Capitolo 4

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 Mi giro e vedo lei....

I capelli biondi le incorniciano il viso come un'aureola; in modo quasi angelico. Indossa dei vestiti semplici, ma che le danno un'aria sofisticata, e un paio di gioielli, costosi ed eleganti. I tratti del viso sono delicati, con il naso aquilino leggermente a punta e un rossore naturale a macchiarle le guance. Sarebbe molto bella, se non fosse per l'espressione che ha la sua faccia: la bocca è chiusa in una linea dura e gli occhi hanno un luccichio famelico, cupo, di chi ha appena trovato la preda con cui giocare per un po'. Storce la bocca in un ghigno che non promette niente di buono, e le labbra scarlatte si aprono sui denti bianchi, perfettamente allineati.

-Lurida cagna, ora me la paghi! - detto questo, Emily cerca di colpirmi, ma io schivo il suo pugno e la sua mano finisce contro l'anta dell'armadietto, producendo un suono metallico. Questo non sembra fermarla, anzi, le sue pupille si dilatano ulteriormente, mentre le sue amiche mi bloccano le braccia, tenendomi ferma. Cerco di divincolarmi per reagire, ma non ci riesco. Emily cerca di colpirmi di nuovo, ma si blocca quando sente qualcuno applaudire.

-Tre contro uno, davvero molto corretto, non che in questa scuola ci sia qualcosa di corretto. - Con una falcata, il professor Walsh si posiziona tra me ed Emily, è il professore della detenzione. Le due ragazze mi mollano, mentre io ho ancora uno sguardo inebetito, ed Emily cerca di ricomporsi come meglio può. Una volta esserci riuscita, e vedendo che il professore non ha altro da dirle, se ne va, seguita a ruota dalle altre due, che fino a quel momento erano immobili come statue di sale, fissando il docente.

-Grazie prof, è stato gentile da parte sua. Non molti mi avrebbero aiutata al suo posto. -

-Dovere. E poi mi ricordi qualcuno che conoscevo una volta. - e con queste ultime parole si allontana, lasciandomi da sola nel corridoio.

Le domande cominciano a riempirmi la testa. Mi fanno quasi sentire male fisicamente.

Perché Walsh mi ha aiutata? Chi gli ricordo? Quando finirà tutto questo?

Me ne vado anch'io da lì e mi dirigo verso il tetto, strisciando lentamente le suola delle scarpe sul pavimento del corridoio. Tanto quest'ora è andata, e la docente odiava i ritardatari, comunque.

Salgo le scale di fianco alla palestra, fino ad arrivare a una porta che dà accesso al tetto. Normalmente questa porta dovrebbe essere bloccata, e il tetto inaccessibile, ma il catenaccio che in teoria la dovrebbe chiudere è buttato a terra, rotto, insieme ad alcuni pezzi d'intonaco che si sono staccati dal muro. Probabilmente è stato qualcuno di quinta a romperlo, ma non m'importa. Voglio solo stare da sola. Come sempre, d'altronde.

Apro la porta e me la richiudo alle spalle. Sono sul tetto ora, e non sono sola. *Inserire imprecazione a piacimento*. Blake è appoggiato all'inferriata bassa che delimita il tetto. Il suo corpo, coperto da un jeans e una maglietta nera a maniche corte, che fa risaltare il biondo dei suoi capelli, è illuminato dal sole, che gli fa brillare gli occhi di luce viva. Vado a sedermi vicino all'inferriata anch'io, leggermente più lontana da lei. Il vento da quassù mi colpisce dritto in faccia, facendomi volare alcune ciocche, che sono sfuggite dalla coda che ho fatto stamattina. Le porto indietro con uno scatto del braccio. Mi sento osservata. Il so sguardo mi scivola addosso in maniera insistente, come se fossi un alieno con tre teste materializzatosi ì per caso. Forse voleva starsene anche lui da solo, come avevo pensato in mensa, e io sto disturbando la sua quiete, con la mia presenza. Faccio per andarmene, ma la sua voce mi trattiene: - Tranquilla, puoi restare- mi dice infatti – Sto solo cercando di saltare l'ora di matematica. – Ma il suo sguardo mi dice che sta cercando di nascondersi da qualcos'altro. Era una sensazione che capivo bene, quella di voler allontanarsi dalla gente per stare in pace, senza sentirsi lo sguardo di tutti addosso. Alzo appena le labbra in un sorriso, che lui ricambia mestamente.

Guardo oltre il cornicione e vedo il parcheggio, affollato dalle macchine degli insegnanti e i mezzi degli studenti. Punto oltre lo sguardo e vedo il centro città, con le sue case dal tetto spiovente e i vicoli tortuosi. Più in là si vede a malapena la periferia, con le sue fabbriche bianche alla luce del sole e i suoi appartamenti modesti. E ancora più indietro, il bosco, con la sua vegetazione fitta e gli alberi scuri. Il bosco aveva una grande attrattiva per noi adolescenti di Dawnville, credo per il senso di mistero che infondeva, e anche io ne ero fortemente attratta, da tanto tempo. Mi ricordo di quando ero bambina, e giocavo al limitare degli alberi, dove la periferia della città si mischiava al bosco, anche se mia madre me lo proibiva sempre. E io tornavo a casa, costantemente con le ginocchia sbucciate, perché ero caduta tra le radici degli alberi più vecchi, e mia madre me le medicava con un sospiro rassegnato e un sorriso accennato sul volto, sapendo che il giorno dopo ci sarei tornata e sperando che un giorno la smettessi. Ma così non fu, e a dodici anni scoprii che c'erano dei sentieri nel bosco, e che uno portava a una vecchia chiesa sconsacrata, depredata e con i mosaici delle finestre rotte. A quei pensieri mi venne un sorriso nostalgico sul volto, pensando a mia madre e a come mi guardava ogni volta che varcavo la soglia della porta, con i graffi che bruciavano sulle gambe e le braccia.

Tutt'oggi ci vado ancora, in modo meno frequente, a causa di tutti gli impegni scolastici che ho. Ogni domenica mi faccio un giro per quei sentieri, che sono leggermente illuminati dai pochi raggi del sole che penetrano dal fitto fogliame degli alberi. C'è addirittura un piccolo fiumiciattolo che divide in due il bosco, ma ci son un paio di tegole che si possono usare per oltrepassarlo, cosa che ho già fatto. Scende a valle in un piccolo ruscello, dall'acqua limpida e cristallina.

Mi distraggo dai miei pensieri per concentrare il mio sguardo su Blake, che non mi sta più guardando, ma sta osservando con aria assorta e accigliata un punto dietro di me, sul tetto. Sta fissando il ragazzo dell'autobus, con l'aria di qualcuno che non lo vorrebbe vedere affatto. Il ragazzo è vestito come le altre volte in cui l'ho incontrato, in modo semplice. E mi sta fissando.

Cos'è? La giornata di tutti che fissano tutti?

Poi il ragazzo dai capelli scuri, rimasti invariati dalla luce del sole, mi dice: - Hey, lo sai che è maleducazione non salutare? – lasciandomi sbigottita.

Poi il ragazzo dai capelli scuri, rimasti invariati dalla luce del sole, mi dice: - Hey, lo sai che è maleducazione non salutare? – lasciandomi sbigottita

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ANGOLO ALPACA VERDE

Ok credo di essere diventata una maestra della suspense nel frattempo. Ma non preoccupatevi, nel prossimo capitolo svelerò tutto. Promesso. U_U



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