LXXIV~A tutto c'è una soluzione ~

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A passo velocemente camminai verso casa mia, con la mano destra stringevo il cellulare e mandavo un messaggio a Gabriel, mentre con la sinistra stringevo quella di Efrem e lo trascinavo con me.

Negai categoricamente l'idea di perderlo, era un mio caro amico e sapevo per certo che a tutto c'era una soluzione. Ero ancora scossa da ciò che mi aveva appena detto, ero confusa, arrabbiata, ma non avevo tempo di metabolizzare la cosa; dovevo agire, piuttosto che pensare.

Mia sorella aveva sopportato per tutto quel tempo il dolore di una imminente trasformazione ed io non me ne ero resa conto. Ero una pessima sorella, una pessima amica, ero pessima in tutto, ma una cosa era certa: in quella guerra dovecamo sopravvivere tutti. Se fosse stato necessario, mi sarei sacrificata io; ma loro dovevano vivere e godersi la propria vita.

Giungemmo velocemente a casa, un tempo ero solita prendere l'autobus per spostarmi ovunque, in quel momento ero in grado di percorrere chilometri senza rendermene conto. L'adrenalina che avevo in corpo mi aiutava notevolmente.
Salimmo su e trovammo sia mia madre che mia sorella sedute sul divano a chiacchierare.

«Efrem!», mia sorella scattò come una molla non appena lo vide. «Stai bene!?», con un gesto del tutto spontaneo si avvicinò a lui e lo strinse tra le braccia. «Pensavo che Bilel ti avesse ucciso.»

«Vorrei tanto farvi godere il bellissimo ritrovo, ma ci sono cose molto più importanti al momento», li interruppi, lanciando un'occhiata a mia madre. Era giusto nasconderle la verità? Per il suo bene sì, nelle sue condizioni non volevo che subisse stress né eccessive preoccupazioni, la situazione era già complicata da sé.

Ci rintanammo dunque nella mia stanza, Efrem era sempre più pallido e sembrava voler crollare da un momento all'altro. Mi concentrai poi su mia sorella, da quando non passavo del tempo con lei? Da quanto non rimanevo in sua compagnia per più di dieci minuti?
In quel momento lo vidi, riuscivo a scorgere i tratti del dolore: era dimagrita, era anch'essa pallida quasi quanto un lenzuolo, i suoi occhi non brillavano di vita, sembravano spenti e privi di luce.

«Efrem mi ha raccontato tutto, del piano di Bilel e della vostra trasformazione», iniziai.
La vidi subito sgranare gli occhi e voltare lo sguardo sul mio amico, il quale abbassò il viso colpevole. «Per quanto me lo avresti nascosto? Aspettavi di svegliarti nel letto come un Rosius?», alzai leggermente il tono di voce.

«Mi dispiace Oks, mi dispiace veramente. Avrei tanto voluto parlartene, ma quando ci siamo riviste dopo settimane mi sembravi fin troppo carica di problemi. Sapevo che Bilel aveva rallentato il mio processo, dunque ho deciso di non dirti nulla, o almeno fin quando la situazione non sarebbe migliorata.»

«Dovevi e basta, ti rendi conto che cosi facendo hai messo in pericolo anche la mamma?»

«Non le avrei mai fatto del male!», si affrettò a dire, quasi come se la risposta fosse ovvia.

«Anche Efrem non mi avrebbe mai fatto del male, eppure ci è andato molto vicino. Più passerà il tempo e più perderai la tua umanità e con essa anche i ricordi, come puoi essere cosi tranquilla?», forse stavo esagerando, ma non avevo né il tempo né la forza di essere dolce e comprensiva.

«Non lo so!», sbottò, «anche se te lo avessi detto, cosa avresti fatto? Probabilmente avresti passato le notti insonni a pensare ad una possibile soluzione, ma non esiste e dunque avresti perso tempo ed energie inutilmente. Ho preferito nascondertelo e non mi pento affatto della mia decisione.»

«C'è una soluzione, a quanto pare. Efrem è venuto da me per darmi questo», feci svolzare il foglio che sorreggevo tra l'indice e il pollice. «Esiste e deve essere studiata nei minimi dettagli.»

Sentimenti Contrastanti||La Storia Di WoodsvilleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora