1: MIN YOONGI = INCOERENZA

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Questa storia è stata scritta per il concorso di Moody_Isa e DeboraRebai.



Yoongi stava segnando sul calendario, con il solito pennarello rosso, il giorno appena iniziato, come stava facendo da due mesi a quella parte. Nel letto singolo vicino al muro parallelo c'era Jimin, allungato sulle coperte, sveglio da poco ma già impegnato in un'ardua lotta con le caramelle colorate di Candy Crush Saga.

«A furia di cercare di accoppiare quelle caramelle ti brucerai i neuroni, Jimin. E quel gioco ha smesso di essere alla moda sei anni fa, come minimo.»

Jimin rimase impassibile. Se non fosse stato per il fastidiosissimo rumore che facevano quegli abbinamenti di pixel e i suoi occhi attaccati allo schermo, Yoongi avrebbe potuto pensare che fosse morto.

«Silenzio, Yoongi. Sto per superare il livello 1567.»

Yoongi scosse la testa divertito, alzandosi con la schiena dal materasso e posando il calendario da tavolo sul comodino, insieme al pennarello. I suoi occhi corsero verso la finestra. Anche quel giorno, come praticamente tutti quelli di Luglio e Agosto, si prospettava una lunga giornata calda e caotica. E lui odiava entrambe le cose, con tutto il cuore.

«Sei così maleducato, Jimin. Così maleducato.»

Una risatina. Jimin fece esplodere una "caramella incartata", esultando quando sentì la musichetta di vittoria.

«E si va al 1568! Sono un mago, maledizione.»

Jimin prese un bel respiro e si alzò dal materasso, rassettandolo velocemente come aveva fatto poco prima Yoongi, infilandosi il telefono nella tasca dei pantaloncini blu con le palme fluorescenti che indossava quella mattina. Camminò verso la porta, dove Yoongi si stava sistemando la maglia, e fece un piccolo salto per issarsi sulla sua schiena, avvolgendo il suo collo con le braccia e i suoi fianchi con le gambe, vedendo come stesse già iniziando a sbilanciarsi all'indietro.

«Jimin!»

Yoongi non riuscì a fermare quel mezzo urlo, lasciando che Jimin ridesse, anche se stavano per cadere entrambi a terra. Fortunatamente, il maggiore riprese velocemente l'equilibrio, uscendo dalla stanza che avevano condiviso fino a quel momento.
La camera affacciava sul piccolo salotto dove potevano riunirsi tutti gli animatori. Fu lì che Yoongi camminò faticosamente, con Jimin aggrappato alle spalle che sogghignava nel suo orecchio e l'artrite che s'iniziava a sentire.

«Ciao, Hoseok!»

Jimin alzò la mano verso il rosso seduto a tavola, che alzò lo sguardo dal telefonino che guardava attraverso di occhiali quadrati che indossava solo quando non doveva badare a stormi di marmocchi urlanti. Hoseok alzò lo sguardo, squadrando Yoongi che si dirigeva verso l'uscita del dormitorio con passi piccoli e traballanti da dietro le lenti, come le vecchie zie cinquantenni guardano i propri telefoni.

«Sicuro di sentirti bene, Yoongi?»

«Hoseok...»

Yoongi si fermò un attimo solo, il tempo di girarsi verso il rosso e fargli un dito medio, lasciando solo per un attimo la presa sotto le cosce del bradipo sulla sua schiena. Jimin scoppiò a ridere di nuovo, mentre Hoseok si rimetteva a scrutare il telefono.
Al lido "Poseidone" erano tutti abituati all'apparente arroganza e mancanza di empatia di Yoongi: al contrario di quello che poteva sembrare, però, lui era davvero aperto con chi faceva breccia nel suo cuore. Un esempio erano i ragazzi che aveva conosciuto in quel mese torrido, passato con troppa sabbia sotto le piante dei piedi e troppa crema solare sulle mani quando era finita la pelle senza protezione sulle braccia scoperte delle maglie a motivi hawaiani. Jimin, con la sua fissa per gli abiti pieni di disegni stravaganti, l'aveva trascinato in un vortice di vestiti ridicoli con fiori, palme e spiagge. E forse, oltre a rubargli sempre le infradito, gli aveva preso anche qualcos'altro.

Come i restanti anni da vivere.

«Park Jimin, giuro che se adesso non scendi dalla mia schiena...»

Jimin ricevette il messaggio, saltando a terra. Yoongi si piegò in avanti, con le mani sulle ginocchia e il sole già accecante delle nove puntato negli occhi. Jimin gli diede un paio di pacche sulla schiena che gli fecero quasi sputare un polmone a terra, fra la sabbia che il vento trascinava anche lì dalla spiaggia.

«Andiamo, Mint boy. Starai benone, ti aiuto a farti i muscoli! Dovresti essermi solo riconoscente.»

Yoongi girò la testa quel che bastava a fulminarlo con lo sguardo. Jimin aveva preso l'abitudine di chiamarlo Mint boy da quando, a metà Agosto, aveva deciso che voleva tingersi i capelli, per l'appunto, in menta. Fingeva di odiare quel nomignolo, ma continuava a ricolorarli ogni volta che sembravano tornare troppo marroncini. Min Yoongi, in qualche dizionario, riporta sotto, tra le definizioni, anche = incoerenza.

«Ho fame! Andiamo a prendere un cornetto?»

Jimin guardò il menta con gli occhi dolci finché non ricambiò lo sguardo.

«Smettila di cercare di farmi diventare definitivamente povero, biondino.»

Jimin gli sorrise e si mise a saltellare verso il bar, mentre il vento gli scompigliava i ciuffi chiari.

LA COLLANINA DI CONCHIGLIEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora