8. Stato confusionale

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Nascosti da tutto e da noi
Domani, di nuovo, se vuoi
E pensaci mentre respiri stai urlando
Irama, Bella e rovinata

L'infanzia è il periodo in cui si è più confusi e vulnerabili: siamo curiosi di conoscere e sperimentare il mondo, senza badare ai rischi che ci sono dietro ad ogni angolo.
"Mamma che cos'è quello?"
"Papà cosa vuol dire quello?"
"Perchè il mondo gira, ma noi no?"
"E se un giorno arrivassero gli alieni?"
Abbiamo tante domande, perché la nostra testa è ancora vuota e desidera essere riempita con più informazioni possibili.
La conseguenza di tutte queste informazioni, però, è la confusione.
Ne siamo così arricchiti, che non riusciamo più a darci un senso... e allora la tipica frase è "Sono confusa" e con tutti noi stessi speriamo di non doverne assimilare altre.
La confusione, però, può essere causata anche da un'eccessiva quantità di informazioni da immagazzinare tutte in una volta... e a volte è il peggior tipo di confusione... è il caos.

I giorni sull'isola di Carloforte, e più precisamente in clinica, scorrono lenti e monotoni. L'unica cosa che è cambiata è l'atteggiamento di Leonardo: lo sento ogni giorno più distaccato e pensieroso. Capita che mentre parliamo nemmeno mi ascolta, o per lo meno finge di farlo ma so che con la testa è da tutt'altra parte.
Questa situazione è abbastanza frustrante, perciò ho deciso di parlargli e capire cosa gli sta succedendo.

Nel primo pomeriggio, il momento più silenzioso della giornata, busso alla porta del suo ufficio.
<Avanti> mi risponde una voce rauca.
Entro silenziosamente e guardo l'ambiente intorno a me: sulla scrivania ci sono fogli sparsi dappertutto e una tazza di caffè piena. Guardando Leonardo, invece, noto che è senza cravatta, che è "appoggiata" su una sedia,  con la camicia leggermente slacciata e i capelli arruffati.
È strano vederlo così, è sempre stato il genere di uomo vestito a pennello e senza nessun capello fuori posto.
<È successo qualcosa Chiara?> mi chiede alzando lo sguardo su di me.
<A me no...ma a te si. Sono preoccupata>
<Non è necessario, va tutto bene. Sono solo parecchio indaffarato> Ribatte tornando a leggere i fogli.
<Non è vero> Mi siedo sul bordo della scrivania e inizio a parlargli.
<Come tu hai imparato a capire me, io ho imparato a capire te. L'ultima volta che hai cambiato umore, dopo poco sei sparito e sei tornato dopo mesi. Non voglio che succeda di nuovo... sai che con me puoi parlare>
Faccio una breve pausa in cui fisso i suoi occhi stanchi.
<Si tratta di Diego?> Gli domando.
<Si, ma non è il caso che ne parli con te>
<E perché no? L'hai già fatto> Ribatto brusca.
<Si ed è stato un errore, non sei la persona più adatta>
<Perchè sono semplicemente una delle tante che devi curare? Perchè mi consideri incapace di sopportare certe cose? O perché hai paura che ne parli con qualcuno?>
Non posso credere che l'abbia detto.
<No, non dicevo questo... Perdonami> Mi dice mentre si alza dalla sedia.
Faccio un respiro profondo e caccio indietro le lacrime che stavano per scendere.
<Tu aiuti me e tutte le altre ragazze qui dentro, ma chi aiuta te?> Sussurro.
Da parte sua non ricevo risposta, bensì un abbraccio inaspettato.
Si stringe a me, come se fossi un salvagente in mezzo ad un mare in tempesta.
<Quando ti abbraccio ho paura di farti male> Confessa mentre ancora mi stringe.
Sorrido realizzando che ha tanta paura di farmi del male, sia fisico che emotivo. Ma io voglio poter essere più forte, perché voglio aiutarlo; voglio essere il suo salvagente in mezzo al mare in tempesta.
Da quando conosco Leonardo, sono più motivata a guarire. Cioè che provo per lui è un mix di sentimenti confusi, a cui cerco invano di dare un senso.
<A me piace quando mi abbracci, mi fa sentire protetta>

<Adesso mi dici perchè sei così preoccupato?> Gli chiedo mentre impilo gli ultimi fogli che ho radunato dalla scrivania.
Ho deciso di aiutarlo a mettere un po' di ordine almeno nell'ufficio.
<Il mio avvocato ha revisionato il caso per l'affidamento di mio fratello e mi ha detto che ho ancora pochi elementi a mio favore>
<E non ne ha trovato almeno un altro? Anche uno solo>
<No...> Risponde vago.
<Stai mentendo>
<E va bene uno si, ma voglio tenerlo come ultima spiaggia>
<Di cosa si tratta?>
<Niente di così rilevante>
<Dimmelo> 
<Chiara smettila> Dice con tono autoritario.
<No, voglio saperlo> Non mi lascio intimidire da un semplice verbo imperativo...nonostante la mia situazione, ho sempre avuto un carattere abbastanza forte. Tenere testa è una cosa che mi riesce bene.
<Dovrei avere una compagna stabile. Contenta adesso?>
<Dovresti sposarti?>
Annuisce, non togliendo mai lo sguardo da me.
Rimango in silenzio, cercando di elaborare ciò che mi ha appena detto.
<Non so cosa dire> Ammetto.
<Ci sarebbe una donna, un'amica del mio avvocato, che sarebbe disposta a diventare mia moglie. È una cosa convenzionale per entrambi: lei ha bisogno della cittadinanza italiana e io di una moglie per ottenere l'affidamento di mio fratello>
Ed è a quelle parole che dentro di me si fa spazio un'emozione che non ho mai provato per Leonardo: la gelosia.
La gelosia è una stretta conseguenza di un'altro sentimento: l'amore.
<Wow... è una cosa bella grossa> Dico.
<Già... Ma Chiara, non ho intenzione di farlo se non quando sarò sicuro che non ci saranno altre opzioni>
Provo un leggero sollievo dopo averglielo sentito dire.
<Ma è la soluzione più sicura> Ribatto.
<Lo so, ma vorrei poter scegliere la persona con cui condividere il resto della mia vita e con cui crescere mio fratello>
Per tutto il discorso i nostri occhi non si sono mai staccati e ciò mi trasmette una sensazione di tranquillità.
<Da come parli sembra che sei innamorato>
<L'amore è un sentimento che va ben compreso e non frainteso... ma credo di provare qualcosa per qualcuno>
<Sei confuso?>
<Si>
<Anche io, non sai quanto> Dico alzando gli occhi al cielo.
<Cosa credi di fare?>
<Non lo so, ma non mi sposerò nel giro di 2 settimane tantomeno con una donna che nemmeno conosco>
Dopo qualche attimo di silenzio, decido di lasciarlo solo. L'ho già abbastanza infastidito per oggi.
<Torno in camera mia, ci vediamo domani> Gli dico prima di andare verso la porta.
<Chiara!>
<Dimmi>
<Non scordarti del nostro appuntamento di domani>
<Come farlo...>
Esco e ho come la sensazione che non fosse quella la cosa che voleva dirmi prima di salutarmi.

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