Capitolo 2 *.* Bryan

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La notte aveva uno strano odore.
Di alccol e di morte.
Mi catapultai sul luogo indicatomi da Andrew. Arrivato in moto alla mia Mini verde bottiglia, il caos la faceva da padrone.

"Oh mio Dio, ma cosa diavolo è successo?"

Migliaia di lampeggianti blu (a me così pareva) illuminavano la notte. Mi misi le mani nei capelli non avendo la più pallida idea da che parte cominciare. Mi trovavo nella Tooley Street e intorno a me la gente correva, o forse scappava, non ve lo saprei neanche spiegare, cercando di fuggire da quell'inferno il prima possibile. Mi feci coraggio e mi incamminai verso uno degli agenti in borghese.
All'istante, mi mise una mano davanti bloccandomi il passaggio.
‹‹ Ehy guy, where do you think you'are going?››
Eccola là la mia lacuna più grande. E adesso come glielo spiego a quell'agente che io ero lì per tirare fuori il mio compagno di stanza dai guai?
‹‹ I'm here for my friend..››
Non ebbi il tempo materiale di terminare la frase, quando lo vidi poco più in là che stava discutendo con un paramedico. Cercai di mimare con l'espressione della faccia, con le mani, con un po' di parole inglesi arrangiate, che il mio amico era proprio laggiù. Probabilmente non fui molto bravo a convincerlo, ma mi fece passare e questo era tutto ciò che contava.
‹‹ Andrew...›› lo chiamai correndo verso di lui
‹‹ Bryan... ›› mi rispose come se all'improvviso avesse visto la luce della salvezza. Era visibilmente alticcio, ma nonostante l'alcool scorresse ancora nelle sue vene, stava tentando di convincere quel ragazzo sulla trentina che non aveva bisogno di cure. Voleva solamente andarsene a casa ed era proprio quello il motivo per il quale io ero lì. Dopo aver effettuato tutti i controlli del caso, dopo avermi fatto milioni di domande e dopo che Andrew ebbe firmato la sua delibera di rinuncia alle cure, finalmente eravamo nel silenzio della Mini.Tutta quella situazione, inutile negarlo, mi aveva scosso e non poco.Andrew lo conoscevo da tantissimi anni. Anche lui italiano, aveva deciso di mollare la noiosa Italia per cercare un po' di verve.
Trovare lavoro per lui, non era poi così difficile, sapeva arrangiarsi in tutto, ma allo stesso tempo era un tipo strano. Chiedeva dalla vita il massimo, o almeno la viveva fino allo stremo, come se ogni giorno, ogni attimo fosse l'ultimo.
E ovviamente di mettere la testa apposto non ne voleva sapere. Troppe romanticherie, troppe rotture di coglioni sempre con la stessa donna. Molto meglio una semplice "trombata" e via.
Nessun problema e se ci sai fare ne trovi una diversa ogni sera. Volevo astenermi da chiedergli cosa fosse successo, ma la curiosità era troppa e lui lo vedevo veramente provato da quella serata che doveva essere una semplice festa.
‹‹ Si può sapere cosa diavolo hai combinato?››
‹‹ Nulla Bryan, nulla!›› tentò di chiudere l'argomento sul nascere.
‹‹ Scusami se insisto, ma non mi pareva proprio!›› parlai dando un occhio a lui - che nel frattempo continuava a stare fisso al telefono - e alla strada. Sospirò, quasi come se gli stessi rompendo le scatole, senza rispondermi, sembrava essere inglobato in affari molto più importanti.
‹‹ Allora?›› continuai battendo sempre sullo stesso punto.
‹‹ Ma niente di che... il solito rompi coglioni che si è imbucato alla festa e ha rovinato la serata ad entrambi!›› rispose ampiamente sfavato.
‹‹ E tu cosa c'entri?››
A quel punto gli partì la brocca.
‹‹ Ascolta Bryan, ti ho chiesto di venirmi a prendere, non di farmi la paternale. Fino a prova contraria non sei mio padre, quindi vedi non di non rompermi le palle, ci siamo intesi?››
A quella eruzione di lava immotivata, inchiodai di botto la Mini, innescando un movimento improvviso di Andrew verso il parabrezza.
Subito scattò.
‹‹ Ma che sei stupido? Mi vuoi ammazzare?››
Mi voltai verso di lui e gli andai quasi al muso.
‹‹ Ascoltami bene testa di cazzo. Se ti volevo morto, ti avrei lasciato nella merda nella quale ti eri cacciato.Quindi vedi di portarmi un attimo di rispetto ci siamo intesi? Perché qua quello che ha fatto un favore, sono io a te, non il contrario!››
Il gelo riempì l'abitacolo di quella macchina. Gli occhi castani di Andrew rimasero pallati per un po' di minuti, fino a quando la sua voce, ridestata da quel rimbrotto, riprese un tono quasi normale.
‹‹ E' colpa dell'alcool!›› fu la sua misera giustificazione.
‹‹ Si alcool un cazzo! Diciamo che gli sbirri ti hanno rovinato la piazza!››
Ripresi la mia posizione e tornai a guidare distogliendo l'attenzione da lui.
Quella frecciatina lanciata nel nulla lo fece ampiamente gongolare. C'avevo preso. Ormai per me, lui era come un libro aperto.
‹‹ Si in effetti... c'avevo tra le mani una biondina con due tette e un cu...>> mi stava espressamente descrivendo la ragazza in questione con ampi gesti delle mani e un sorriso da pervertito sulle labbra che mi fece venire il "voltastomaco".
‹‹ Ho capito. Frena con i dettagli che non mi interessa sapere.››
Andrew rimase un attimo allibito di fronte a quella mia freddezza.
‹‹ Bryan non è che hai qualche tendenza particolare, guarda che non c'è niente di male, insomma...››
Lo frenai seduta stante, l'alcool lo stava facendo delirare, anche se stranamente era troppo in se per aver bevuto.
‹‹ Ma che cazzo dici?››
‹‹ Amico non ti alterare! Era una mia supposizione, non ti sento mai parlare di donne, mi era venuto un...›› si bloccò di botta.
Mi voltai preoccupato e lo vidi con la mano davanti alla bocca.
Un pensiero mi fece rabbrividire. Nel giro di dieci minuti, inchiodai una seconda volta, mi fiondai verso l'esterno aprendogli la porta e aiutandolo a scendere.
Giusto in tempo per vomitare tutta la merda che si era ingurgitato.
Sospirai, arrendendomi all'evidenza.
Sarebbe stata una lunga notte.

