3. Desiderio

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Le lezioni che seguirono quella breve pausa, chiamata anche ricreazione, furono estremamente rapide. Tra calcoli complessi e concetti antichi, la mente di Ryan si trovava a vagare con la mente alle future lezioni del pomeriggio.
Le aveva chieste  per paura di poter rimanere indietro, perché non aveva intenzione di stare al passo con i compagni: lui voleva sapere di più. Ma ora che ci rifletteva su, forse, la sua era stata un'idea sciocca: sarebbe rimasto solo per chissà quanto tempo con quel professore, di cui aveva iniziato ad analizzare i più minimi dettagli dello stesso.
La voce gracchiante della professoressa di storia lo fece trasalire: si era talmente distratto che aveva addirittura perso la pagina alla quale l'anziana donna stava spiegando. Scosse la testa con delicatezza, come per cacciare quei pensieri dalla mente; in fondo era un giovane uomo, non avrebbe mai potuto provare disagio nei confronti di uno stesso genere.
L'ultima campanella fermò il continuo parlare della professoressa, che non ebbe neppure il tempo di finire una frase prima che l'intera classe avesse abbandonato l'aula. Lo stesso Ryan, con la cartella a spalla, dopo aver cordialmente salutato, si incamminò per il corridoio, ormai gremito di gruppi di studenti pronti ad uscire tutti insieme. Camminava con andatura lenta, tenendo le mani nelle tasche dei pantaloni, fino alla biblioteca scolastica. Spinse il maniglione della porta e, assicurandosi di non fare troppo rumore, entrò nella stanza.
Quella era estremamente grande ed ordinata, con le pareti tappezzate da scaffali e vetrine contenenti , rispettivamente, libri scolastici e testi antichi e, per questo, da collezione; tra questi scaffali, inoltre, erano presenti delle lunghe scrivanie, sulle quali - a meno che non vi fossero i computer - vi si poteva studiare.
Ryan camminava tra gli scaffali, leggendo i titoli di molti tra i libri lì ordinati, verso la scrivania che avrebbe occupato con il suo insegnante. Si fermò, infatti, solo quando vide quest'ultimo. Era seduto ad uno dei tavoli, immerso nella lettura di un libro che, alla vista, sembrava essere un pesante ed antico trattato letterario; la cravatta nera, che, solo poche ore prima, era stretta al collo, adesso era stata allentata con lo scopo di sbottonare i primi bottoni della camicia bianca, da cui si intravedevano le clavicole; i lineamenti del volto, marcati e severi, erano ora rilassati, le labbra leggermente schiuse nella lettura. Quella vista scatenò nel corpo di Ryan un mix di emozioni mai provate prima, che lo portarono a sentire calore soprattutto sul viso, che sentiva essere diventato paonazzo. Non perse tempo a nascondersi dietro uno degli scaffali, posandosi i palmi sul viso caldo, nel tentativo di calmarsi. Non aveva idea di cosa fosse quella sensazione, né si aspettava fosse causata dall'insegnante.
«Signor Kim...», la voce dell'insegnante lo riportò alla realtà con un sobbalzò, facendolo uscire dal suo presupposto nascondiglio; era ancora rosso in volto, nonostante cercasse di mostrare un'espressione rilassata. Kijima Takahashi, rispettosamente denominato come "professor Takahashi", lo guardò curioso di sapere il motivo per cui il ragazzo era lì nascosto; pur non fiatando, però, l'insegnate lo invitò a prendere posto.
Come gli fu detto, Ryan sedette in fronte al professore, tenendo la cartella sulle gambe e prendendo i libri necessari a quella lezione. Lasciò poi lo zaino a terra, posando il libro sulla scrivania ed aprendolo all'ultima pagina studiata. Intanto l'insegnante si era sistemato sia la camicia sia la cravatta, iniziando solo dopo una decina di minuti la lezione. La biblioteca, come ci si aspetterebbe dal fatto che era pomeriggio, era svuotata di ogni studente; per questo la sola voce che vi rimbombava era quella profonda del giovane professore, che spiegava con attenzione l'argomento di letteratura che aveva affrontato.
Ryan cercava in qualsiasi modo di concentrare l'attenzione sul testo che doveva analizzare; ma la presenza dei quell'uomo alle sue spalle non migliorava la situazione che, nel suo corpo, scatenava reazioni di calore che mai prima aveva provato.
Kijima, inoltre, non era da meno. Nello stare accanto a quel giovane studente sentiva un attrazione che gli era impossibile trattenere. Teneva lo sguardo sul volto concentrato dello studente, finché proprio questo non alzò il viso verso di lui; i loro sguardi si incontrarono in punto unico, il tempo sembrò quasi fermarsi per una buona decina di minuti. Quando quel professore, che sembrava tanto modesto, non fu più in grado di resistere a quella tentazione, posò le labbra su quelle del giovane studente: erano morbide le sue labbra, calde di un tepore strano.
Ryan rimase di sasso a quel gesto, in silenzio, sotto lo sguardo imbarazzato dell'insegnante.
«Scusami...davvero, perd-», stava cominciando a dire il giovane uomo, prima che il ragazzo non facesse tacere con le sue stesse labbra.
L'aveva baciato, ancora una volta; proprio quel Ryan, nonostante fosse ancora sconvolto da quella situazione, si era alzato in ginocchio sulla sedia per arrivare più facilmente alle labbra del professore.
Ma il momento non si fermava, il desiderio aumentava sempre di più nei corpi di entrambi. Ryan, portandosi seduto sulla scrivania, mentre ancora le sue labbra si impossessavano di quelle del maggiore, portava le sue mani sulle spalle del maggiore, di cui iniziò a slacciare la cravatta nera. I bottoni della camicia bianca venivano sbottonati uno dopo l'altro, con lentezza, finché non fu possibile vedere per intero il torace scolpito del giovane insegnate. Kijima, da parte sua, aveva ormai levato la giacca dell'uniforme al suo studente e adesso proseguiva nello sbottonargli la camicia. Ryan si sporse verso di lui, alzandosi dalla scrivania e facendolo indietreggiare fino ad arrivare con la schiena ad una delle pareti; fece aderire i loro corpi, come se ormai non potesse trattenere il desiderio.
«Sensei...». Quel sospiro leggero abbandonò le labbra del ragazzo, mentre lasciava che Kijima lo spogliava dei pantaloni neri. Il momento era arrivato, oramai erano entrambi nudi dei loro vestiti, - esclusa la camicia - attratti l'uno dall'altro come due calamite. Il professore entrò lentamente dentro Ryan, che reaggì con un leggero mugugno di dolore; non vi volle però molto prima che i suoi mugugni si trasformassero in veri e propri ansimi di piacere.
Lui che era stato da sempre un ragazzo attento solo allo studio, lontano dalle porcherie riguardanti il sesso; lui stesso, proprio in quel momento, aveva permesso al suo insegnante di penetrarlo. Sentiva il suo corpo godere di un piacere ancora sconosciuto, mentre gemeva ripetutamente. Solo dopo una ventina di minuti, infatti, Kijima venne, riversando il suo seme, con un mugugno; Ryan, invece, trattenne a stento un forte gemito, se non fosse stato per la mano dell'uomo, che gli coprì le labbra.
Sì abbandonarono entrambi sul pavimento di quella biblioteca, scambiandosi sguardi veloci, mentre il giovane studente ansimava pesantemente.
Passarono almeno dieci minuti prima che, per primo, Ryan si alzasse da terra; lo seguì a ruota il professore, guardandolo intensamente prima di dire: «Ryan, questo, tutto questo, dimenticalo...dimentichiamolo».
Il ragazzo rimase a lungo in silenzio. Strinse i pugni dietro la schiena, serrò le labbra con fastidio, mentre guardava quell'uomo che doveva essere il suo insegnante. Quell'insegnante che, dopo avergli fatto sentire emozioni sconosciute, gli diceva di dimenticare tutto; come poteva farlo?
«Lei mia ha portato via la mia verginità, professore Takahashi, vuole che lo dimentichi?». Aveva gli occhi ricolmi di lacrime che non faceva scappare, mentre parlava all'insegnante. Era stato usato come un giocattolo, e certo se l'era voluto da sé, ma non si aspettava che quell'uomo fosse tanto crudele fa chiedergli una cosa simile.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Jun 30, 2020 ⏰

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