerazione che gli altri avevano di me mi importava così tanto, e quella figura che mi ero costruita era ciò che agli altri piaceva vedere. E io volevo piacere agli altri.
Ma nessuno mi ha mai conosciuta davvero. Neanche io so chi sono, non mi conosco affatto. Era Eva quella trasparente. Tutti così pensavano e, dopo la sua morte, ne sono convinti ancor di più.
Eravamo così affiatate, le volevo bene davvero.
E pensavo che anche lei tenesse a me così tanto. Ma mi sbagliavo. E su quante cose mi sono sbagliata, su quante ero all'oscuro. Ma se ne avessi azzeccata anche solo una, le cose non sarebbero andate così.
Tuttavia, non rimpiango nulla e, tornando indietro, vorrei non aver saputo nulla della sua vita.
Dopotutto, nessuno ha mai conosciuto Eva, neanche chi tuttora pensa di sapere tutto di lei.
Almeno posso dire di aver avuto una cosa in comune con la mia sorellina.

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