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Zona di Esclusione di Chernobyl, Ucraina.

7 Novembre 2009.

Strada senza nome.

13:21.

Anatoli Zelenko, Boris Volkov, Vassili Karavaev, Serg. Olga Petrova, Sergei Kabakov, Irina Kabakova.

Il gruppo prosegue il suo cammino verso Chernobyl.


Il silenzio regnava attorno al gruppo. Per tre ore, gli unici rumori che sentirono fu il fruscio delle foglie mosse dal vento e il cigolare di alcuni alberi che si piegavano. Ogni tanto qualcuno apriva bocca, ma, in quel clima di tensione generale, nessuno aveva voglia di lasciarsi andare.

L'unico che, nonostante tutto, aveva voglia di parlare, era Sergei.

– Ehi, vecchio! – esclamò verso Anatoli. – Quanto manca? –

Il contadino si voltò, continuando a camminare e reggere il suo AK-74.

– Ancora un'oretta. Chernobyl è a cinque chilometri. –

– Possiamo almeno fare una pausa? – sbuffò Boris. – Stiamo camminando da tre ore. –

– Non qui in mezzo. La strada sarà relativamente sicura, a livello di radiazioni, ma non lo è se vogliamo difenderci dai non morti. –

– Cosa proponi, allora? – chiese Vassili.

– Siamo nelle vicinanze di ciò che rimane del villaggio abbandonato di Zalissia. Possiamo fermarci lì, e poi proseguire verso il paese. –

– Può andare. – proferì Olga.

Anatoli tornò a guardare avanti. Dopo qualche momento di silenzio, Vassili riaprì la bocca.

– Allora, Anatoli... perché facevi lo stalker? – chiese.

– Portavo cibo e provviste ai samosely. Ho saputo da qualche vicino di casa che lavorava nella Zona dell'esistenza di queste persone, per la maggior parte anziani, che sono tornate a vivere nelle proprie case all'interno della Zona, nonostante sia proibito. Per il governo ucraino non esistono, è come se fossero fantasmi. Ma ci sono. Così, quando tornavo da Kiev, facevo un giro nell'area della Zona a nord di Dytyatky, per aiutare quei poveretti. –

– Come fai a conoscere questa strada, allora, se per fare i tuoi giri passavi per i campi? – domandò Irina.

– Da piccolo accompagnavo mio padre a Chernobyl, per vendere frutta e verdura. Il disastro alla centrale ci ha quasi fatto finire sul lastrico, tutto il nostro raccolto era diventato radioattivo. Siamo riusciti a vendere nuovamente solo dopo la caduta dell'URSS. –

– Se non altro non siete rientrati nella zona da evacuare. – intervenne Vassili.

– Credimi, giovanotto, avrei preferito ricominciare da zero con un trasferimento forzato a Kiev. – rise amaramente Anatoli. – Ma avevo un'attività di famiglia, con una moglie e un figlio da mantenere. Quando ho divorziato, ero ormai troppo in là con gli anni. Così ho continuato a fare il contadino. E lo "stalker". –

Il gruppo virò a destra, lasciando la strada. Dopo aver percorso qualche centinaio di metri, il gruppo si ritrovò davanti quello che restava di Zalissia. Tra il fogliame e gli alberi, si ergevano diverse abitazioni abbandonate. Alcune erano poco più che ruderi, mentre altre erano rimaste, seppur rovinate dal tempo e con i vetri distrutti nel tentativo di allontanare le radiazioni, tali e quali a come erano state abbandonate nel 1986. Ciò che rimaneva di un parco giochi era coperto da rampicanti e fogliame, divorato dalla ruggine.

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