VII ~I lupi~

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Il mattino seguente venni svegliata verso le nove da mia madre, la quale mi informò che aveva preso appuntamento dal medico.

Avevo le palpebre pesanti e gli occhi gonfi e arrossati. Ero ancora scombussolata da ciò che era accaduto la scorsa sera e non riuscivo a far altro che piangere dalla paura. Mia sorella aveva dormito con me, provando a tranquillizzarmi in ogni modo possibile. Era a conoscenza della mia fobia a causa della brutta esperienza avuta da bambina.

La mie bella borsa a tracolla oramai era irrecuperabile, perforata dai canini aguzzi di quella maledetta bestia.
Dopo essermi preparata alla bella e meglio, andai dal medico con mia madre, il quale mi somministrò l'antitetanica, mi fascio la mano e metà del braccio e mi prescrisse una pomata per il gonfiore e la cicatrizzazione della pelle.

Dopo aver terminato la visita, la mamma -anziché portarmi a casa- mi portò al bar per fare colazione. Sapeva che solo il cibo in quel momento mi avrebbe sollevato il morale ed uso bene le sue carte.

«Aspetta qui, vado ad ordinare», disse, afferrando il portafoglio mentre io prendevo posto al tavolino.

Annuii e la vidi avviarsi alla cassa. Focalizzai poi il mio sguardo sul mio riflesso nel vetro e per poco non sobbalzai dallo spavento. Ero un fantasma spaventoso: viso pallido, due borse nere sotto gli occhi e il contorno di essi arrossato.

Giocherellai con la maglia bianca che avevo indosso e che mi calzava decisamente troppo grande. Nemmeno il secondo giorno di scuola e già avevo un'assenza, a quel punto speravo che la scuola accettasse la giustificazione firmata dal medico.

«Eccomi qui», affermò lei insieme ad un ragazzo che ci servì due cornetti ed un cappuccino per me. «Dopo andremo a compare un'altra tracolla, so quanto ami quelle borse.»

«Sono utili», dissi con voce roca mentre masticavo. Mia madre aveva pur mille difetti, un carattere insopportabile, ma vi erano quei pochi momenti in cui abbassava i muri e diventava normale... Erano rari, ma essenziali.

«Fammi un piacere, la prossima volta chiamami, anche se non sono in casa.»

«Va bene.»

Dopo finita la colazione visualizzai un messaggio di Melinda, la quale -preoccupata- mi chiese perché non fossi andata a scuola. Mi scocciava persino digitare la risposta, dunque mi ripromisi di telefonarla nel pomeriggio. Dopo il bar, ci recammo nel negozio che vendeva le borse e gli zaini. Con orrore, però, notai la presenza dei due ragazzi stranieri: i Fratelli Lupei. Possibile che dovunque andassi ci fossero loro?

«Guarda un po' quante belle borse, lì c'è ne sono delle altre», disse mamma, allontanandosi per prenderle.

«Ciao Oks, cos'hai fatto alla mano?», chiese uno dei fratelli, precisamente quello biondo. Mi inquietavano quei due.

«Nulla», risposi, prendendo una tracolla piccola tra le mani; non ci sarebbe entrato nemmeno un pacchetto di fazzoletti.

«Dalla fasciatura sembra una cosa seria.»

Sbuffai, «ho detto che non è-»

«Io prendo questo», si interromise l'altro fratello, avvicinandoci con uno zaino enorme e nero tra le mani. «Ah, ciao Oks.»

«Hai imparato anche tu il suo nome?», ridacchiò il biondo.

«Sì, l'ho incontrata ieri sera dopo la festa, quando cercavo te.»

«Dunque avevo detto bene, ci vedremo spesso. La nostra famiglia si è stabilita poco lontano da qui, sul lato ovest del bosco, e verremo in paese a fare compere.»

«Come? Cosa? Nel bosco? Non è possibile, lì non ci sono abitazioni, inoltre il bosco è estremamente pericoloso... Ci sono i lupi», bisbigliai.

«Lupi?», si osservarono confusi, «ci hanno dato la certezza che in zona non ci sono lupi. È stato il sindaco in persona a consentirci la richiesta di temporaneo soggiorno. Abitiamo nelle roulotte, non in case.»

Abitavano nelle roulotte? Erano una specie di zingari? Nomadi? Ladri?
«Io vi assicuro che ci sono, state attenti», gli diedi e spalle e mi avvicinai a mia madre, la quale mi mostrò una bella borsa beige.
«Mamma, in paese si parla di quei ragazzi?», le chiesi, sapendo quanto nel mio paese le notizie girassero veloci.

«Sì, so che si sono da poco stabiliti qui e che la loro famiglia è molto riservata; ecco perché mandano loro a fare gli acquisti necessari per vivere ed ecco perché sono in continuo spostamento.»

«Mmm... Sono strani ed inquietanti.»

«Buongiorno signora!», il biondino sbucò dal nulla, facendomi venire le palpitazioni. Perché erano così appiccicaticci?

«Buongiorno», disse lei radiosa, «voglio darvi il mio benvenuto a Woodsville, ho saputo che stabilirete qui per po'.»

«Sì, esattamente a pochi kilometri da casa vostra, oltre il bosco.»

«Mi raccomando state attenti ai lupi e a qualsiasi cosa viva lì dentro. Mia figlia ieri sera e stata attaca da una di quelle bestie.»

«Mamma», piagnucolai, possibile che non teneva mai la bocca chiusa?

«Sei stata attaccata da un lupo?», chiese il moretto con occhi sgranati. «Ti ha morsa?», indicò con lo sguardo la fasciatura.

«No, se quella orripilante bestia mi avesse morsa, a quest'ora non avrei più la mano. Mi ha morso il coniglio che volevo salvare, penso che il lupo fosse interessato solo a quella piccola bestiolina perché è subito corso via inseguendola.»

«Addirittura staccarti la mano? Possiate scusarla, mia figlia ha la fobia dei lupi e ieri era totalmente in stato di shock, quindi ha i residui delle allucinazioni.»

«Quali allucinazioni? Tu non hai visto quant'era enorme quella bestia, non era un normale lupo!»

«L'importante è che stai bene, staremo costantemente in allerta», esclamò il biondo, afferrando suo fratello e trascinandolo fuori. Quei ragazzi non mi piacevano per nulla.


Sentimenti Contrastanti||La Storia Di WoodsvilleDove le storie prendono vita. Scoprilo ora