capitolo VI

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Quando finalmente il sole sorge mi rendo conto che stiamo cavalcando da ore, ed io sono esausta così come il mio cavallo.
Levi galoppa davanti a me, "Levi."
Lui non mi risponde, forse non mi ha sentito... o forse non vuole sentirmi.
Sprono il mio cavallo ad andare più veloce così da accostarmi a lui.
"Levi."
"Cosa vuoi mocciosa?"
"Sono esausta e lo sono anche i cavalli. E scommetto che lo sei anche tu, dovremmo fermarci."
Lui annuisce senza smettere di guardare davanti a sé, "resisti ancora un po', poco più avanti troveremo una locanda. Ci fermeremo lì."
Quando ci fermiamo il sole è orami alto nel cielo, sono esausta e guardando Levi mi rendo conto che anche lui sembra sfinito. Abbiamo cavalcato per ore senza sosta, smontare da cavallo e poggiare i piedi a terra mi sembra un sogno.
"Qual è il nome del tuo cavallo?" domando guardando Levi smontare da sella come se fosse la cosa più naturale del mondo.
"Hiroaki" dice lui accarezzandolo, "significa grande luminosità"
"Non ci credo" dico entusiasta. "Il mio cavallo si chiama Hikari, significa raggiante."
Levi m'ignora dirigendosi verso l'entrata della locanda, io lo seguo indispettita, "non trovi che sia una strana coincidenza?"
"Ma di cosa parli mocciosa?" domanda esausto.
"I nomi dei nostri cavalli, richiamo entrambi la luce!" il mio tono non nasconde l'entusiasmo della scoperta.
"Tsk."
"Ho dimenticato di legare il mio cavallo" dico portandomi una mano sulla fronte, che sbadata.
"Mi chiedo se tua sia nata così sbadata oppure ci metti dell'impegno."
Non gli rispondo, corro fuori dalla locanda e mi dirigo verso la stalla adiacente. Hikari è ancora lì, accanto a Hiroaki, grande luminosità e raggiante. Continuo a pensare sia una buffa coincidenza.
Quando rientro Levi sta parlando con il proprietario, quando si gira verso di me mi mostra un paio di chiavi. "Pare che dovremmo dividere la stanza."
Mi chiedo se le cose possano andare peggio di così.
-
Arrivati in stanza mi slaccio il mantello, tolgo l'attrezzatura per il movimento tridimensionale e mi lascio cadere a peso morto sul letto. Anche Levi si toglie mantello e attrezzatura per poi dirigersi alla finestra.
"Continueremo il viaggio stanotte, è più sicuro."
"Più sicuro?" domando tirandomi sui gomiti per guardarlo.
Lui annuisce, "scendiamo a mangiare qualcosa."
-
Mangio come un automa, ruotando dal pollo ai piselli al pane e via di nuovo. Studio con attenzione il volto di Levi, anche lui sembra mangiare per inerzia.
"Cosa c'è?" domanda alzando lo sguardo e cogliendomi in fallo.
Arrossisco abbassando immediatamente lo sguardo sul mio piatto. Con la forchetta giocherello con il cibo nel piatto.
"Mangia" mi riprende Levi.
Sbuffo rumorosamente, lasciando cadere la forchetta sul piatto. "Dimmi cosa sta succedendo."
Si guarda intorno, come per assicurarsi che non ci sia nessuno ad ascoltarci, ma la locanda è vuota, ci siamo solo noi due e l'oste che però sembra troppo occupato a bisticciare con la moglie per prestarci attenzione.
Poi decide che è arrivano il momento di parlare, "pensavo l'avessi già capito" mi provoca.
"No" sbotto, "forse mi stai sopravvalutando."
"Tsk, probabilmente la fine è vicina."
"La fine? Levi, parla chiaramente" ordino.
"Sai, ti si addice" dice portandosi alla bocca un pezzo di pane, poi aggiunge "impartire ordini intendo."
Mi sta prendendo in giro?
"Non c'è bisogno di mettere il broncio, ora però apri bene le orecchie mocciosa" si fa scuro in volto, non promette nulla di buono.
Impaziente lo osservo, pendo dalle sue labbra.
"Potrebbe essere arrivata la fine per il corpo di ricerca."
Lo guardo a bocca aperta, "come?"
Lui non si scompone, continua a mangiare freddo e controllato come sempre. "Ne avevamo già parlato, ricordi? Uscire dalle mura, scoprire come siamo arrivati qui, come sono arrivati i giganti è qualcosa che al nostro re non piace. Da quando abbiamo perso il Wall Maria il governo vive con la paura di una rivolta e dimmi, cosa serve per accendere una rivolta?"
"Speranza" quelle parole lasciano le mie labbra prima che io possa accorgermene.
Levi annuisce, "noi rappresentiamo la speranza" sentenzia.
"Non mi stai dicendo tutto, chi dobbiamo incontrare? E perché mi hai por—"
Un'altra voce sovrasta la mia, "capitano Levi" una donna corpulenta si avvicina a noi, tra le mani tiene un pacco. La moglie dell'oste. "Ecco quello che mi ha chiesto" dice dando a Levi il pacco che fino a poco prima stringeva tra le braccia.
Levi la ringrazia e poi so rivolge a me, "ora è meglio se andiamo a riposare, stanotte ci aspetta un lungo viaggio."
"Non hai finito di rispondere alle mie domande" protesto incrociando le braccia al petto.
"Ogni cosa a suo tempo mocciosa" dice lui.
-
Una volta in camera Levi abbassa le scure delle finestre facendo precipitare la camera nel buio. Io decido che la cosa migliore è una doccia. Dopotutto ne ho bisogno, devo togliermi di dosso il sudore della giornata e il peso di ciò che ho tristemente scoperto.
Quando esco dal bagno Levi sta già dormendo. È sdraiato a pancia in sù, con un braccio intorno alla testa; ha gli occhi chiusi, le labbra leggermente aperte. Per la prima volta mi appare una persona normale, non il soldato più forte del genere umano. Riesco a vedere Levi, non il capitano Levi. Solo Levi.
Mi sdraio al lato opposto del letto, tentando di fare il meno rumore possibile e finalmente mi addormento.
-
"AIKO"
Nel sogno, Haru mi chiama e mi fa un cenno, e io attraverso la strada per andargli accanto. Lui mi indica le mura, io sollevo lo sguardo e quello che vedo è il volto di un gigante alto più delle mura.
"È la fine" annuncia lui.
"Aiko" la sua voce mi chiama di nuovo.
Apro gli occhi, era solo un brutto sogno.
Mi volto verso Levi, sta ancora dormendo. Chiudo gli occhi e cerco di riaddormentarmi.
Dopo mezz'ora di pensieri agitati, mi giro sulla schiena e apro gli occhi. La stanza è buia, sento il respiro calmo e regolare di Levi accanto a me.
Mi alzo per andare a prendere un po' d'acqua. Non ho sete, ma sento il bisogno di fare qualcosa.
"Chi è Haru?"
Il sangue mi si gela nelle vene, "c-come...?"
"Parli parecchio nel sonno sai?"
"Ah si?"
"Si mocciosa"
Appoggio il bicchiere sul comodino e mi siedo a letto. Mi porto le ginocchia al petto, prendo un respiro profondo ed inizio a parlare. L'oscurità della stanza mi infonde coraggio.
"Mio fratello" mormorò piano, "è morto cinque anni fa, divorato da un gigante davanti ai miei occhi. Io sono rimasta a guardare, immobile, paralizzata dalla paura." È facile per me ammetterlo ora, al buio.
"È per questo che sei entrata nel corpo di ricerca?" domanda la voce ferma di Levi.
"Vendetta?" una risatina lascia le mie labbra, "no. Queste mura mi sono sempre state strette" ammetto passandomi una mano tra i capelli. "Ho sempre vissuto con l'opprimente sensazione di essere nel posto sbagliato, di sprecare i miei giorni a non assistere a nessun cambiamento e mi ero arresa al mio destino. Poi però le cose sono cambiate, le mura sono crollate, ho perso la mia casa, ho perso la mia unica famiglia e quindi ho fatto quello che prima non avrei mai avuto il coraggio di fare: mi sono arruolata. E cinque anni dopo sono entrata nel corpo di ricerca e mi è sembrato finalmente di avere uno scopo, finalmente potevo combattere per qualcosa..."
Le mie parole galleggiano nel silenzio della stanza.
"Levi?"
"Si?"
"Posso farti una confessione?"
"Se può farti stare meglio, si."
Il fatto che Levi non possa vedermi in volto m'infonde coraggio, non può vedere i miei occhi gonfi di lacrime.
"Sono cinque anni che convivo con incubi e sensi di colpa, non solo perché non sono riuscita a salvare mio fratello ma soprattutto perché una parte di me è sollevata che lui non sia più qui. Se non fosse successo quel che è successo io non avrei mai potuto arruolarmi, avrei dovuto prendermi cura di lui e..." la voce mi si spezza, come posso dire una cosa del genere? Come posso sentirmi sollevata dalla morte di un bambino di soli sei anni? E non di un bambino qualsiasi, di mio fratello. La mia unica famiglia.
"Sono io la vera colpevole della sua morte" ammetto, "sono rimasta a guardare senza fare nulla."
Ogni muscolo del mio corpo s'irrigidisce quando la mano di Levi si posa sulla mia schiena.
"Non è colpa tua" dice a voce bassa.
Qualcosa dentro di me crolla. Ho il petto contratto, oppresso, fatico a respirare. Mi premo le mani sul petto tentando di alleviare la tensione.
Chiudo gli occhi e rivedo Haru mentre mi sorride e io non posso fare altro che farmi opprimere dal senso di colpa perché è l'unica cosa che mi rimane.
Stringo di denti e caccio indietro le lacrime.
"Ora dormi" dice piano Levi, accarezzandomi i capelli.
-
Quando mi sveglio Levi non è a letto, sento il rumore dell'acqua che scorre dal bagno. Balzo in piedi e mi dirigo alla finestra alzando le scure, fuori il sole è calato, questo significa che siamo pronti per proseguire.
Approfittando dell'assenza di Levi mi metto la divisa e mi lego i capelli formando un nodo dietro la testa. La porta del bagno si apre ed esce Levi, con in mano una salvietta e con i capelli bagnati. Ho un fremito quando solleva le braccia per asciugarseli, scoprendo una sottile striscia di pelle nuda sopra la cintura. Mi costringo a guardarlo in faccia.
"Ciao" lo saluto e la mia voce suona nervosa, a dispetto delle mie intenzioni.
"Pronta a partire?"

Ali Spezzate || Levi AckermanDove le storie prendono vita. Scoprilo ora