Che bel grattacielo, ora mi butto giù

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"E per quanto mi piaccia, non si gioca con il cibo prima di mangiarlo!"


La notte era scesa su Yokohama già da un po'. La potente illuminazione della città impediva di vedere la maggior parte delle stelle.
La sera era fresca e nell'aria si poteva percepire un debole odore di pioggia, lasciato dal temporale di quel pomeriggio.

Quella sera le strade della città sembravano fatte di schegge di specchi, le pozzanghere lungo strade e i marciapiedi riflettevano lampioni, palazzi, negozi e quel via vai di gente che inondava le strade tutte le sere.

Dazai guardava quel quotidiano spettacolo dall'alto di uno dei tanti grattacieli di Yokohama. Alla fine doveva ammetterlo, lui amava la sua città. Si sporse leggermente oltre il parapetto e guardò giù, la strada brillava come un diamante, a causa dei giochi di luce provocati dai bagliori dell'illuminazione cittadina riflessi nelle pozzanghere.

L'aria fresca di quella sera gli spettinò i capelli e lui si riscosse dall'incanto che la vista della città gli aveva procurato. Scosse la testa sospirando e si guardò le mani con colpevolezza e malinconia.

Era morta un'altra persona davanti ai suoi occhi e lui non aveva fatto nulla per impedirlo. Ogni giorno vedeva persone morire con il represso desiderio di essere al posto loro. Credeva di aver superato questo suo difetto, la voglia e la curiosità della morte, e invece no, viveva continuamente con il desiderio di andare oltre e cercando di reprimerlo.

C'erano tanti motivi per cui valeva la pena vivere, ma allora perché tutti morivano comunque?

Era forse colpa del destino, ma allora perché il destino continuava a tagliarlo fuori? Lui voleva morire! O forse era colpa delle stelle? No, dalla luminosa Yokohama non si vedevano nemmeno. Forse la gente moriva per sbaglio o per caso...

Non aveva una risposta.

Dazai guardò giù nuovamente, una caduta da un'altezza del genere l'avrebbe sicuramente ucciso, senza troppo dolore, dato che sarebbe morto all'impatto con il cemento.

Bene.

Davvero stava per farlo? Davvero stava giocando con il destino?

Si stiracchiò, aveva un leggero batticuore, ma non era causato dalla paura...
Guardò di nuovo la città, cercando di reprimere il vuoto che gli stava nascendo dentro.

- Scusatemi... - Mormorò rivolto alle persone che stava per deludere e abbondare, anche se non potevano sentirlo.

Guardò con tristezza la sua bellissima città. - Addio. - Sussurrò, poi sorrise.

Stava finalmente per realizzarsi il suo più folle e probabilmente idiota desiderio.

Salì in piedi sulla ringhiera, le mani affondate nelle tasche del cappotto, rimase immobile un istante, ascoltando il battito frenetico del suo cuore, come se quello volesse battere in quel momento tutto i battiti che Dazai stava per sottrargli.

Lasciò che il vento gli scompigliasse un'ultima volta i capelli e i vestiti, lasciandogli sulla faccia un piacevole e fresco pizzicorio.

Poi saltò giù, non ci pensò nemmeno.

Attraversò l'aria con velocità, sempre maggiore mentre si godeva i suoi ultimi e dolorosi respiri.

Poi la sua caduta si fermò. Probabilmente per colpa del cemento della strada.

Dopo un secondo, superato lo stordimento della caduta, Dazai si rese conto di essere purtroppo ancora vivo e che la cosa che aveva fermato la sua caduta era calda e respirava. Sbuffò parecchio infastidito, non aprì nemmeno gli occhi, sapeva già chi era.

SUICIDES AND HATS (Dazai x Chuuya)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora