Capitolo 5

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Sbatto le palpebre un paio di volte prima di esclamare un - Come scusa? –  ma me ne pento quando mi ricordo che Blake è sul tetto con noi. Infatti, mi sta guardando come se davanti a sé avesse le risposte a tutte le domande del mondo. - Puoi vederlo? – mi chiede con aria stralunata. Faccio distrattamente cenno di sì con la testa mentre osservo con aria assorta il ragazzo dagli occhi color smeraldo che sta con aria sfrontata di fronte a me.
- Potreste smetterla di parlare di me come se non ci fossi? Se non è un disturbo, eh. –
Guardo male il fantasma davanti alla porta che dà accesso al tetto e contemporaneamente cerco di capire la reazione del biondo di fronte a me. Sul suo viso passano sentimenti contrastanti, prima incredulità, poi comprensione, infine un velo di solidarietà brilla nelle sue iridi. Il suo sguardo mi fa sentire come se non fossi più sola ad affrontare il mondo, ma avessi qualcuno uguale a me a sostenermi. Qualcuno che come me può vedere le anime tormentate dei morti, ciò che rimane dei loro corpi senza vita, spettri incorporei rimasti sulla terra perché c’è qualcosa che li lega qui e che non permette loro di raggiungere la pace. Da bambina lo dicevo a tutti: a mia madre, alle maestre, ai miei amici. Perché pensavo di non essere l’unica a vedere quelle persone dagli strani costumi ottocenteschi che poltrivano sulle panchine davanti alle elementari, ma poi capivo che gli altri non riuscivano a vedere quello che vedevo io, allora iniziavo a fare i capricci, battere i pugni per terra e a frignare perché non volevo essere diversa. Chi lo vorrebbe? All’epoca mia madre decise di portarmi da uno psicologo, uno strizzacervelli che decise che i fantasmi che vedevo non erano altro che amici immaginari e che disse a mia madre che mi sarebbe passata presto. Ma così non fu. Con il tempo ho iniziato a non parlarne più e ho smesso di andare dallo psicologo, ma non ho smesso di vederli. Alle medie i più grandi mi diedero il soprannome di visionaria, e gli studenti della Dawnville High School lo usano ancora quando cammino per i corridoi.
- Ora che tutti vedono tutti posso parlarvi o devo inchinarmi per avere la vostra attenzione? –
- Non puoi vaporizzarti e smetterla di rompere il cazzo? –
- Attento a come parli, biondino. –
Mi metto in mezzo ai due per sedare una probabile lite. Anche perché sarebbe inutile se si prendessero a pugni, dato che uno dei due è, per l’appunto, incorporeo.
- Ok, vediamo di darci tutti una calmata – mi frappongo in mezzo ai due più per rassicurare me stessa che per un problema vero e proprio. – Cosa ti serve? – chiedo allo spettro senza mezzi termini. Lui mi squadra un attimo prima di rispondermi- Ho bisogno del vostro aiuto. Sono nove anni che vago sulla Terra e per andarmene credo di dover trovare il mio assassino. Ma non posso farlo senza l’aiuto di qualcuno e voi siete gli unici che riescono a vedermi, a quanto pare. Per favore, siete gli unici che possono aiutarmi. – il ragazzo che ora mi sta di fronte ha perso tutta la sfrontatezza e sembra pronto ad inginocchiarsi per davvero per il nostro aiuto. Ha passato nove anni ad essere ignorato, perché nessuno lo poteva vedere, sentire le sue urla che imploravano di essere salvato.
Sono già pronta ad annuire, ma le parole del biondo mi bloccano - Perché dovremmo farlo? – chiede bruscamente Blake.
- Posso sempre convincervi perseguitandovi, ma credo che sia più rapido e meno indolore se accettate adesso. – di colpo sembra aver riacquistato tutta la sua sicurezza, mentre si appoggia al muro dell’ingresso del tetto, e i muscoli delle braccia si flettono armoniosamente quando mette le mani nelle tasche dei jeans neri che indossa.
- In che modo possiamo aiutarti? – mi riprendo e smetto di guardare i suoi bicipiti scolpiti, sposto lo sguardo nei suoi occhi, che mi catturano e mi lasciano un brivido piacevole addosso.
- Indagando per me. Io non posso toccare nulla, passo attraverso le cose. – dice, mentre si passa una mano tra i capelli, scompigliando i riccioli neri, che tira indietro con un gesto secco del braccio – Per favore – ci supplica infine.
- Beh, io non capisco ancora perché dovrei aiutarti – Blake parla in tono provocatorio, aspettandosi una brutta reazione dal fantasma, come una battutaccia, ma io lo precedo: - Se posso darti una mano lo farò – Blake appare alquanto contrariato dalla mia reazione, ma non ci bado più di tanto. Invece, il ragazzo dai capelli corvini di fronte a me sorride puntando lo sguardo nel mio, mostrando i denti bianchi come l’avorio da dietro le sue carnose labbra rosso ciliegia. Gli sorrido di rimando.
- Oh, e va bene. Ti aiuterò, fantasma formaggino di ‘sto cazzo – si intromette Blake.
- Grazie, conta veramente tanto per me. In questi nove anni non potevo parlare con nessun essere vivente, e i fantasmi che ho incontrato erano troppo annebbiati dal loro dolore per notarmi. Quindi scusate se ho un po’ dimenticato le buone maniere – abbozza un altro piccolo sorriso e sul viso gli spuntano due adorabili fossette.
Nel frattempo, sentiamo il suono smorzato della campanella, che indica la fine della penultima ora di lezione. Blake si allontana dal bordo del tetto e prima di rientrare nell’edificio, ci dice: - Ci vediamo domani al termine delle lezioni così il fantasma formaggino potrà dirci quello che sa sulla sua morte. A casa tua va bene Dal? – annuisco in risposta, così lui se ne va. Lo seguo alla svelta, per non arrivare in classe in ritardo, e le nostre strade si dividono in uno dei tanti corridoi, poi entro nell’aula.
Al termine delle lezioni, non vedo Chelsea e i suoi fratelli da nessuna parte, così lascio perdere l’idea di salutarla e mi incammino alla fermata dell’autobus, che arriva poco dopo. Arrivata alla mia fermata, scendo dal mezzo e mi incammino verso casa. Noto un’ombra all’angolo della mia visuale, che si muove dietro di me, così mi volto e noto il fantasma.
– Non ci siamo ancora presentati – dice – io sono Alaskaj Byrne, e tu? –
– Dalila Roth
– Dalila. Un nome veramente incantevole. Posso venire a casa con te? Non è bello nemmeno per un fantasma passare tutta la notte in strada e come puoi ben vedere non posso farti niente di male. – Con u sorriso timido gli faccio cenno di seguirmi e lui mi affianca, camminando senza toccare l’asfalto del marciapiede.


SPAZIO ALPACA NERO

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Scusate la lunga assenza, ma dovevo riordinare le idee per continuare a scrivere. Spero di essermi fatta perdonare con un po' di fan service😉








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