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19 Marzo 2015, Italia
- Mi servirebbe una collana - commentai, uscendo da camera mia, rivolgendomi più a me stessa che a Tim di fianco a me.
Gli lanciai uno sguardo veloce; aveva un'espressione strana sul suo viso dai lineamenti dolci. Per quanto lo conoscessi bene, non riuscii ad interpretarla.
Ci dirigemmo in cucina, i miei passi accompagnati dal ticchettio dei tacchi.
- Mamma, tu hai una collana da prestarmi? - chiesi.
Lei si voltò, smettendo per un secondo di lavare i calamari per la cena.
Amavo i calamari ripieni in effetti, ma ero sicura che la mia cena quella sera, anche se non a base della cucina di mamma, sarebbe stata perfino migliore.
- Prova a guardare nel mio portagioie. Terzo cassetto del comodino - rispose, per poi riprendere ad occuparsi dei calamari.
- Ma no, non hai bisogno di nessuna collana, stai bene così - intervenne Tim.
Io non ne ero per niente convinta. Mi diressi in camera dei miei genitori, estrassi il portagioie di madreperla e aprii tutte le scatolette al suo interno. Le collane di mia madre erano in stile antiquato o d'oro giallo, che non si intonava gran che con il mio vestito rosa. D'altronde avrei dovuto immaginarlo: mamma non è certo la più moderna e alla moda.
- Hai trovato qualcosa? - mi chiese, vedendomi tornare.
- Dai, andiamo, siamo in ritardo come al solito - mi esortò ancora Tim, già pronto per uscire.
- Ciao, mamma - salutai, uscendo di casa quasi trascinata da Tim.
- Quanta fretta! - esclamai, ridacchiando divertita mentre accendeva l'auto.
- Vorrei essere in orario almeno una volta all'anno per il nostro anniversario - osservò.
Gli scoccai un bacio sulla guancia: era sempre così romantico! Lui si voltò per darmi un vero bacio sulle labbra. Nonostante ci fossimo baciati almeno mille volte in quei tre anni, ogni volta sembrava come la prima; tutto scompariva, avevo solo l'impressione di baciare una nuvola di zucchero filato, morbida e dolce.
Arrivammo al ristorante circa venti minuti dopo. Lui si alzò per venirmi ad aprire la portiera dell'auto, da vero gentiluomo. Notai che si era vestito elegante quella sera: un completo classico nero con cravatta azzurra e scarpe eleganti.
Ma ciò che gli donava di più era il suo sorriso, le labbra sottili che si tendevano, gli occhi che si illuminavano ogni volta che mi vedeva. Era così bello! Mi sembrava semplicemente un sogno che lui fosse solo mio.
Entrammo nel ristorante, ci sedemmo al tavolo condotti da una cameriera.
Il locale era un agriturismo, ma in stile non troppo rustico: le sedie erano di legno con un cuscino bianco, la tovaglia che copriva i tavoli scendeva fino a terra. Lo avevamo scelto con cura, facendoci consigliare da mio fratello che in quanto a cibo e ristoranti non si sbagliava mai.
E infatti mangiammo divinamente. Il tortino di zucca fu davvero squisito, il piatto migliore che avessi mai mangiato. O forse era solo perché tutto era perfetto. Lui era perfetto. Ed era evidentemente pazzo di me e io di lui.
Ero felice; vedevo soltanto una piccola nuvola grigia all'orizzonte, ma non era ancora tempo di pensarci.
- Sei proprio bella stasera - disse lui, prendendomi la mano. A quel punto avevamo già mangiato anche il dessert: una millefoglie all'ananas e crema chantilly.
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La logica del CAOS
ChickLitIl trasferimento per lavoro in un villaggio della campagna francese rappresenta per Monica un nuovo inizio. Eppure i suoi pensieri sono ancora a migliaia di chilometri da lì, nella gelida Berlino, insieme a lui. Lui è Jonas, genio della matematica...