<<...Il volo per Cuba delle 11:34 subirà quindi un ritardo che potrà variare dalle sei alle otto ore. Tutti i passeggeri sono intimati a rimanere comunque in attesa in caso di eventuali cambiamenti.>>
Keith sbuffò animatamente, borbottando qualcosa di incomprensibile.
Ovviamente doveva capitare proprio al suo aereo di perdersi nel bel mezzo del nulla per motivi sconosciuti all'umanità.
Aveva pensato di partire per prendersi una pausa dal lavoro (nessuno l'avrebbe mai detto, ma lavorare per suo fratello era molto più duro di quanto pensasse) e ora avrebbe dovuto aspettare su un'orribile sedia di metallo per otto ore. Veramente meraviglioso.
Innervosito, sbuffò di nuovo, con lo sguardo puntato verso le piastrelle bianche del pavimento.
Guardò male il tabellone delle partenze, dove il suo volo annunciava il ritardo tremendo.
Non cercò nemmeno qualcosa da leggere o da mangiare, semplicemente si sedette nella parte più vuota della stanza e mise al massimo il volume della musica dagli auricolari.
Piazzò il suo borsone sulla sedia alla sua sinistra, sperando che a nessuno venisse la malsana idea di sedersi accanto a lui, poi non fece altro che buttare la testa all'indietro e analizzare qualsiasi canzone gli passasse per le orecchie.
<<Ehi, questo posto è occupato?>>
Keith si tolse una cuffietta dall'orecchio, alzando la testa. Erano passati meno di venti minuti, venti, e lui voleva già arrampicarsi sul tetto e tentare il suicidio.
<<Eh?>> chiese, abbassando il volume della musica.
A scrutarlo dall'alto c'era un ragazzo, probabilmente della sua età. Pelle abbronzata e capelli castani. Keith si disse che era probabile stesse tornando a casa, dato che stava aspettando per il suo stesso volo.
<<È la terza volta che te lo chiedo. Posso sedermi qui o è occupato?>>
Il ragazzo sarebbe potuto sembrare infastidito, ipoteticamente avrebbe dovuto essere così, eppure ancora sorrideva.
<<Ecco.. si, puoi sederti>>.
Se fosse stata un'altra persona avrebbe detto di no, eppure Keith si ritrovò ad accettare che il castano si sedesse alla sua sinistra.
<<Stai aspettando per Varadero?>>
Appunto, il ragazzo aveva intenzione di fare conversazione. Fantastico.
<<Si>> rispose Keith rendendo ben chiare le sue intenzioni. Non voleva parlare con lui.
<<Io sono di lì!>> esclamò il ragazzo sorridente, <<tu vai in vacanza o...>>
Oh cielo! Era possibile che non fosse capace di arrivarci da solo? Keith aveva reso ovvio che non voleva proferire parola.
<<Vado in vacanza, più o meno. Non ho un programma particolare...>>.
Il ragazzo alzò un sopracciglio confuso, poi si riscosse e gli sorrise.
<<Io sono Lance, comunque>> disse porgendogli la mano.
Keith aveva intenzione di ignorarlo e girarsi dall'altra parte, poi si ricordò che molto probabilmente avrebbe dovuto passare le prossime otto ore girato verso destra, dato che non avrebbe avuto il coraggio di guardare di nuovo il castano, quindi decise di essere un minimo cortese, giusto per evitare il torcicollo.
Gli porse la mano e lo guardò negli occhi.
<<...ehm...Keith>>
Non riusciva a smettere di guardarlo negli occhi. Perché aveva degli occhi così meravigliosi? Così azzurri? Così.. così... non riusciva nemmeno a descriverli. Avrebbe dovuto essere illegale avere certe iridi.
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I've known you for a while // Klance
FanfictionOneshot Klance Keith e Lance non si sono mai parlati prima d'ora, e forse non si sarebbero nemmeno conosciuti, se non fosse stato per un tremendo ritardo in aeroporto che li ha portati a incontrarsi e a conversare per un po'...