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Eveleen

Non è un solito sogno quello che faccio. Due occhi neri, su un bellissimo volto coperto come un mantello dalle tenebre, è il protagonista della storia e io non sono altro che la sua vittima. Mi tiene stretta al suo corpo aitante, usandomi come scudo contro infinite armi puntate verso di noi. Quando i grilletti vengono premuti, i proiettili entrano nel mio corpo ma io non sento niente, riesco solo a vedere la mia carne sanguinare, con il liquido che scorre senza mai fermarsi, con la carne che viene sfracellata e poi il nulla.

Apro gli occhi, incontrando un soffitto bianco, che mi lascia spaesata. Mi alzo con il busto, non riconoscendo il posto in cui mi trovo e il mio respiro irregolare e pesante non mi aiuta a trovare la concentrazione. Il mio corpo sudato, a causa di quel incubo, mi fa tremare con una strana sensazione poco confortante sulla pelle.

Sembrava tutto così reale, le sensazioni, i rumori e lui.

Mi prendo la testa fra le mani, facendo dei bei respiri, profondi e lenti. Giurerei di aver sentito quel corpo sotto di me, persino il suo respiro. Chiudo gli occhi e mi lascio ricadere su quel letto sconosciuto.

Appena le mie condizioni sembrano migliorate, mi alzo un'altra volta portando i miei occhi su qualsiasi oggetto della stanza. Sembra una camera d'ospedale. Ci sono alcuni macchinari tipici degli ospedali ai bordi del letto ma, dall'arredamento, sembrerebbe una stanza qualsiasi. Un piccolo armadio bianco si trova in fondo alla camera, proprio davanti al mio letto e di fianco c'è persino una specie di divanetto del medesimo colore dell'armadio e dinanzi ad esso c'è un piccolo tavolino in vetro. Uno specchio sulla porta dell'armadio riflette una me sconvolta e persa. Riesco a vedere le occhiaie avvolgere i miei occhi verdi. I capelli castani lunghi, sono tutti scompigliati e non è una bella visione. I vestiti che ho addosso, confermano la mia ipotesi. Un brutto camice azzurro è l'unica cosa che mi copre. Cerco invano qualche mio effetto personale in quella stanza così ben arredata, ma non c'è nulla, neanche il mio telefono. La fasciatura sul braccio destro cattura la mia attenzione e la tocco con diffidenza.

Dannazione, non è stato per niente un incubo. È successo veramente. La pistola. Gli spari. Gli occhi neri. Perché l'ho fatto? Perché non ho potuto semplicemente andarmene per la mia strada e sparire per sempre dalla vita di quelli che, chiaramente, erano dei criminali? Perché una giornata così ordinaria della mia vita doveva proprio finire in questo modo?

Un'infinità di domande colpisce la mia mente, costringendomi a massaggiarmi le tempie. Una leggera fitta al braccio ferito, mi fa sussultare ed emetto una smorfia di dolore. Muovo le dita e roteo leggermente il polso per verificarne la gravità della lesione che mi hanno inflitto o meglio che mi sono inflitta da sola.

Se non avessi agito, seguendo il mio stupido istinto, molto probabilmente sarei a casa e non qui. Sospiro abbattuta, chiudendo gli occhi solo per un momento, alla ricerca di qualche pensiero che mi calmi e mi faccia venire in mente cosa dovrei fare adesso.

È stata decisamente un delle peggiori scelte che abbia mai fatto in tutta la mia vita. Una delle più stupide, direi. "Cavolo, Eveleen. Dove hai la testa?"

Ad occhi chiusi mi tornano in mente le due iridi in cui sono annegata, prima di svenire e gli riapro spaventata. "Che cosa è stato?", "Perché quegli occhi mi tormentano?" Fra tutti gli uomini visti nella mia vita, lui sembra aver risvegliato qualcosa in me e non riesco a dare una spiegazione a tutto ciò. Faccio appello a tutta la mia forza mentale per tenere a bada quelle sensazioni.

Apro gli occhi concentrandomi un'altra volta sulla stanza. A sinistra del letto, una grande finestra con persiane, lasciano entrare solo alcuni spiragli di luce, ma bastano per illuminare tutta la stanza. Il sole di fuori mi scombussola ancora di più. Dopo tutti i giorni passati sotto il cielo grigio, oggi ha deciso di farsi vedere.

I Saved The DevilDove le storie prendono vita. Scoprilo ora