Quando verso le 3:00 riuscii ad infilarmi sotto le coperte, mi sentì finalmente libero e rilassato. Andrew era collassato sul divano e lì lo lasciai. Sicuramente l'indomani mattina lo avrei trovato nella medesima posizione in cui l'avevo abbandonato.

§*§*§

Il rumore della moka che gorgoglia, l'odore del caffè appena venuto su che si spande per tutta casa, è una delle cose che ho sempre adorato della mattina.
Andrew era ancora collassato e non pareva dar cenni di vita, se non qualche vago movimento isolato.
Lo lasciai perdere e pensai a godermi la mia colazione.
Ma il mio fu un pensiero vano, il cellulare iniziò a vibrare insistentemente e sul display vidi lampeggiare un nome.

ANNALISA.

Risposi.
‹‹ Ciao piccola!››
‹‹ Bryan ciao come stai? Ero preoccupata... Sei dall'altro capo del mondo e non ti fai mai sentire...››
Alzai gli occhi. La tiritera stava per cominciare.
‹‹ Ma no, è solo che non ho mai tempo, l'università, il corso serale di inglese, a volte è davvero difficile riuscire a far combaciare tutto.››
‹‹ Immagino ma cinque minuti per sentirmi... sei a Londra da poco più di una settimana e ti sei già dimenticato di me!››
Eccolo là lo stato di vittimismo che puntualmente viene fuori. Misi il caffè nella tazza pensando che in fin dei conti, era stata brava, aveva resistito fin troppo.
‹‹ Dai, smettila, adesso non ricominciare. Lo sapevi. Ne abbiamo parlato prima che partissi.››
‹‹ Io non volevo!››
‹‹ Se rincominci, attacco subito, non ho nessuna intenzione di tornare sull'argomento.››

Io e Annalisa, ufficialmente stavamo insieme da circa tre anni.
Gli anni del liceo sono stati quelli fondamentali.
La sua corte, se così la possiamo definire, è stata costante, ma non invadente.
Una ragazza carina, fisico asciutto, occhi castani e capelli mogano.
Dall'alto dei suoi venticinque anni (ne aveva uno meno di me) mostrava cervello, non era una sgalettata con tanti fronzoli per il capo.
Avevamo parecchie cose in comune e con il tempo, credo di essermi, affezionato alla sua figura e alla sua perenne presenza nella mia vita.
Il mio trasferimento a Westiminister non lo aveva accettato molto e diciamo che sono partito, senza la sua benedizione.
Eravamo arrivati a fare progetti a lungo termine e si stava parlando sempre più spesso di una prova di convivenza, un po' per noi, un po' anche per dimostrare ai nostri genitori, quanto fossimo in grado di farcela da soli.
Poi mi capitò tra le mani quel volantino. L'University Heart Of London metteva a disposizione un master per ciò che avevo sempre sognato di fare: il giornalista.
Ci ho pensato e pensato notti, giornate intere poi mi dissi che non potevo lasciare nulla di intentato.
Un posto dove andare lo avevo, Andrew era entusiasta all'idea di condividere appartamento e affitto, alla fine mancava solo la mia buona volontà.
Voli per Pisa, anche low cost, trovati all'ultimo momento, ve ne erano a volontà, quindi volendo potevo fare un po' come volevo.
Provai a spiegarglielo, ma come risposta ottenni solo infiniti lacrimoni.
Ho sempre pensato che io per lei, sia il grande amore della vita e forse, l'ho pensato anche io, ma ora che sono qui, all'interno di questa avventura, metto in discussione un po' di cose.

‹‹ Va bene, ascolta, devo andare, mi devo preparare, ci sentiamo!››
‹‹ Quando?›› fu la sua risposta immediata
‹‹ Presto! Dai devo scappare!›› gettai un bacio nell'etere e riattaccai.
Durante questa semplice operazione, qualcuno dette segni di vita.
‹‹ C'è del caffè anche per me... ne ho proprio bisogno!›› biascicò qualcosa ancora rappreso dal sonno, ma soprattutto dalla sbornia.
‹‹ Ops.. no l'ho finito!›› risposi di rimando tutto inorgoglito.
‹‹ Ma come no? Io ho un grandissimo mal di testa...›› la sua voce si fece sempre più fievole fino a scomparire del tutto mentre mi recavo in camera per vestirmi.

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