SCARECROW

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Riattivazione...

Inizio processo s/c/a/r/e/c/r/o/w/267...

Controllo status delle terminazioni...

Braccio destro mancante. Entrata USB n.5 ostruita.

Attivazione fotocamera...

Il robot si accese e si guardò attorno, analizzando le facce curiose dei bambini che avevano recuperato i suoi resti. Non era il primo robot che trovavano e sapevano come aggiustarli. Lui, invece, non li riconosceva. Non sapeva neanche se fosse cosciente e in grado di pensare o se dovesse seguire un programma già scritto, convinto di essere niente più che una macchina progettata per portare a termine un lavoro. Qual era il suo scopo?

Cercò nella memoria, danneggiata probabilmente in seguito a qualche urto. Era confuso: per quanto tempo era stato spento? Perché era stato disattivato e non aveva un braccio? Si alzò e guardò verso l'orizzonte. Non riusciva a localizzare la propria posizione rispetto alla Città, ma a giudicare dalla quantità di rocce rossicce e cactus si trovava in un deserto. Eppure nell'ultimo luogo dove era stato non c'erano deserti e all'orizzonte si ergevano alte mura.

Sulle spalle dell’umano che si trovava dinnanzi a lui, una più piccola teneva in mano un cappello. Gli umani erano sette, più bassi di lui. Era così diverso da ciò che ricordava della Città.

La bambina si sporse e gli mise il cappello in testa.

"è un Ferdora!" esclamò ridendo. Non era un suono familiare, ma gli altri lo imitarono.

"Fedora", la corresse l’umano sotto di lei.

Qualcosa si mosse sopra di lui e il robot ruotò la testa per osservare uno stormo di volatili che non riusciva a riconoscere. Era un peccato che avesse perso tutte quelle informazioni delle sessioni precedenti; in questo modo gli mancava un pezzo fondamentale, necessario per rispondere alla domanda che più di tutte lo tormentava da quando era attivo.

"Cosa devo fare?"

I piccoli umani non furono sorpresi quando, incuriosito dallo stormo, iniziò a seguirlo. Sembrava che quegli animali sapessero già dove andare, cosa fare, quando e come. Niente domande senza risposta, nessun protocollo: solo l'istinto. Quando abbassò lo sguardo si rese conto di essere molto lontano dai ragazzini. Poteva intravedere dei mucchi grigio-neri, assieme alle formazioni di rocce che lo avevano accompagnato da quando si era attivato.

Stava per cadere nel vuoto, uno squarcio profondo che si estendeva per molti chilometri in lunghezza. Alla sua sinistra si trovava una struttura progettata per permettere il passaggio da un lato all'altro della buca. Era arrugginita e traballante, ma abbastanza solida da sorreggere il peso del robot. Sotto di lui un tempo passava l'acqua, che aveva lasciato il segno sulle pareti. Dove c'è acqua c'è vita. Provò a creare una ricostruzione di quel luogo in passato nella sua testa.

Quando il sole era arrivato alla fine del suo arco nel cielo, al tramonto, il robot era arrivato in un luogo silenzioso e malinconico. Non che il deserto fosse un posto rumorosissimo. Svoltò dietro un mucchio di sacchi neri, alcuni rotti o aperti, e si ritrovò faccia a faccia con quello che sembrava un umano. Lo esaminò meglio e si accorse che non respirava e non si muoveva, il che non era normale per un essere vivente.

Ma questo era fatto di metallo arrugginito, proprio come lui. Era un altro robot, disattivato, e ce n'erano molti altri. Mentre cercava di fare una stima della quantità di rottami depositata in quel posto, un uccellino atterrò sulla sua spalla destra.
Cinguettava allegro, sembrava cantasse una melodia. Nella Città si poteva ascoltare un numero ristretto di melodie, le altre avrebbero potuto accendere negli umani un desiderio che non potevano soddisfare. Avrebbero potuto voler uscire, e non dovevano; questo lo ricordava. Ma se non si vedevano muri le opzioni erano due: o erano stati abbattuti e non c'era più una differenza fra Interno e Esterno, oppure era talmente lontano dalla Città che era stata inghiottita dall'orizzonte. Un po' come il sole in quel momento.

L'uccellino tremava infreddolito, si avvicinò di più alla sua testa per scaldarsi col calore prodotto dal continuo girare degli ingranaggi di questa stramba creatura di metallo.

Arrivarono altri uccellini  e si posarono sulle sue spalle. Fu in quel momento che capì: non era un pezzo di ferraglia inutile se poteva aiutare. Non doveva essere per forza scritto dentro di lui, avrebbe potuto trovare quello che cercava nei cinguettii. Il significato era in ciò che lo circondava. Non dipendeva più da coloro che lo avevano creato.

Era davvero libero di scegliere?

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⏰ Ultimo aggiornamento: May 21, 2020 ⏰

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