Capitolo 6

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Quando mi svegliai il sole era sorto da un pezzo. Qualcuno mi aveva fatto indossare abiti da notte e rimboccato le coperte. Anche i miei capelli erano stati pettinati e acconciati in una treccia morbida. Non ero felice del fatto che mentre ero incosciente qualcuno poteva farmi quello che voleva. 

Le tende erano state tirate e le finestre aperte, facendo entrare la piacevole brezza estiva. Su di un carrellino era stato posato un nuovo vassoio con la colazione, ma questa volta non presi niente nonostante fossi affamata. Non volevo ripetere l'esperienza della sera prima!

Solo in quel momento notai che vicino al letto era stata sistemata una poltrona molto elegante e seduto vi era... un fantasma!

Notando il mio sgomento egli sorrise. Era l'uomo raffigurato nel ritratto che si trovava nello studio della professoressa Elisander. Vestito in maniera distinta, con baffi curati e barba corta, mi guardava pacato, senza proferire parola.

-Voi chi siete? - provai a domandare, seppellendomi più che potevo nelle coperte.

-Ben svegliata. Spero di non averti disturbato. Dormivi così serenamente.

La cosa cominciava ad irritarmi. Non solo ero stata svestita, ero pure stata guardata mentre dormivo. Non lo tolleravo affatto.

Probabilmente mi lesse nel pensiero. - Perdonami, sono arrivato pochi istanti fa. Mi è stato chiesto di accompagnarti di sotto. Sono Arthur Johnatan Serpeverde, padre di Elisabeth Johanna Serpeverde, tua madre. Questo fa di me tuo nonno.

Sapevo che il padre di mia madre era morto quando lei era molto giovane, ma non ne aveva mai parlato. Anzi, a pensarci bene, non sapevo niente della famiglia di mia madre. Ad ogni modo, quella rivelazione fu un bel colpo da digerire.

-Come mio nonno? Cosa ci fate nella casa della professoressa? - mille domande affollavano ora nella mia testa. Non ricordavo quasi più perchè mi trovassi lì. Era come se tutto fosse accaduto a qualcun altro e io mi trovassi nel bel mezzo di un incubo.

-Piano, piano bambina. Avrai tutte le spiegazioni che vorrai. Ma prima vestiti, ci stanno aspettando. - Si alzò in volo e continuando a sorridere oltrepassò il muro.

-Come ci stanno aspettando? Chi altro c'è? 

Non potei far altro che indossare l'abito che mi era stato preparato. Era molto morbido, color blu notte. Mi calzava a pennello.

Mio nonno mi aspettava in cima alle scale. Quando mi vide rimase smarrito per un momento, perso in chissà quali ricordi, poi tornò a sorridere. Scivolò lentamente verso il basso, guidandomi lungo il corridoio. Superammo la porta dello studio e arrivammo fino in fondo. Una grande porta dorata a vetri chiudeva il corridoio formando un arco. Da lì si accedeva alla sala da pranzo. Una lunga tavola era stata apparecchiata e due dei tre posti erano occupati. A capotavola sedeva la professoressa, con i capelli tirati su in un'intricata acconciatura e la Gazzetta del Profeta in mano. Accanto a lei, con gli occhi cerchiati dalla stanchezza e dal pianto, c'era mia madre. Stava tremando, cercando di bere da una tazzina per fingere normalità.

Volevo scomparire. Non solo la mia fuga era finita, avevo pure fatto una figura orribile con la mia insegnante. Che, tra l'altro, mi aveva già tradito chiamando mia madre.

Quando mi vide la mamma sorrise ed io scoppiai a piangere. Volevo urlare, arrabbiarmi, correre, spaccare tutto. Ma rimasi lì, accasciandomi a terra in lacrime. Era finita.

Volevo versare tutte le mie lacrime, in modo da esaurirle prima che mi prendessero in moglie. Sapevo che gli uomini non vogliono vedere le donne tristi, si arrabbiano e le picchiano. Così faceva mio padre con mia madre e così mi era stato insegnato. Non avrei mai permesso a nessuno da quel giorno in poi di vedermi fragile. Quanto ero stupida!

