La Svolta

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La gigantesca arena del palazzo reale si stagliava maestosa all'orizzonte, bardata con gli stemmi dei valorosi cavalieri che avrebbero preso parte al torneo, appartenenti a ben cinque regni attigui, che avevano attraversato non poche fasi bellicose ed ora, finalmente, erano in pace.

Osservare quello spettacolo mozzafiato, un mosaico di colori accesi, stendardi araldici e intrepidi guerrieri a cavallo, avrebbe suggestionato gli occhi di chiunque avesse avuto l'opportunità di osservarlo. Certo, l'estasi sarebbe però irrimediabilmente scemata se a guardarla fosse stato uno sventurato servitore di corte che, mangiandosi nervosamente le unghie, seguiva con lo sguardo ogni mossa del suo padrone, il principe, per assicurarsi che non cadesse da cavallo o iniziasse a dedicargli una canzone in mezzo alla piazza.

Completamente soggiogato dalla magia di Trickler, Artù Pendragon sembrava a malapena rendersi conto di dove si trovava e di che cosa stava facendo, limitandosi ad imitare gli altri partecipanti e a sorridere candidamente ai suoi ammiratori, che lo incitavano dal pubblico.

Dall'alto del suo trono, affiancato dalla figliastra, Uther si ergeva fiero, declamando il suo discorso interminabile che, onestamente, nessuno si stava sorbendo più di tanto, impegnati com'erano a fare scommesse sui possibili vincitori.

Ogni cavaliere si diresse presto alla sua postazione, per indossare l'armatura e munirsi delle armi necessarie, secondo la propria abilità e preferenza. Merlino non aveva potuto declinare quell'incarico, sebbene ci avesse senz'altro provato. Sfortunatamente, Gwen era già stata richiesta da Lady Morgana per accompagnarla al torneo, perciò sarebbe potuta intervenire solo in un secondo momento, durante la pausa, per mettere in atto il loro piano. 

Artù arrivò al suo cospetto quasi saltellando - era del tutto adorabile in quello stato confusionario, doveva ammetterlo - e gli sorrise al settimo cielo, alzando le braccia per farsi vestire.

"Quindi sei guarito?" gli chiese con fare inquisitorio.

"Mai stato meglio, Sire" gli disse il corvino di rimando, cercando di mantenere un tono quanto più distaccato possibile, per evitare fraintendimenti.

"Mi sei mancato, sai? Credevo volessi evitarmi." Continuò lui, mordicchiandosi il labbro inferiore. Merlino si chiese se fosse improvvisamente arrivato un ciclone dall'Africa a surriscaldare le temperature di Camelot di almeno dieci gradi, o se fosse tutto frutto della sua perversa immaginazione. Ma non poteva certo lasciarsi distrarre dagli sguardi languidi del principe, doveva solo attenersi al piano. Facile, no?

Cercando con tutte le sue forze di non guardarlo negli occhi, finì di sistemargli per bene l'armatura, dopodiché gli consegnò l'elmo. Artù aveva assunto un'espressione imperscrutabile, e questo, nella mente del mago, non prometteva nulla di buono. Non era certo tipo da arrendersi, era sicuro che stava architettando qualcosa.

Nemmeno a farlo apposta, l'erede al trono decise che quello era il momento più opportuno per tentare, ancora una volta, di molestare il suo impavido servitore, appoggiandogli, poco carinamente e senza alcun pudore, una mano sul didietro.

"S-sire, che state facendo?"

"Nulla. Non so proprio di che stai parlando", rispose lui non nonchalance, continuando imperterrito a violare tutte le leggi di Camelot sulla morale e il buon costume. Merlino, basito come non mai, cercò di scostargli il braccio da quella poco consona posizione, ma nel farlo finì per scivolare su una macchia di bagnato - la sua sfortuna non aveva veramente limiti - e incontrarsi ancora una volta con il suo amico di una vita, il pavimento, questa volta però trascinandosi dietro nientedimeno che Artù Pendragon, campione in carica, che si ritrovò così disteso sopra di lui. Ovviamente, al principe non dispiacque affatto quella posa, e non evitò di aggiungere alla sua cocente umiliazione non pochi commentini osceni.

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