12 || biglietti per due;

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[ l'intermedio ]

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Dopo il disastroso allenamento di quel pomeriggio, Jungkook non era più riuscito a guardarsi allo specchio. Alla mattina quando si lavava la faccia, non osava alzare gli occhi dal lavandino e per questo motivo usciva di casa con i capelli sempre scompigliati. La notte rimaneva sveglio a rimuginare costantemente sulle parole di Daniel e su quello che i suoi amici avrebbero potuto fare se solo avessero scoperto il suo segreto. Erano stati chiari, fin troppo.

Jackson aveva capito la situazione e conoscendo il suo migliore amico, non aveva insistito sul farsi raccontare altro sulla relazione che Jungkook aveva instaurato con Taehyung. Sapeva quanto il corvino stesse ancora male per tutte le cose che aveva subito da quel gruppo di ragazzi. Aveva passato terribili momenti e sicuramente ciò che il più grande sapeva, corrispondeva ad una minima parte di tutto quello che lui aveva davvero sopportato. Non solo insulti e prese in giro, a volte anche di peggio. E in quei casi quando Jungkook arrivava a casa con ematomi più grandi di una noce, raccontava che se li era fatti giocando a football. Ovviamente tutti ci avevano sempre creduto.

Più lividi aveva in corpo, più agli occhi di Matthew appariva come un atleta valido che a costo di giocare bene, sarebbe perfino stato disposto al dolore. Ma questo perché non sapeva ancora che Jungkook era, tra i quarterback, il peggiore e che rimaneva sempre in panchina.

Così davanti allo sguardo stanco e cupo del corvino per colpa dei vari mostri sotto al letto che non lo facevano dormire, Jackson si era sentito una merda nel momento in cui aveva dovuto rivelare all'altro l'impossibilità di poterlo accompagnare al concerto rock.

«Che stai dicendo? Jack, me lo avevi promesso!» Strillò il corvino affranto facendo scivolare volutamente la sua schiena contro gli armadietti del corridoio scolastico, finendo poi per accasciarsi a terra.

«Lo so Kook e non sai quanto sia dispiaciuto. So che è qualcosa a cui entrambi teniamo molt-»

«Io sì che ci tengo molto, al contrario di te. — Sbuffò impettito il quarterback mentre l'amico alzava annoiato gli occhi al cielo. — È da sei anni che andiamo al Black Notes per la serata rock, in più sai che è l'unica volta in cui posso fare tardi. Ma tu cosa fai? Mi abbandoni.»

«Non fare i capricci come un poppante. Ti ho già detto che i genitori di Dakota hanno organizzato un cena all'ultimo e non posso mancare. Non è colpa mia. Sai benissimo che sarei venuto.»

Jungkook guardò Jackson dai piedi al capo, dal momento che era seduto sul pavimento, rigorosamente con il broncio e le braccia incrociate. Era cosa risaputa che il corvino aspettasse quel maledetto giorno come i bambini aspettano il natale. In quel locale, Jungkook poteva divertirsi in spensieratezza senza dover pensare a nulla. Cantava a squarciagola The Show Must Go On e si permetteva di bere qualche birra in compagnia del suo migliore amico, perché intanto l'alcol l'avrebbe bruciato scatenandosi in pista. Capitava, inoltre, che a volte iniziasse anche a parlare con gente sconosciuta su album o band, ma senza Jackson tutto quello sarebbe stato che un solo ricordo malinconico.

«Sono certo che troverai qualcuno con cui andare.» Ammise sicuro il più grande.

«E chi?»

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Si mordicchiava le pellicine intorno all'unghia del pollice sinistro perché quando era agitato, Jungkook sfogava la sua ansia nel vizio che sua madre aveva sempre cercato da anni e anni di farglielo togliere. Era un'idea folle, assurda, suicida quella che Jackson aveva proposto al corvino. Come diavolo gli era venuta in mente, poi?

The chinese biscuit effect || 𝒕𝒂𝒆𝒌𝒐𝒐𝒌Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora