Meni il gondoliere

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Si era nei tempi calamitosi in cui i Turchi infestavano, sempre più minacciosi, le belle coste dell'Adriatico. Venezia resisteva, lottava, vinceva anche spesso: ma era sola, e gli infedeli erano molti e violenti e potenti. Anche la pesca andava male: non c'era più nessuno che si fidasse di uscire dalla laguna. Dopo un triste inverno, durante il quale i pescatori andavano a nascondere la loro fame sotto le arate dei ponti, venne la festa di San Marco. E tutti i Veneziani: clero e doge, mercanti e pescatori, tutti, quel giorno, andarono in processione con l'urna del santo. Ma quando le preziose reliquie furono deposte sull'altare, si levò una burrasca tremenda, improvvisa, mai più veduta. La furia del vento e delle onde sbatteva gondole e barche contro la riva, spezzava alberi e catene, rovesciava vele e persone. Barcaioli e pescatori, in un attimo si dispersero di qua e di là: chi per rifugiarsi in casa e chi per ricuperare una gondola, per raggiustare una catena o per ritirar delle reti. Meni, un vecchio pescatore, con una barba bianca come quella di San Pietro, noto in tutta Venezia per la sua onestà e per le sue disgrazie, scese nella sua barca, sotto il ponte, deciso di passarvi la notte, come di solito, (anche quella notte) sdraiato sopra le reti. Non era lì tutto il suo tesoro? Ormai non gli restava altro al mondo. Ma il fortunale non lo lasciò in pace un momento. Un'ondata più rabbiosa delle altre, spezzò la corda, e Meni si trovò costretto a lottare con un remo contro corrente. Come Dio volle, giunse ad approdare davanti alla Basilica; e sedette tutto inzuppato sui gradini, tenendo con ambedue le mani quel mozzicone di corda sfilacciata, che ancor gli serviva per salvare la sua barca. Non c'era anima viva e la notte si faceva sempre più oscura. Meni si raccomandò a San Marco, che almeno non lo lasciasse morire così, come un cane, davanti alla sua casa.

Piove a dirotto. Una mano si posa sulla sua spalla. Meni getta un grido di spavento. La crede la mano della morte. Si volta. "Chi è?" domanda pieno di paura. "Amici!" risponde una voce calma, profonda, uguale, come d'uno che venisse dall'altro mondo. Ma per quanto fissi bene in volto quella figura, Meni, che sapeva chiamar per nome, a uno a uno, tutti i Veneziani, non è capace di ricordar chi sia. Eppure non è una fisionomia sconosciuta: naso aquilino, ciglia in giù, occhi lucenti, testa calva, barba lunga. "Buon cristiano," continua lo strano personaggio "vuoi condurmi di là fino a San Giorgio?". Meni spalanca gli occhi atterrito. "Ma è matto costui?" pensa tra sé. Guarda il canale, la povera barca, lo sconosciuto; crolla il capo e dice: "No, no. Andremo sotto tutti e due". Il volto dello sconosciuto si fece oscuro e grave. "Eppure," disse "tu mi menerai. Io devo passar da San Giorgio. E subito! Andiamo; e sarai ben pagato". Non c'era da tentennare, da schermirsi. Chinò il capo, saltò in barca, diede una mano al suo cliente mormorando: "Dio ce la mandi buona!" distaccò col remo la barca ed eccolo in balìa delle onde. Però qual sorpresa! Bastava che il remo facesse da timone e la barca andava da sé, meglio che se fosse a vela e col vento a poppa. E sì ch'erano raffiche e sferzate in faccia. "Servito, signore!" sospirò Meni appena toccata riva. "Un momento!" fece il viaggiatore. "Entro ed esco". Tornò subito difatti, seguito da un bellissimo cavaliere: alto, agile, giovane, corazza d'acciaio lucente, scudo a sinistra e lancia a destra. "A San Nicolò di Lido!" ordinò il primo. "Affari grossi!" avrebbe voluto dire Meni, se quella faccia rannuvolata gli avesse permesso di scherzare. Si voltò verso il gentil cavaliere con l'occhio supplichevole e le mani giunte, e: "La mi dica lei, signorino, se è mai possibile... " fece con accento accorato. "Voga, e svelto!" fu la risposta secca e tagliente del cavaliere. "Uomo di poca fede!" aggiunse quello con la barba. "Pensa almeno alla mancia". E Meni voga. Ma tra i flutti sempre più rabbiosi, la gondola vola diritta, verso il Lido che è un piacere. Il vecchio pescatore non si raccapezza più. "Che notte è mai questa" pensa "che par che si scateni l'inferno e scendano i santi sulla mia barca?". Tocca il Lido, salta a terra, stende la mano al più vecchio e l'altro è già a terra: ma non osa più ripetere: "Serviti, padroni!". No sa più come andrà a finire questa strana avventura. "Aspettaci, buon uomo!" fa il più vecchio. "Torniamo subito". Entrano nella chiesetta del Lido, ed escono subito accompagnando un vecchio con tanto di barba bianca, il piviale, il bastone e la mitra d'oro in testa. "Un vescovo!" esclama stupito Meni; e si china a baciargli l'anello. Il vecchio lo guarda sorridendo e paternamente lo benedice. "Al porto! Presto!" comanda ancora una volta il primo cliente. Questa volta Meni non può tacere. "Scusino, signori, in laguna passi; ma in mare poi... no! Con questo tempo! Se han voglia di bere...". Lo interruppe il Vescovo. Non aver paura, Meni. Ti garantisco che andrai bene". "E ci guadagnerai" disse il primo. "Di qua e anche di là" concluse il cavaliere. E Meni allora, visto che dicevan sul serio, via verso il porto.

In pochi minuti giunsero al porto. C'era una corrente contro cui non avrebbe resistito un bastimento; ma la gondola misteriosa avanzava sempre verso il porto. Oltre il porto? In pieno mare? Pareva di sì. Ma, ormai, Meni non pensava più neanche a protestare. Sarebbe stato inutile. La barca non la comandava più lui. Un lampo. "Gesummaria!" gridò il pescatore. Per un lampo? No. Alla luce del lampo aveva visto non lontano, una massa oscura, mobile, colossale. Non era un'onda. Un bastimento? E i tre sconosciuti erano in piedi. Un altro lampo e Meni ha visto una gran nave, a vele spiegate, una mezzaluna lucente sull'albero maestro e un nugolo di demoni, con scimitarre e lance a coperta. Di dietro, navi e bastimenti ancora. Chissà quanti? "S. Marco, aiuto!" gridò: "Siam perduti!" soggiunse voltandosi verso i tre forestieri. "Sono i Mori!". E si gettò in ginocchio, aspettando la morte. Ma i tre sconosciuti, in piedi, silenziosi e attenti: in mezzo il primo venuto, a destra il Vescovo ed a sinistra il cavaliere, alzarono contemporaneamente la mano destra e, adagio, fecero un gran segno di croce sopra il bastimento che ormai stava per entrare nel porto. Meni non aveva ancor finito di dire: "amen!" che tutta quella visione infernale era scomparsa, come se il mare si fosse aperto e l'avesse ingoiata. Non più un bastimento, non più una vela, non più un uomo. Meglio ancora. Non più un lampo, ma un bellissimo cielo stellato; non più vento né onde, ma un'acqua tranquilla e tersa, come uno specchio. "Miracolo! Miracolo!" esclamò Meni, quando si riebbe, e si piegò a baciare con gran riverenza la mano a tutti e tre i suoi misteriosi personaggi. "Riportaci a casa, figliuolo" disse il primo. E per la prima volta il gondoliere non trovò nulla da ridire. A S. Nicolò di Lido discese il Vescovo, con molti saluti e ringraziamenti degli altri due,e a S. Giorgio si distaccò il cavaliere. Quando Meni toccò le fondamenta di S. Marco, trasse un respiro, baciò la mano dell'ultimo, e poi... stese il cappello, in attesa di esser pagato. "Sta bene!" disse lo sconosciuto. "Sono contento del tuo servizio. Va' dal Doge; racconta quello che hai fatto e veduto, egli ti pagherà da re".

"Ma chi volete che mi creda, padron mio? Se non mi sentissi le ossa rotte, io, io stesso direi d'aver sognato. Ditemi almeno chi siete".

"Sì, te lo dirò. Io sono il Patrono della tua città, S. Marco..."

"Ah! Ah!" fece Meni pronto. "E il cavaliere è S. Giorgio, e il Vescovo è S. Nicolò!"

"Precisamente. Sei contento?"

"Felicissimo, Eccellenza! Ma... I santi e i miracoli van bene; però..." e frattanto scoteva il cappello davanti a sé. San Marco, da uomo pratico, capiva bene quel linguaggio; si levò un grosso anello gemmato dal dito, lo lasciò cadere nel cappello di Meni, e disse: "È tuo!".

"Si dirà che l'ho rubato. No, no, Eccellenza!"

"Tienlo. Mostralo al Doge. Digli che te l'ho dato io"

"Ai Piombi mi caccia..."

"E se non ti crede, digli che guardi nel tesoro di San Marco, che è là ancor chiuso e intatto, e ti crederà". San Marco fece un segno di benedizione e scomparve attraverso le porte chiuse della sua basilica.

Fosse perché c'era di mezzo San Marco, o fosse perché si venne a sapere che in realtà una flotta turca in quella notte aveva minacciato così da vicino Venezia, fatto è che questa volta il nostro pescatore scampò dai Piombi non passò il ponte dei Sospiri, né ebbe noia alcuna. Anzi fu creduto da tutti, perché si trovò che il tesoro era intatto e che l'anello di San Marco mancava, non si sa come. E allora Meni restituì l'anello benedetto, gli fu assegnata una pensione, e tutta la città portò in processione di ringraziamento le reliquie dei suoi tre gloriosi santi protettori, San Marco, San Giorgio San Nicolò che avevano salvata un'altra volta la loro bella città. E in memoria del fatto si scolpì il piccolo bassorilievo con la gondola e coi tre santi, sul pilastrino del ponte marmoreo, dal quale Meni partì e al quale ritornò in quella notte famosa. Quando vi passano, i Veneziani di Venezia, si fanno ancora oggi il segno della croce e mormorano: "Oh, il nostro San Marco!".

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