La sposa

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La luce tremula delle lampade illumina la figura nell'ombra intenta a osservare i corpi martoriati.

Le mani grondanti sangue non suo.

1. Mezzanotte

La figura incappucciata guarda il ragazzo assottigliando gli occhi: l'ha trovato. La mascella convulsamente contratta non sembra certo gridare al miracolo, eppure sente che è lui: il ragazzo è la chiave con cui ristabilire la normalità. Ma prima deve sapere...

«Ragazzo, come ti chiami?»

Fingo di non sentirlo, come fingo di non sentire le grida raccapriccianti che ogni tanto ci raggiungono. Questo non lo scoraggia; la voce si assottiglia. Mi sporgo verso di lui, stranamente voglio sentire ciò che ha da dirmi.

«Il tuo nome, ragazzo! Raccontami ciò che hai visto.» la voce è imperiosa.

Non scorgo il volto dell'uomo sotto il cappuccio, ma gli occhi sì, vivi, sembrano emanare luce rossastra. Le altre voci diventano ovattate; gli altri volti sfocati. Non mi fido, eppure...

«Mi chiamo Carlo».

Mi guardo intorno: siamo circondati da scheletri nella cava naturale che ha funto da ossario per secoli, ma i veri morti sembriamo noi. Nascosti sotto terra come topi, gli occhi grandi di chi ha visto cose che sa di non poter dimenticare.

I bambini non capiscono il perché non possono uscire. Le madri, indicando gli orologi, dicono:

«Vedi? È mezzanotte».

È mezzanotte da sette giorni. Il sole non sorge, il tempo è fermo.

Non so se sia una maledizione, la fine del mondo o un inganno della mia mente, prigioniera della follia. Quello che so è che una misteriosa entità si è impadronita della realtà. Il mare è in tempesta, le alte onde si abbattono su Castel dell'Ovo, un vento che puzza di putrefazione spazza le strade.

La città è invasa dai suoi demoni e non può sfuggire ai suoi fantasmi.
Napoli è antica.
I suoi demoni ricordano l’alba dei tempi e i suoi fantasmi sono legati alle ossa della terra.

La mia città non esiste più e non esiste più la mia gente: ci siamo solo noi, quelli che sono stati veloci o fortunati, ridotti come topi nell’ombra, e Loro.

Non so dargli un nome.

Si aggirano per la città, catturano e seviziano, torturano e violentano, smembrano e sbranano. Per loro siamo giocattoli, nulla di più. Fortunato chi muore subito, divenire loro schiavo fa della morte un miraggio agognato.

Guardo la figura accanto a me, forse ha ragione, parlare mi farà bene. Appoggio la schiena alla parete di tufo e inizio a raccontare.

2. L'invasione

«Tornavo a casa, passando vicino al Palazzo di Sangro, un urlo mi ha ghiacciato il sangue. Una donna nuda, sfigurata da innumerevoli ferite, è uscita correndo con le braccia protese.

Poi, il finimondo.

Non so cosa vedevo, gli occhi si rifiutavano di capire, ma le grida sì, quelle le capivo.

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