Mia madre corse da me e mi abbracciò forte. Non mi aveva mai abbracciato, o almeno non così. Mise in quell'atto di affetto tutto l'amore che riuscisse a trasmettere. Non lo dimenticherò mai. E se avessi saputo che oltre al primo, era anche l'ultimo l'avrei stretta molto più forte. Mi manca moltissimo. Avrei voluto che le cose fossero andate diversamente.

-Non piangere bambina mia. Non piangere. Risolveremo tutto, insieme. Non volevo che lo scoprissi così.. Sei scappata via da me.. e io... mi sono sentita persa. La mia bambina...

Mi cullava, dicendo tutte quelle cose che mi mandarono ancora di più in confusione. Cosa dovevo scoprire?

-Credo che a questo punto non possiamo più esitare. Elisabeth, dobbiamo raccontarle tutto. E alla svelta. Dobbiamo farla tornare a casa prima che tuo marito si accorga che l'hai stregato. -La professoressa mise via il giornale, facendoci cenno di venire a sedere. Cosa che facemmo con molta fatica, visto lo stato in cui eravamo. Mi sentivo debole e stanca, nonostante avessi dormito molto.

-Visto che tua madre al momento non può parlare inizierò io. Se te la senti prendi pure un po' di tè. Però ascoltami Grimilde, qualsiasi cosa ti dirò voglio che tu stia calma e rimani fino alla fine del mio racconto. Dopodichè ti sbrigherai a tornare a casa con tua madre prima che sia troppo tardi. Sono stata chiara?

Ero pietrificata. Mi faceva paura il suo tono così autoritario. Annuii velocemente, curiosa di sapere cosa aveva da dirmi di così importante.

-Devi sapere che sono la sorella minore di tua madre. Immagino tu abbia già conosciuto nostro padre, tuo nonno, poco fa. Ti trovi nella casa in cui abitavamo da fanciulle, con i nostri genitori. Io ed Elisabeth non ci parlavamo dal giorno del suo matrimonio con tuo padre, che le ha impedito ogni tipo di contatto con la nostra famiglia. Quando sono venuta a recapitarti la lettera di Hogwarts me la sono trovata davanti, insieme a un'ondata di ricordi del passato. Abbiamo iniziato a sentirci di nascosto, con la scusante della scuola, e abbiamo elaborato un piano per evitare che tu finisca come lei - indicò mia madre, che sembrava essere diventata piccolissima. Vedevo tanta sofferenza nel suo sguardo. 

-Come siete sorelle? Perchè non ne sapevo niente?- Mi sentivo presa in giro, era una cosa troppo importante. -E perchè mio padre non vuole che vedi la tua famiglia? Non me ne hai mai parlato. Smemorina lo sa?- Avevo paura di essere l'unica all'oscuro di tutto.

-Silenzio, bambina. Le domande tienitele per dopo. Non amo essere interrotta.

Non sapevo se ero più arrabbiata per come mi aveva chiamato o per il suo tono. Ma agitarmi non sarebbe certo servito a niente.

-Mi scusi, non si ripeterà.

-Sarà meglio. Dunque. Come dicevo, dopo aver riallacciato i rapporti abbiamo cercato una soluzione che potesse far sì che tu non perda la tua libertà e il tuo talento non vada sprecato. Ovviamente tu avresti saputo tutto dopo, in modo da non destare sospetti in tuo padre. Ma dato che ormai sei qui sarai messa al corrente di tutto. Dovrai recitare la tua parte in maniera perfetta, altrimenti salterà tutto.

Ascoltai tutto il racconto con meraviglia, non avevo capito proprio niente su mia madre e su quanto tenesse a me.  Avevano studiato un piano perfetto, in tutti i dettagli. Non potevo e non dovevo fallire. Mia madre contava su di me.



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