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Avevo appena finito la terza superiore. Durante quell'anno strinsi amicizia con una ragazza di un'altra classe che faceva "alternativa alla religione" con me.

Praticamente cazzeggiavamo tutto il tempo.

Anche lei era una grande lettrice, quindi finivamo sempre per fangirlare su questo e su quell'altro personaggio, sclerando come due idiote. Si chiamava Agnes De Boer e i suoi genitori erano degli olandesi innamorati dell'Italia. Non ho mai capito che lavoro facessero.

Il 16 giugno, Agnes mi invitò a casa sua, una villetta dispersa nelle campagne toscane, per festeggiare il suo compleanno. Avevo in comune con lei un'altra amicizia, Francesco, un ragazzo di classe sua che mi aveva insegnato come craccare diversi videogame su PC, per cui mi sentivo abbastanza tranquilla.

Sì perché, come ogni pseudo-nerd che si rispetti, le mie doti di socializzazione calavano al di sotto dello zero ogni volta che uscivo dalla mia comfort zone, ovvero dal mio gruppo dei soliti amici .

Francesco era uno di questi. Inoltre, mi tranquillizzò dicendo che sarebbe stata una cosa "scialla" e che anche gli amici di Agnes non erano poi tanto popolari. Definì il compleanno come SBA ovvero "socialization between asocials". Un po' come tutte le volte che ci ritrovavano col solito gruppo, solo con asociali diversi.

E fu così.

Quel pomeriggio - perché di un pomeriggio si trattava - ci ritrovammo in sei seduti sull'erba del giardino di fronte casa di Agnes con Falke, sua sorella più piccola, Pietro, un bassista della stessa classe della festeggiata, Francesco, me e Nina.

Anche Nina era della stessa classe di Fra e di Agnes. Era bassetta, i capelli neri tagliati corti e disordinati e un piercing tranquillo al labbro inferiore, parte destra.

Niente sigarette, niente erba, solo alcol. Ovvero, qualche lattina di birra scrausa e tre bottiglie di limoncello. Dovevamo fare una caccia al tesoro. Le coppie erano: io e Fra, le due sorelle, Nina e Pietro.

«Si beve ogni volta che trovate un indizio» sentenziò la festeggiata consegnando una bottiglia di limoncello a coppia.

Non specificò quanto.

Io e Francesco ci finimmo la bottiglia. In due.  Ma quando ritornammo al punto di partenza, dopo aver finito la caccia al tesoro, ci rendemmo conto di non essere stati gli unici a farlo.

«Nina te la sei bevuta tutta?» domandò Agnes esterrefatta.

Sì, perché Pietro, scoprii in seguito, era astemio.

La ragazza fece spallucce e ci dirigemmo in un posto più fresco, in casa.

Io non so come successe. Stavamo parlando di chi bevesse di più tra me e Nina quando ad un tratto lei se ne uscì con questa frase:

«Certo che sono proprio grandi.»

Fissava le mie tette come se non ci fosse nient'altro in tutta la casa. Io non mi rendevo conto di nulla, ero più che brilla, per cui non ci diedi troppo peso.

In seguito, ripensando a tutte le volte che mi si era avvicinata quel pomeriggio, mi chiesi il motivo per il quale non l'avesse toccate.

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