Il segreto dell'impiccato

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«Dov'è finito il cane?» ripetei alla donna che mi osservava a occhi sgranati.

«Il cane?» chiese confusa, vedendomi così allarmata.

«Sì, il cane, quello che c'è nella foto e non è in casa. Dov'è finito il cane?» insistei spazientita.

«Sta calma, Emma. Così la spaventi» mi consigliò lui con voce placida e controllata, avvicinandosi a me.

Sospirai frustrata e chiusi un attimo gli occhi, cercando di ritrovare l'equilibrio. «Sa dirmi dove possa essere il cane?»

«No... non lo so» mi rispose titubante, non riuscendo ad afferrare il nesso e preoccupata dalla mia reazione.

«Quando lo ha visto l'ultima volta?» le chiesi, sforzandomi di essere accondiscendente, ma celando un'ansia senza precedenti.

«Il cane?» ripetè lei, completamente destabilizzata.

«Esatto. Un rapitore non si sarebbe preso la briga di portar via anche un animale domestico e di certo uno che ha intenzioni suicide non si porta dietro il cane, ci serve per capire come possano essere andate le cose.» Non diedi voce a quelli che erano i miei reali pensieri e paure.

«Ho visto Stella insieme ad Alex l'altro ieri, quando gli ho portato i documenti per il divorzio, è corsa alla porta a farmi le feste come sempre» spiegò, un po' più rasserenata. «Quindi crede che possa essersi allontanato volontariamente senza dire niente a nessuno? Perché avrebbe dovuto farlo?»

Ignorai la sua accorata domanda continuando a battere sull'argomento. «Quindi può dire con assoluta certezza che Stella due giorni fa stesse bene?»

«Gliel'ho appena detto, stava benissimo. Vuole dirmi cosa sta succedendo e dov'è finito Alex?» domandò infondendo alla sua voce tutta la preoccupazione che stava provando.

«Molto bene, abbiamo finito. Le farò sapere se ci saranno delle novità.» Mi alzai senza prestarle più attenzione, ignorando i suoi richiami, per dirigermi verso uno degli agenti presenti.

Monika Havier scattò su per venirmi dietro, ma un agente si frappose fra noi per rassicurarla, mentre io mi fermavo dal ragazzo che ci aveva aperto la porta.

«Sono già state raccolte le testimonianze dei vicini?» gli domandai seria e autorevole.

«Non ancora, detective, stavamo per occuparcene» si giustificò timoroso.

«Lasci perdere, me ne occupo io, voi contattate la fantomatica fidanzata del signor Havier e convocatela al distretto, ho bisogno di fare due chiacchiere anche con lei» tagliai corto tirando verso la porta per andare a fare il giro dei vicini.

«Allora sei cambiata davvero» mi disse Jack affiancandomi. «Una volta non avresti mai trattato così una povera donna sconvolta.»

«Tu invece sembri l'unico a essere rimasto lo stesso» notai aspramente.

«Forse» affermò facendo spallucce, «o magari è solo un'altra delle tue deduzioni sbagliate.»

«Ti stupirà sapere che non mi interessa assolutamente come stiano le cose» ribattei acidamente.

«Una volta non era così, però, ti interessava sapere che tipo di uomo fossi e quale morale perseguissi.» La sua calma era sconcertante. Sempre padrone della situazione, non si scomponeva mai.

«Ho dovuto imparare a cavarmela senza di te. Il mondo non si è fermato quando te ne sei andato, Jack, e ho dovuto imparare a convivere con quello che è successo dopo, scusami tanto se sono andata avanti» argomentai storcendo il naso per il fastidio.

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