Patetici eroi dalla casata dei buoni

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La mia breve permanenza in infermeria fu noiosa e deprimente. La professoressa McGonagall fu l'unica a farmi visita, e l'apprezzai, nonostante ella fu, come sempre, schietta e per nulla prolissa nel domandarmi come mi sentissi e nel tentare di tranquillizzarmi in fatto di lezioni, assicurandomi che sarei presto tornata al banco e che certamente non mi sarebbe affatto risultato complicato recuperare la frazione del programma eseguita in quei giorni.

Avrei potuto giurare, appena sveglia, dopo l'incidente, di aver visto la figura snella di Draco Malfoy abbandonare la stanza, ma mi ero convinta, poi, che si fosse trattato di una sorta di allucinazione che era conseguita alla perdita di coscienza.

Quando uscii dall'infermeria, ad intrattenermi fu lo studio: libri, pergamene, penne d'oca ed inchiostro mi facevano compagnia quanto e più quello spocchioso ragazzino viziato ed arrogante avrebbe mai potuto, mi dicevo, ma in cuor mio sapevo, ahimè, di non pensarla affatto così. 

Speravo, per la sua stessa salute mentale che non la pensasse davvero così in merito alla storia dei Sangue Sporco, ma non ne avevo nessuna minima prova che fosse così. ma neppure hai conferma che non lo sia

Ciò che sapevo per certo, era che, perlomeno, non mi prese di mira come invece faceva con i ragazzi Grifondoro e con altri figli di babbani che lui e la sua famiglia non credevano essere degni di studiare tra le mura di quella prestigiosa e antica scuola di magia. Lui si limitava ad ignorarmi, e, ogni tanto, a lanciarmi sguardi delusi e, con mia sorpresa, tristi, mi pareva.

Ciò che mi chiesi in continuazione, per l'appunto, era se per caso il biondo di ricca famiglia non stesse, in cuor suo, considerando di ammettere che i fatti e le discriminazioni che i suoi genitori e la situazione nella quale era vissuto e cresciuto fino a quel momento fossero un mucchio di stupidaggini.

Quello che non capiva era che il sangue non fosse un criterio di valutazione ragionevole: era vero che avessimo caratteristiche diverse, ma questo era più che ovvio, a mio parere. Io ragazza, lui maschio, io bruna, lui biondo e via dicendo, ma se da solo non fosse riuscito a comprendere ciò, io non l'avrei certo spinto verso la ragione discutendone. Non avevo trovato il modo, fermata dal mio orgoglio, di andare a parlargli in merito alla questione aperta della "famiglia babbana".

Nel momento in cui la Coppa delle Case stava per essere assegnata, com'era da tradizione al termine dell'anno scolastico, ero felice, fiera e sorridente. Dopotutto, se Serpeverde era nettamente in testa alla classifica, un po' era anche per mio merito: in classe, ero io che guadagnavo punti perchè partecipavo attivamente alle lezioni, rispondevo correttamente a quesiti complicati, ottenevo ottime valutazioni nei test che ci venivano proposti, consegnavo compiti fatti per bene e degni di questo nome...

Mi sedetti al tavolo della mia casata con un sorriso alquanto arrogante, questo sì, lo riconosco, ma, in fondo, per l'ennesimo anno di fila, stavamo vincendo il Torneo. 

Decorazioni di un brillante verde smeraldo troneggiavano sul soffitto della Sala Grande, adornate coi caratteristici loghi di Serpeverde, in bianco perlaceo.

Con l'utilizzo di un incantesimo che gli amplificava la voce, rendendola udibile ad ogni angolo della stanza, il professor Dumbledore, nonché preside della scuola di magia e stregoneria di Hogworts, ruppe le catene di chiacchiere che nella Sala imperversavano, e la mia attenzione si discostò da pensieri d'orgoglio, per concentrarsi nell'udire il suo discorso di fine anno.

-Cari ragazzi, un altro anno ad Hogworts è giunto alla sua conclusione, ed è arrivato il momento di assegnare la fatidica Coppa delle Case-. dal tavolo dei Serpeverde giunse un boato d'applausi e gridi gioiosi di vittoria, ma subito essi furono interrotti nuovamente dalla voce del professore.

-Prima di assegnare questo premio però, vorrei, se mi è concesso, dare alcuni punti dell'ultimo minuto-. Ci fu una pausa, ed il mio sorriso si spense. Sapevo, forse, dove voleva andare a parare quella semplice premessa.

-Come forse alcuni di voi sanno, tra di noi ci sono dei grandi-piccoli eroi-. Bingo! Sorrise caldamente e, dopo pochi attimi, riprese.

-Al signor Ronald Weasley, per aver sostenuto, con coraggio e tenacia, la migliore partita a scacchi della quale Hogworts è testimone da molte generazioni, assegno sessanta punti-. Rivolse uno sguardo compiaciuto al tavolo dei Grifondoro, che tra lo stupore e la felicità, stava positivamente metabolizzando l'accaduto.

-A Harry Potter, invece, assegno altri sessanta punti, per la sua impresa a dir poco fenomenale, che ha tirato un pugno nello stomaco alle oscure forze del male-. Non ero stupita. Dumbledore celebrava il famoso Harry Potter, come tanti altri, e la mia stima nei suoi confronti per un attimo calò, consapevole che probabilmente era solo una palese scusa per sostenere la sua casata preferita e, soprattutto, per frenare la serie di vittorie di Serpeverde. Sospirai, rassegnata.

-In ultimo, ma non per importanza, assegno cinquanta punti a Neville Longbottom, che ha saputo applicare le sue conoscenze in fatto di piante ed erbe varie, anche in una situazione di pericolo-. Lasciò un momento ai Grifondoro per sfogare la loro gioia, e per fare due conti per arrivare ad una semplice conclusione:

-Se la matematica non mi fa brutti scherzi, un cambio di decorazioni mi pare opportuno-. Schioccò le dita, e immediatamente, gli stendardi verdi acquistarono i colori rosso-dorati della casata dei buoni che, al suo tavolo, stava festeggiando la non meritata vittoria.

Quando uscii dalla Sala Grande, mi diressi immediatamente nei sotterranei, dove avrei dovuto preparare per bene i bagagli per la partenza che, con lo scorrere delle ore, si faceva più vicina. 

La sala comune era vuota, ed io salii in dormitorio per terminare poi il mio lavoro in meno di un'ora. 

Mi misi a letto, consapevole che il giorno dopo avrei dovuto affrontare un viaggio alquanto lungo.

La mattina dopo, mentre stavo per salire sul treno, sentii una mano sulla spalla e mi voltai di scatto.

-Buona estate, Mezzosangue-. Neppure feci in tempo a rispondere, che già era andato via, per salire sul treno in chissà quale altro scompartimento, tra un morso e l'altro di una fresca mela verde, sventolando all'aria i capelli biondi e brillanti di cui pareva andare parecchio fiero.

Salii anche io sulla locomotiva a vapore, consapevole che, tra un momento con la famiglia ed un altro, la sola cosa che avrebbe riempito il mio tempo (al di fuori dello studio, chiaramente) sarebbe stato fantasticare su quanto sarebbe potuto essere bello il secondo anno.

Non avessi mai fatto nulla di simile. 


Dramione - due serpenti oscuriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora