The darkest day of my life...

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TW - Perdita di una persona cara.
Se siete sensibili all'argomento, vi prego di passare al prossimo capitolo. Altrimenti, buona lettura.

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Sapete qual è il giorno più buio della mia vita? Credo lo sappiate.

7 Dicembre 2016.

Ricordo che quel giorno ero accanto alla persona più importante della mia vita. Lei sdraiata su quel letto d'ospedale, io sulla poltroncina con le mani legate alle sue.

Stava dormendo, mentre io non lo facevo da giorni. «Ti prego Lou. Riposati. Starò bene.» Mamma era solita ripetere quella frase, ma io non la ascoltavo.

E se se ne fosse andata mentre io dormivo? Da sola. Non me lo sarei mai perdonato. Vivevo su quella poltroncina da quasi una settimana ormai e non avevo intenzione di scollarmi.

Mamma non parlava molto in quei giorni, se non per ripetermi di riposarmi. Non ci riusciva e quando cercava di farlo le pregavo di non sforzarsi. Di non perdere fiato inutile. Di conservare quei respiri ancora per un po'.

Perché se li avesse conservati, poteva rimanere con me ancora un po'.

Sono stato egoista. Ma la malattia è insorta di punto in bianco e non potevo che godermi ogni piccolo istante rimasto. Sapevo che stavano per finire, ma non lo accettavo.

Come si fa ad accettare una cosa del genere? Semplicemente non si può. Nessuno ha questa capacità.

Anzi, mia madre ce l'aveva. Lei è stata forte fin da subito e non si è mai lamentata. Lei sì, lei ha accettato il suo destino. Anche in quegli ultimi istanti.

Lei soffriva e quegli istanti le sembravano infiniti. Ma non nel modo che volevo io. Perché lei voleva che tutto finisse, così che anche io potessi riposarmi e vivere la mia vita, senza cercare di allungare la sua.

Guardavo il petto di mia madre sollevarsi piano mentre dormiva, quando sentii bussare alla porta.

Io ero un disastro. Non dormivo da giorni e mi nutrivo con il distributore dell'ospedale.

Ma nonostante ciò aprii la porta. Davanti a me, indovinate chi c'era.

Harry.

Fu il primo sorriso che feci dopo quello che mi sembrava un'eternità. Era lì, in piedi, con una busta in mano e un mazzo di fiori.

«Disturbo?» fu la prima cosa che disse. «Adesso sta dormendo, ma puoi lasciare i fiori sul tavolino lì in fondo.»

Harry entrò piano e in silenzio, posò i fiori e si avvicinò nuovamente a me. «Vieni. Andiamo a prendere una boccata d'aria.» mi disse.

Io rifiutai. Non potevo lasciarla sola. Ma Harry insisteva, quindi ci sedemmo nella sala d'attesa di fronte la stanza, la porta socchiusa così da poter sentire ogni rumore.

Harry mi porse la busta. Dentro c'erano una lametta da barba e vestiti puliti.

Lo guardai sorridendo. Aveva già visitato mia madre qualche volta e aveva sempre portato dei fiori, ma quella volta ha pensato anche a me.

«So che non posso persuaderti a lasciare l'ospedale e tornare a casa, ma almeno puoi rinfrescarti un po'.»

Fu un'azione spontanea. Lo abbracciai forte e lui abbracciò me. Non sentivo più quello che mi passava attorno. In quel momento eravamo io e il mio migliore amico.

Dimenticai di stare in ospedale, dimenticai di essere trasandato e, probabilmente, di puzzare, dimenticai che mia madre stava morendo.

Mia madre.

All'improvviso ritornai nel mondo reale. Mi guardai attorno, le uniche cose che sentivo erano le voci ammassate degli infermieri e un suono monotono venire dalla stanza.

Da lì fu come se vivessi a rallentatore. Mi precipitai nella stanza, mi feci largo tra gli infermieri e mi fermai nello stesso posto di sempre, proprio nel momento in cui uno degli infermieri stendeva il lenzuolo bianco sul viso spento di mia madre.

Da lì sentii solo un ronzio assordante.

Non piansi. Rimasi in silenzio. Guardavo la sagoma sotto il telo bianco abbandonare la stanza. Guardavo l'infermiera sopra di me, ma non sentivo cosa mi diceva.

Harry invece era rimasto fuori, aveva il capo chino sui suoi piedi in segno di rispetto. Ma potevo benissimo vedere le sue lacrime riversarsi sul pavimento.

Mia madre non c'era più. Se ne andò da sola. Forse si era svegliata e non mi ha visto nella stanza. Magari è rimasta delusa da questo. L'ho lasciata nel momento in cui aveva davvero bisogno di me. Non ho sentito le sue ultime parole, i suoi ultimi respiri.

Non le ho detto "Ti voglio bene" per l'ultima volta.

Best man - Larry Stylinson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora