Era partita per Phoenix tanti anni fa, dicendo che là le avevano offerto un ottimo lavoro, ma che sarebbe tornata per tutte le festività.
Oggi, però, era una domenica qualsiasi.
Chiusi la porta rumorosamente e lei blaterò un qualche saluto per poi chiudere la chiamata e girarsi verso di me.
"Rileyyyy." urlacchiò venendomi ad abbracciare, ma io a malapena ricambiai, trovandomi presa alla sprovvista.
"Ehi mamy." tirai fuori una risata imbarazzata "com'è Phoenix? Perché sei tornata?" mia madre rise portandosi i pochi capelli sfuggiti alla crocchia disordinata fermata da una pinza, dietro le spalle.
"Phoenix è bella ma mai quanto Miami." sospirò "E poi sono tornata perché tuo padre aveva una riunione a New York e visto che sarebbe dovuto tornare domani, l'ho convinto a restare per qualche giorno in più, per lasciarmi un po' sola con te e parlare." sorrise emozionata.
Aspettate.
New York? Domani? Convinto?
"Okay, dammi un minuto, vado un secondo in bagno e poi parliamo quanto vuoi." scappai su per le scale componendo il numero di mio padre.
"Riley? Come va lì?" la sua voce allegra mi arrivò forte e chiara alle orecchie "e così sei a Londra per un convegno di 5 giorni, eh?" esclamai. Razza di idiota.
Mio padre sospirò "Te l'ha detto eh?" mi chiese, ma io non aspettai nemmeno che finisse la frase per cominciare a blaterare lamentele.
"Come hai potuto fare una cosa del genere? E poi neanche avvisarmi! E come pensavi che avrei reagito? Che ti sarei saltata tra le braccia ringraziandoti perché mi hai fatto riprendere un rapporto con la mamma? Tu lo sai come è fatta, quando siamo da sole comincia a farmi domande che nemmeno la zia Mildred di 97 anni." sbottai facendo avanti e indietro nel bagno.
"Ehi, Ril, ora stai esagerando, andiamo è tua madre, non potrà essere così tragico." rise.
"Ohh invece lo sarà e sarà tutta colpa tua, quindi grazie papà." esclamai.
"Di nulla, tesoro." chiusi la chiamata, ignorando il suo sarcasmo e tirai lo sciacquone giusto per dare l'impressione che avessi usato il bagno, per poi tornare in salotto.
Trovai mia madre seduta sul divano, con l'aria stanca e il trucco leggermente sbavato.
Assomigliava maledettamente tanto alla donna che era quando ero piccola: quella che nonostante non fosse tanto presente, quando tornava da Phoenix non ti faceva mai sentire triste e ti convinceva a mangiare le verdure promettendoti dopo una razione di gelato.
Certo, non potevo dire che mi mancasse, perché ti manca una persona quando sai cosa vuol dire averla accanto, e lei non c'era mai stata.
Però quella visione mi riportava a galla ricordi dolorosi, e un'ondata di malinconia mi investì, offuscandomi gli occhi e annebbiandomi la mente.
"Allora..." cominciai cercando di ricacciare indietro quelle lacrime che non si meritava, con la sua totale indifferenza di questi anni nel sapere i miei stati d'animo o come avessi passato l'adolescenza.
Mia madre sbattè ritmicamente la mano in un posto vicino al suo sul divano.
Mi sedetti sul bracciolo da tutt'altra parte rispetto a dove era lei, che però rise e si avvicinò a me tirandomi accanto a lei.
"Quindi? Cosa mi racconti?" feci un piccolo sorriso facendo vagare lo sguardo ovunque nella stanza, e cercando disperatamente una qualsiasi cosa che potesse distrarmi.
"Ti racconto...che ti racconto domani, perché sono stanchissima, sai ho passato tutta la mattina su Netflix, poi ho tentato di prepararmi un'insalata senza bruciare la cucina, ho accompagnato Shawn a prendere la sorella a francese e ho evitato che finisse in una rissa, Austin si è preso la febbre come un idiota perché si è buttato in piscina con il brutto tempo e ora vorrei solo morire nel letto." mugugnai cercando di alzarmi ma lei mi afferrò da un polso tirandomi un'altra volta vicino a lei, con l'espressione di chi ha appena saputo il gossip del secolo."Shawn?" chiese.
