30 Gennaio 1891 - Mattina

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Harry Zoe, da buon ritardatario cronico, arriva all'ingresso dell'obitorio del Barts venti minuti dopo l'orario stabilito, con un pezzo di pane bruciacchiato stretto in mano e gli occhiali storti sul naso adunco: spera con tutto il cuore che Abberline non sia troppo arrabbiato, perché va contro la sua politica intavolare discussioni inutili prima di un buon thè - e dannazione, Harry non l'ha ancora bevuto, il thè.

Forse però, l'osteria che intravede all'angolo della strada opposta, potrebbe preparargliene una tazza al volo... Tanto che differenza farebbero, altri cinque minuti? Il fu Conte Phantomhive mica ha fretta!

"Harry, amico mio, sei arrivato finalmente!"

E addio al suo Earl Grey (caldo, ma non bollente, con zucchero e latte in abbondanza, che di amaro c'era già la sua vita).

Fred Abberline - insieme ad altri due poliziotti che Harry non conosce - percorre il selciato innevato dell'ospedale con passo stanco, ma deciso: è infagottato in un pesante cappotto di lana blu, palesemente di due taglie più grandi, ed in testa ha un cappello del medesimo colore.

Harry si schiaffa ciò che rimane del suo tozzo di pane in bocca, abbozza un inchino e tenta un sorriso dispiaciuto, ma finisce col sembrare solo un idiota, cioè niente di dissimile rispetto a ciò che è nel quotidiano.

"Sai com'è, Freddie, il dolce richiamo del letto! La vecchiaia inizia a farsi sentire!"

"Abbiamo trentaquattro anni, Harry..."

"E per l'appunto! Trentaquattro! Ci stiamo spegnendo! Fortuna che siamo già qui, perlomeno se ci prende un colpo, andiamo dritti in una bella cella mortuaria, e ciao ciao..."

"Harry!"

E Dio solo sa quanto fosse mancato ad Harry quel continuo battibeccare con il suo vecchio compagno di Università! E di pranzi al sacco, sbronze e scappatelle notturne.

Il duo Abberline & Zoe era da sempre stato il terrore degli insegnanti (e degli altri studenti) della Queen Mary University, una sorta di associazione a delinquere di prima categoria: nonostante il loro aspetto distinto e rassicurante - con Fred vestito di tutto punto e l'espressione seria in volto, ed Harry un po' più scapestrato, ma diavolo, con che charme! - erano difatti due veri teppistelli, scansafatiche e piantagrane, il cui futuro, a detta di molti, avrebbe previsto solamente la cara e vecchia gattabuia.

E invece, eccoli lì, sette anni più tardi, a ricoprire due posizioni per le quali disciplina e rigore erano i necessari pilastri fondamentali; chi l'avrebbe mai detto! Di certo non la madre super apprensiva (e super negativa, e tutta una serie di 'super' poco piacevoli) di Harry, secondo la quale il figlio scapestrato era un buono a nulla scansafatiche, troppo simile a quel padre che lo aveva abbandonato senza neanche una spiegazione quando era solo un bambino problematico.

Per l'ormai anziana Patty Zoe infatti, la facoltà di Medicina proprio non faceva per Harry: così, quando il diciannovenne se n'era andato di casa esordendo con un "Ciao mamma, vado a imparare a sezionare persone, ci vediamo!", - complice l'uscita infelice ed il fatto che non avesse un becco di un quattrino - Patty gli aveva lanciato uno zoccolo tra capo e collo e lo aveva preso a sberle fino a fargli vedere i sorci verdi.

Si era dovuta ben presto ricredere, però: nonostante l'atteggiamento tutt'altro che discreto ed il poco senso del dovere che lo caratterizzavano, Harry era riuscito a laurearsi perfettamente in corso e ad intraprendere la specialistica in medicina legale qualche mese più tardi.

Ed Harry sarebbe di certo diventato uno dei medici più acclamati e capaci del suo tempo, godendo - già durante il tirocinio - di una discreta fama e assai meritato rispetto: si era fatto un bel nome, il giovane dottor Zoe, ed era riuscito persino a sbrigliare intricate matasse di delitti e simili dove gli addetti di Scotland Yard non sapevano che pesci prendere (fu durante una di queste occasioni, che Harry riallacciò i rapporti con Fred Abberline, dal quale si era allontanato per le inevitabili eventualità della vita).

Tutto questo però, - il lavoro che amava e che lo faceva arrivare a fine giornata con il sorriso stampato in faccia, la stima degli altri medici e, anche un bel gruzzoletto in fondo al mese - era destinato a concludersi. Pochi giorni dopo la sua proclamazione ad anatomopatologo, infatti, Charles Grey, il tirapiedi di Sua Maestà, lo colse in fragrante mentre baciava l'attuale compagno, Lee Ackerman, in un vicolo buio all'incrocio di Elm Street; e da buon ratto qual era, Grey ovviamente riferì tutto a, praticamente chiunque. Fu uno scandalo.

Il neo dottorino Harry Zoe, si ritrovò così radiato dall'albo, denigrato dall'intera cerchia di medici e relegato ad una vita fatta di cattedre universitarie e libri polverosi, e tanti saluti ad i suoi amati attrezzi del mestiere e agli adorati cadaveri.

Nonostante gli anni trascorsi, la ferita non si era ancora rimarginata, ed il suo odio verso la Corona - ed i reali in generale - non si era affatto affievolito, seppur l'amore che provava per Lee (con il quale aveva comprato un cottage non troppo distante da Londra) e per i suoi studenti contribuisse a rendere sicuramente meno pesante la condanna.

Ma quanto gli mancava il suo lavoro! Sentire il peso dei ferri sui palmi e il cedere delle carni sotto la loro pressione; l'odore asettico dell'ospedale e i suoi lunghi, lunghissimi corridoi, silenziosi se non per il cigolare delle ruote delle barelle...

Ora era lì finalmente, e se avesse fatto un buon lavoro, forse quella vecchia strega della Regina avrebbe chiuso un occhio sul fatto che in realtà gli piacesse il caz—

"Harry, sei ancora con noi?" Lo interroga Abberline, dandogli uno schiaffetto sulla spalla: l'amico era partito per un viaggio mentale degno di Marco Polo, estraniandosi completamente dai presenti. Chissà a cosa avevano pensato, mentre la fronte di Harry si aggrottava sempre di più e una mano schizzava a grattarsi i capelli: probabilmente, che fosse deviato e pazzo come si raccontava.

"Eh eh eh, scusa Fred, stavo pensando...Dicevi?"

"L'ho notato, lo facevi sempre anche all'Università: sai quante volte mi sono domandato cosa ti passasse in quella testa? Comunque non stavo dicendo niente, ma, prima che tu inizi, vorrei farti un breve excursus della situazione, se me lo permetti. Giusto per preparati a ciò che ti attenderà nel pomeriggio. Purtroppo, quando si parla di Ciel Phantomhive, - vivo o morto che sia -, occorre andarci con i piedi di piombo, e avere cautela."

"Eh, ma così mi spaventi Fred: si tratta di un cadavere - che sicuramente sarà come gli altri ottantatre che ho visto sino ad oggi - mica di Jack Lo Squartatore in pers— Aspetta, pomeriggio? Credevo il corpo fosse già arrivato questa mattina."

"Hai ragione. In realtà, sarebbe dovuto arrivare a momenti, ma vedi... Mi hanno contattato poco fa, e ci sono, come dire, stati dei problemi di trasporto."

Davanti al silenzio confuso di Harry, Abberline sospira, e fissa pensieroso il portone dell'obitorio: è così scuro che sembra quasi nero. Poi si riscuote, e calcia una pietra lontano.

"Entriamo. Ti spiegherò tutto davanti a una tazza di thè: so per certo che in cucina saranno così gentili da prepararcela. Non posso prometterti che avranno il tuo Earl Grey, però meglio di niente. Sei ancora un teinomane senza speranza, vero?"

Harry si apre in un gran sorriso, gli incisivi sproporzionati che gli premono sul labbro inferiore ed una luce inquietante nei grandi occhi castani (occhi che gli sono valsi il soprannome di 'cerbiatto pazzoide' per buona parte della sua adolescenza): prende Fred sotto braccio, si sistema meglio il cilindro sulla testa ed inizia quasi a trottare per la stradina, trascinando l'ex collega con sé, sotto lo sguardo attonito delle altre guardie.

"Ma ceeeerto che lo sono! Santi numi Fred, pensavo mi si stessero per atrofizzare i neuroni, senza la mia dose quotidiana di alcaloidi!

"...Eh?"

"Niente, niente, ma permettimi di dire, - e credimi, mi pesa parecchio - God bless the Queen, amico mio! Entriamo, entriamo!"

Il portone così scuro, che sembra quasi nero, dell'obitorio del Saint Bartholomew Hospital, si chiude dietro le spalle dei due amici ritrovati con un gran tonfo.

La neve, intanto, inizia a cadere per l'ennesima volta, nell'arco di quei tre giorni: non se n'era mai vista così tanta, e non aveva mai fatto un tale freddo, a Londra, ora sopita sotto il manto bianco e immersa in un silenzio quasi disturbante. Sembrava proprio che la città fosse morta con lui.

Non molto distante, un corvo nero gracchia stridulo e spicca il volo dal tetto di Villa Phantomhive, diretto chissà dove.

The Autopsy of Ciel PhantomhiveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora