II.

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"Ma che ne pensano le strade, le scale, i corridoi dove da tempo potevano incrociarsi?

Vorrei chiedere loro se non ricordano, ma conosco la risposta.

No, non ricordano.

Li stupirebbe molto sapere che già da parecchio il caso stava giocando con loro."

- Wisława Szymborska


Un odore di pelle e legno inondò le mie narici.

Mio Dio, Jack si infurierà.

Chiusi la porta alle spalle, ritrovandomi in una piccola entrata. Delle pareti leggere di cartonato, nascondevano una scrivania alla quale non era seduto nessuno e alla mia destra delle porte scorrevoli attutivano dei suoni indistinti di colpi, che ero abituata a riconoscere nella vecchia palestra in Italia.

Prima di buttarmi nella tana del leone, sperai che qualcuno facesse la comparsa dal piccolo ufficio che occupava la stanza.

"C'è qualcuno?" Chiesi, alzando il tono della voce per fami sentire sopra quei suoni, che parevano sempre più opprimenti.

Una voce matura maschile, con un accento anche più forte della mia barista preferita, si alzò da dietro i muri bianchi.

"Se sei in cerca di un allenatore, stai perdendo tempo! Qui non alleniamo donne." Sobbalzai a quella risposta improvvisa.

Sei eccessivamente agitata, Bella. Calmati.

Ignorai il tono scorbutico. Con la voce più serena che potessi tirare fuori, mi avvicinai alla finestrella che dava sulla scrivania.

"No, io cerco.."

"Ti ho detto che non alleniamo quelle come te, ragazzina. Cosa non capisci?"

Un uomo sulla sessantina sbucò all'improvviso da sotto la scrivania e se alla prima risposta a mala pena sussultai, a questa per poco non uscii via a gambe levate.

Ora capisco perché Jack è sempre taciturno, non deve essere semplice dialogare con persone del genere tutti i giorni.

L'uomo di fronte mi squadrò con curiosità e si alzò completamente, togliendosi gli occhiali e se possibile analizzandomi maggiormente.

Avrà avuto sessant'anni o forse più. Li portava bene, probabilmente era stato anche lui un pugile. Anche se era evidente fosse un uomo maturo, il suo corpo portava ancora i frutti di quel lavoro. In viso qualche ruga in più tradiva la sua età, insieme alla testa priva di capelli e ai lunghi baffi a tratti bianchi.

"Chi sei?"

"Mi chiamo Isabella, sono.." Mi interruppe immediatamente.

"Bella!! Pensavo di star sognando! Non ci credo, non è possibile!! Sei identica a... conosci Isabella Morris?" Ammorbidì il tono di voce e io sorrisi di rimando, come per ringraziarlo di quel repentino cambio di umore.

"Sì, era mia nonna. Sono la nipote, piacere.."

"Sei la figlia di Jack??" Chiese allarmato.

"No,No..." Era un sospiro di sollievo quello?

"Sono la figlia di sua sorella!"

"Ah, Annie!!" Esclamò gaio, uscendo dal piccolo studio per raggiungermi.

"Non puoi capire che piacere conoscerti! Io sono Sam, un vecchio amico e socio di tuo nonno! Non sai quante volte al telefono mi ha parlato di te! Avevi completamente stregato quella testa dura!"

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