26 Febbraio 2017, Francia
Una notte come tutte le altre: un letto comodo, un buon libro, una tazza di tè tra le mani. Esco dal torpore soltanto per andare a chiudere la finestra. L'aria della notte mi sferza il viso. Alzo gli occhi verso il cielo e guardo la luna, da qui, da un piccolo paese della campagna francese. Sembra una luna diversa, più grande forse, ma in verità è sempre la stessa. La stessa che sorvegliava i tetti dei palazzi vertiginosi, che si specchiava nell'acqua della Sprea insieme alle vetrate, alle facciate moderne. La stessa luna che la Fernsehturm sembrava toccare con la sua punta aizzata verso il cielo notturno.
27 Dicembre 2016, Berlino, ore 1:30
Chiudo gli occhi, li riapro. Sono ancora nella sua stanza angusta, piena di troppe cose, che sa un po' d'incuria e di tanfo d'erba. Il suo corpo nudo di fianco al mio, quella coperta che sa ancora di noi, della lotta per il piacere, della conversazione senza parole.
Il mio braccio gli sfiora i riccioli scuri sparsi sul lenzuolo; i riccioli che gli ricadono sempre sugli occhi, che coprono in parte quello sguardo traboccante di strana follia. Lo sguardo di circa mezzora prima, nella sua cucina ricoperta di quei simboli strani, incomprensibili: radici quadrate, lettere greche, pezzi di quaderno riempiti della sua grafia imperfetta, rapida, senza un'apparente logica. E forse una logica non c'è. E' la follia, o forse la logica folle della creazione, non saprei dire.
So solo che proprio per questo non c'è stata una logica quando nella cucina caotica della sua casa caotica , nel bel mezzo di una conversazione futile che avrebbe potuto essere su qualsiasi cosa, dal clima al colore delle sue mutande, mi rivolge quel suo sguardo attraverso i riccioli bruni. Uno sguardo da cui non mi riesco a staccare e che finisce con le sue labbra incollate alle mie, col suo corpo che preme contro il tessuto leggero della camicia da notte. Le sue braccia che mi spingono contro il muro, contro la lavagna, contro le sue adorate formule di matematica. Le sue mani esplorano la mia pelle; il desiderio forte e impellente di strapparci i vestiti di dosso.
La strada verso il buio della sua stanza sembra interminabile. Inciampo su qualcosa, cado sul letto, il suo corpo sopra il mio. Infilo le mani nei riccioli bruni - quanto ho desiderato farlo! - sembrano avere la consistenza di una nuvola. Gli accarezzo i lineamenti con la punta delle dita. Il suo sguardo nel buio. Non lo posso vedere, ma lo sento su di me: quegli occhi verde acqua che non hanno nulla di angelico, che sfiorano la follia, con un che di diabolico. Uno sguardo che fiammeggia, come le sue mani che stringono il mio corpo e poi i miei seni, che mi fanno mordere le labbra dal desiderio mentre il suo sguardo diabolico è ancora lì,su di me. Si toglie la felpa logora, la mia maglia. Mi stringe al petto per sentire la mia pelle contro la sua.
Il buio ci avvolge come la coperta,sembra proteggere i nostri gemiti mentre i nostri corpi nudi scivolano l'uno sull'altro, mentre entra dentro di me.
All'improvviso lo sento esitare. Mi guarda ancora nel buio, ma questa volta il suo sguardo sembra meno folle.
- Scusa, è da tanto tempo che non lo facevo - mi sussurra in inglese, con quel suo accento particolare. Io gli sorrido, gli accarezzo una guancia, lui mi prende la mano nella sua, mi bacia le dita dolcemente. So che non c'è bisogno che dica niente.
Poi anneghiamo l'uno nell'altra. Lui forse riesce ancora a risalire in superficie, ad annegare nel piacere quel tanto che basta. Io sono persa, una barca alla deriva in un oceano sconfinato. Non riuscirò mai a risalire, nemmeno quando sento il suo corpo contrarsi, per poi afflosciarsi su di me nella pace dei sensi.
Non parliamo più. Non parliamo del come, del perché, del futuro. Si accascia lì, di fianco a me; il suo corpo nudo, il mio braccio che gli sfiora i riccioli. La luce della luna che entra nella stanza da sopra i tetti dei palazzi di Neukoelln.
Guardo il lampadario mezzo rotto sopra la mia testa, ascolto il rumore della finestra che sbatte in cucina;è la finestra che non si chiude, che ad ogni momento lascia entrare il gelo dell'inverno berlinese.
La mia mente non sa nemmeno più cosa pensare. Mi giro nel letto, sfioro ancora il suo corpo con il mio un'ultima volta prima di dormire.
NdA: Siete confusi dopo questo prologo? Perfetto, è normale! Vi aspetto nel Capitolo 1 per saperne di più! Ma prima, non esitate a mettere stelline o farmi sapere cosa ne pensate.
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La logica del CAOS
Chick-LitIl trasferimento per lavoro in un villaggio della campagna francese rappresenta per Monica un nuovo inizio. Eppure i suoi pensieri sono ancora a migliaia di chilometri da lì, nella gelida Berlino, insieme a lui. Lui è Jonas, genio della matematica...