Ups.
"E chi è Shawn?" mi chiese alzando le sopracciglia e io risi nervosamente tirandomi le maniche della felpa fino alle mani. "Nessuno, sul serio, non è nessuno." tentai di giustificare la mia uscita "Ora sono sul serio molto stanca, ti racconto qualcosa domani, eh?" le dissi e lei annuì con un sorriso in volto.
"Vuoi che ti svegli io domani?" mi chiese mentre salivo le scale e io feci di no con la testa "Non serve ho la sveglia, vieni solo se alle 6.30 non sono ancora in piedi." le dissi e dopo averle dato la buonanotte mi chiusi in camera mia, coprendomi con il piumone fino alle orecchie, nel buio della mia stanza.
Mi addormentai pensando che con tutte le probabilità, domani avrei dovuto raccontare a mia madre di Shawn, e che avrei dovuto omettere la vodka nelle sue mani quando l'ho conosciuto.
...La mattina dopo non andai a scuola, semplicemente perché non mi era suonata la sveglia e mia madre si era dimenticata di svegliarmi in quanto, abituata a vivere da sola, stava dormendo anche lei. Ora capisco da chi ho preso.
Mi alzai mettendomi una mano tra i capelli e spalancai gli occhi quando lessi l'orario sulla sveglia. Le 10:56.
Scesi correndo per le scale trovando mia madre tutta contenta ai fornelli che preparava le frittelle. Fu in quel momento che mi spiegò che non si era svegliata, ma che in compenso, avremmo potuto avere tutta la giornata per noi.
Mi faceva abbastanza strano in realtà, ma era pur sempre mia madre, un pezzo della mia famiglia. E non me la sentivo di dirle di no.
Fortunatamente si era scordata della questione Shawn e non mi fece domande su chi fosse, su come l'avessi conosciuto o addirittura sul perché avessi fermato una rissa in cui si stava per lanciare.
Al contrario di quello che pensavo, la mattinata passò in fretta: ci facemmo una maschera guardando la sfilata di Victoria Secret del 2015 e prendendo in giro gli orrendi outfit dei cantanti che sforzavano la loro voce su quel palco. Inconsciamente la mia mente tornò su Shawn. La sera in cui l'avevo conosciuto aveva suonato qualcosa alla chitarra, canticchiando leggermente e andai a pensare che su quel palco ci sarebbe stato alla perfezione, poi mi schiaffeggiai mentalmente, reprimendo il pensiero, e tornai con i piedi per terra.
Dopo pranzo uscii per andare a noleggiare un paio di film.
Scesi dall'autobus e mi alzai gli occhiali da sole stupita nel trovare una libreria che prima non c'era mai stata.Aprii la porta azzurra facendo tintinnare la campanella che si trovava sopra, e un signore anziano sbucò da dietro il bancone sorridendomi caldamente.
"Posso aiutarti?" mi chiese sistemandosi gli occhialetti sul naso e io gli sorrisi avvicinandomi.
"Avete aperto da poco?" gli chiesi e lui annuì sorridendo "Abbiamo aperto un paio di settimane fa, infatti c'è ancora abbastanza roba da sistemare." ridacchiò afferrando con le dita sottili e grinzose uno scatolone che si trovava dietro di lui, per poi prendere con una mano due cataloghi che si trovavano al suo interno, infilandoli in uno scaffale e buttando per aria il contenitore.
Io risi e gli comunicai che avrei fatto un giro.
Camminai tra gli scaffali, accarezzando le copertine dei libri e leggendone i titoli.
I miei occhi si riempirono di meraviglia.
A un certo punto notai una copertina, dominata da colori spenti, sporgere da un ripiano abbastanza in alto e cercai di saltare per raggiungerlo e vedere di che testo si trattasse.
Vidi una mano superare la mia, afferrando con facilità il libro.
E come al solito, essere bassi uguale figure di merda assicurate.
Quando mi girai, però, provai tutt'altro che imbarazzo.
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una rosa senza spine
RomanceRiley Scott: un nome, un terremoto. Figlia dell'imprenditore Scott: sempre stata cresciuta in una casa gigante, con tanti bei vestiti, paia di scarpe lussuose e costose, piatti di ceramica raffinata, bicchieri di cristallo, scalinate infinite e lamp...