Dannata ragazza

3.6K 194 32
                                    

Justin P.O.V.

Calda. La sua pelle calda continuava a premere sulla mia.
La sentivo muoversi continuamente, presa da spasmi di piacere.
La mia fronte era imperlata di sudore, mentre continuavo a spingere contro il suo fragile e formoso corpo da donna.

Continuai, ma poi?
Poi mi svegliai.

Dannatissima ragazza. Mi stava facendo impazzire da ormai due notti.
Ma io ero il suo professore ed era tutto così sbagliato.
Eppure, in lei, c'era qualcosa di diverso, qualcosa per cui avrei dato la dignità pur di scoprirlo.

Quella ragazza sarebbe diventata la mia rovina.

Mi rigirai nel letto svariate volte, tentando di smuovere i miei pensieri.
Ma ogni cosa a cui pensavo finivo per associarla a lei. Ai suoi capelli così neri, alla sua bocca carnosa e piena, ai suoi occhi azzurri. Gli occhi, oh si, quelli erano la fine del mondo.

Era una bellezza naturale, così dolce e accattivante. Un mix che dava alla perfezione.

Il sangue mi bolliva nelle vene.
Ero troppo attratto da quell'angelo caduto.

Sarebbe stata la mia salvezza, ma anche la mia fine.

Ne ero consapevole, eppure non riuscivo a rimuoverla dai miei pensieri.

Controllai l'orologio; le sei di mattina.
Non sarei più riuscito a prender sonno e comunque la mia sveglia sarebbe suonata a breve.
Decisi quindi di alzarmi.

In cucina cercai qualcosa da mangiare, ma non trovai nulla. Schifato tornai in camera per prepararmi.

Dopo la mia solita doccia mattutina, indossai i vestiti da lavoro; camicia, giacca, pantaloni di cotone e scarpe laccate nere.

Era strano che un ragazzo giovane come me fosse riuscito a trovare una cattedra in una scuola così buona.
Sicuramente non era stata solo fortuna, la preside era probabilmente attratta dai giovani professori in cerca di carriera.

Presi la mia ventiquattrore ed uscii di casa.

Il sole caldo della California mi illuminava il viso. Che sensazione fantastica.
Il cielo non presentava nemmeno una misera nuvola grigiastra, era una giornata perfetta.

Salii sulla mia amata Audi A3 e mi avviai verso scuola.

Insegnare era sempre stato il mio sogno e il lavorare in quella scuola lo aveva realizzato a pieno.

Parcheggiai dietro all'aula insegnanti e, successivamente, vi entrai.

Lo sguardo delle donne era puntato su di me.
Quarantenni in cerca di avventure stravaganti da romanzi rosa mi osservavano con occhi sognanti.
Il solo immaginare i loro pensieri mi metteva disgusto, eppure mi limitavo a sorridere cordialmente ai loro sguardi.

Andai a firmare la mia presenza e poi mi recai in classe a far lezione.

Vagai con lo sguardo per tutti i corridoi. Di lei nemmeno l'ombra.

I miei occhi speravano continuamente di incontrarla, eppure venivano delusi di continuo.

Entrai in classe combattuto, aspettando solo la pausa pranzo.
Almeno lì avrei potuto vederla.

Tra una lezione e l'altra mi concedevo qualche minuto per pensarla.

Mi stava rendendo pazzo. Mi portava fuori dalla giusta strada. Faceva sorgere in me pensieri poco carini.

Era sbagliato, troppo sbagliato. Eppure nemmeno questo mi fermava.

Venni distratto da un mio pensiero dal suono della campana.
Era arrivata la pausa pranzo.

Rivolsi lo sguardo alla classe e presi parola "per la prossima volta non vi lascio compiti, arrivederci", poi uscii frettolosamente dalla classe.

In mensa il brusio di sottofondo mi offuscava la mente. Odiavo il casino.

Mi sedetti al solito tavolo, in compagnia di qualche professore.
I loro discorsi si portavano avanti da qualche minuto, ma ero troppo impegnato a cercarla con lo sguardo per poterci prestare attenzione.

Eccola.
In tutta la sua bellezza.

Era seduta ad un tavolo poco più lontano del mio, in compagnia della sua solita amica.
Stava ridendo, che visione.

Il suo sguardo si posò sul mio. Non distolsi nemmeno per un secondo i miei occhi da lei.
Continuammo a guardarci, finché un ragazzo non le si parò davanti cercando di parlarle.

Il fastidioso senso di bruciore cresceva in me, chi diavolo era quello.

Eppure, sapevo che non dovevo permettermi nemmeno di pensarci a certe cose. Per lei non ero nulla.

Mi alzai dalla sedia e, salutando distrattamente i miei colleghi, me ne andai in biblioteca.

Avrei aspettato il suo arrivo lì.

Presi un libro a caso, dallo scaffale adiacente al bancone dov'ero seduto, ed iniziai a sfogliarlo.
Era 'La campana di vetro' di Sylvia Plath.
Avevo già letto quel libro, forse uno dei migliori di sempre.

Distrattamente lessi qualche capitolo aspettando le quattro, poi la vidi entrare.

Indossava un vestito azzurro, leggero e carino. Le segnava perfettamente le forme e le dava un'aria dolcemente sbarazzina.
Sorrisi.

Si avvicinò e prese posto di fronte a me.
"Buongiorno" la sua voce uscii lieve.
Mi piaceva quando parlava così, odiavo le voci squillanti.

Feci un cenno col capo ed aprii il libro di letteratura.

"Oggi faremo qualche sonetto, voglio vedere come te la cavi con le parafrasi" sorrisi debolmente.

Annuì e si sistemò meglio sulla sedia, ponendo in evidenza il suo seno.
Mi stava facendo lentamente cadere nella sua dolce trappola.

Iniziai a spiegare, ed ogni tanto lasciavo cadere il mio sguardo sui suoi occhi.

Ero cotto.

------------------
Spazio Autrice

Questo capitolo è orrendamente di passaggio, ma spero vi piaccia lo stesso.

Tra un po' arriveranno le parti più interessanti!

Alla prossima💕

Sex ListDove le storie prendono vita. Scoprilo ora